La caduta del comunismo nell’Europa orientale. Qualche commento di un sociologo delle religioni

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La religione e la presenza di un Papa polacco non sono state l’unico fattore che ha portato alla caduta del comunismo nell’Europa orientale, ma hanno certamente svolto un loro ruolo. Ci sono state anche conseguenze religiose, dalla Russia alla Cina.

di Massimo Introvigne*

*Intervento all’evento “Dalla caduta del muro di Berlino alla riunificazione delle due Germanie. Fine della guerra fredda”, organizzato dal Rotary Club Castelfranco di Sotto e dall’E-Club Distretto 2071, San Miniato (Pisa), 10 gennaio 2025.

Eastern and Western Germans celebrate the fall of the Berlin Wall on November 9, 1989. Credits.
Manifestanti celebrano la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989. Crediti.

Appartengo, come altri in questa sala, alla generazione che è cresciuta credendo che non avremmo mai visto la fine del blocco sovietico e della guerra fredda. Come c’erano il Sole e la Luna, così c’erano il blocco comunista e il mondo libero, e in Italia c’erano il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana.

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Eppure, contrariamente alle mie aspettative, abbiamo assistito alla fine del comunismo nell’Europa dell’Est e alla fine del bipolarismo PCI-DC in Italia, che ci hanno costretto a ragionare in termini politici completamente diversi. Esistono ormai intere biblioteche sulla fine dell’Unione Sovietica e della Guerra Fredda. Il mio mestiere è quello del sociologo delle religioni. Piuttosto che offrire commenti generali su questi eventi epocali, mi limiterò a quattro aspetti che hanno a che fare con il mio campo di specializzazione: il ruolo della religione nella caduta del comunismo sovietico, le conseguenze religiose in Russia e nell’Europa orientale, le conseguenze religiose nell’Europa occidentale, e gli effetti sulla Cina (un Paese di cui sono specialista).

In primo luogo, non risolveremo certo stasera la questione delle ragioni della caduta dell’Unione Sovietica, del Muro di Berlino e del comunismo nell’Europa orientale. Si tratta di una questione oggetto di un acceso dibattito tra gli storici. Le ragioni principali che sono menzionate sono quattro. In primo luogo, la crisi economica dell’Unione Sovietica. Il socialismo è un sistema economico meno efficace del capitalismo e, con l’avanzare dell’economia moderna, il socialismo non è stato in grado di reggere. In secondo luogo, l’azione del presidente americano Ronald Reagan ha aggravato i problemi economici sovietici con il suo programma Star Wars. La Russia poteva far fronte a questa nuova minaccia militare americana solo spendendo enormi somme di denaro che non aveva.

In terzo luogo – e qui entriamo già nel campo della religione – c’è stata la sconfitta sovietica in Afghanistan nel 1989, dopo dieci anni di guerra sanguinosa. L’Unione Sovietica non era abituata a perdere le guerre. Perse quella in Afghanistan non solo (come una certa narrativa vorrebbe farci credere) perché gli Stati Uniti aiutarono i suoi nemici, ma perché gli strateghi del Cremlino mancavano in gran parte degli strumenti teorici e culturali per comprendere un nuovo e imprevisto attore globale, il fondamentalismo islamico. In quarto luogo, si sostiene che la caduta del blocco comunista orientale sia stata dovuta alla pressione della società civile in alcuni Paesi, a partire dalla Polonia, dove è stata organizzata dalla Chiesa cattolica e alimentata dall’elezione di un Papa polacco, Giovanni Paolo II, nel 1978.

Sono consapevole che gli storici sono divisi su questa quarta causa degli eventi di cui stiamo parlando. Per alcuni è la causa più importante. L’Unione Sovietica sarebbe iniziata a cadere la sera in cui Giovanni Paolo II fu eletto. Per altri, invece, non è stata così determinante. Questo è un altro dibattito che non risolveremo stasera. Un aspetto degno di nota è che gli stessi sovietici consideravano il Papa polacco una seria minaccia, tanto da tentare di assassinarlo nel 1981. Oggi ci sono abbastanza documenti per confermare che l’attentato contro Giovanni Paolo II fu organizzato dai servizi segreti sovietici e di altri Paesi dell’Europa orientale. Come sappiamo, fallì, e il Papa continuò a sostenere il movimento operaio polacco e la sua resistenza al regime, che alla fine mise in moto una catena di eventi fatali per il comunismo in Polonia e in altri Paesi.

Giovanni Paolo II (1920-2005) subito dopo essere stato colpito in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Crediti.Giovanni Paolo II (1920-2005) subito dopo essere stato colpito in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Crediti.
Giovanni Paolo II (1920-2005) subito dopo essere stato colpito in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Crediti.

La Lituania è un altro esempio di Paese in cui la Chiesa cattolica è stata l’anima della lotta per l’indipendenza e la fine dell’occupazione sovietica. E a loro volta gli eventi in Lituania sono stati cruciali per il crollo dell’intera Unione Sovietica.

L’azione della Chiesa cattolica e di Giovanni Paolo II da sola non avrebbe probabilmente distrutto l’Unione Sovietica e il suo sistema di Stati satellite senza la sconfitta in Afghanistan e la crisi economica. Ma è stata una potente concausa di tutto quello che è accaduto.

Il secondo tema che vorrei menzionare è quello delle conseguenze religiose della caduta del comunismo in Russia e nell’Europa orientale. Subito dopo la caduta dei regimi comunisti, c’è stata una rinascita religiosa visibile quasi ovunque. Approfittando della nuova libertà religiosa, la gente faceva la fila per farsi battezzare. Molte chiese erano piene. Anche nuovi movimenti religiosi come gli Hare Krishna e alcune Chiese pentecostali hanno riscosso un notevole successo. Tuttavia, questo fenomeno ha avuto vita breve. Ben presto, come non era difficile prevedere, l’occidentalizzazione ha generato secolarizzazione. In Polonia, il numero di coloro che frequentano la Messa è ancora più che doppio rispetto all’Italia, ma sta rapidamente diminuendo. Un tempo era superiore al 50%, ora è inferiore al 30%. In Lituania, la percentuale era del 16% prima del COVID e alcuni ritengono che sia scesa al 5% dopo il COVID.

La Russia ha registrato un calo spettacolare. Non possiamo paragonare la frequenza settimanale alla Messa in Russia con quella della Polonia o della Lituania, perché i cattolici hanno l’obbligo di partecipare alla Messa ogni domenica e gli ortodossi no. Tuttavia, mentre la festa liturgica più importante per la Chiesa ortodossa è la Pasqua, il Natale è diventato sempre più popolare. Nelle ultime statistiche disponibili, relative al 2023, solo il 2% dei russi è andato in chiesa a Pasqua e solo l’1% a Natale.

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Le ragioni di questo declino sono due. In primo luogo, in Paesi come la Polonia e la Lituania (molto meno in Russia), le chiese cristiane erano viste come l’anima della nazione e il bastione della resistenza contro il comunismo. Andare a Messa era anche una dichiarazione politica. Con la fine del comunismo, questa funzione politica è scomparsa. O forse potremmo dire che è cambiata. Anche se ci sono eccezioni, molti vescovi e sacerdoti dell’Europa orientale, sia cattolici sia ortodossi, sono nazionalisti e conservatori dal punto di vista morale e politico. In Russia, come sappiamo, il Patriarca Kirill e l’establishment ortodosso sono pilastri del regime di Putin e strenui sostenitori della guerra di aggressione contro l’Ucraina. Se da un lato queste posizioni di forte identificazione con i governi, o con alcuni partiti politici, hanno garantito vantaggi economici alle Chiese, ancora una volta particolarmente evidenti in Russia, dall’altro hanno allontanato una parte della popolazione e una buona parte delle giovani generazioni. Se c’è stata una rinascita religiosa dell’Europa orientale dopo la caduta del comunismo, sembra che si sia già conclusa.

Chiesa della Deposizione della Veste, Cremlino, Mosca, fotografata nel 2008. Crediti.Chiesa della Deposizione della Veste, Cremlino, Mosca, fotografata nel 2008. Crediti.
Chiesa della Deposizione della Veste, Cremlino, Mosca, fotografata nel 2008. Crediti.

Il mio terzo argomento è che un fenomeno simile è avvenuto anche in Europa occidentale. Lì esisteva un “cristianesimo culturale” che forse non si basava su profonde convinzioni spirituali e su una fede forte, ma su un processo che i sociologi chiamano identificazione. In un mondo polarizzato, esibire alcuni tratti e pratiche cristiane affermava che eravamo “noi”, cioè parte del mondo occidentale, in contrapposizione a “loro”, l’Est comunista. In Italia questo ha avuto profonde conseguenze politiche, in quanto ha sostenuto il sistema di potere democristiano. Una volta terminata la Guerra Fredda, questa forma di cattolicesimo culturale o cristianesimo culturale non aveva più motivo di continuare. Questa non è stata l’unica e forse nemmeno la principale ragione del declino della frequentazione delle chiese in tutti i Paesi dell’Europa occidentale, ma è stata una delle ragioni. Per apprezzare il fenomeno, dovremmo prendere con le molle statistiche come quelle prodotte dall’ISTAT in Italia, che si basano su sondaggi telefonici. Esse misurano quanti italiani “dicono” di andare a Messa settimanalmente quando viene loro chiesto da un intervistatore telefonico. Come sanno i sociologi, questo numero è diverso da quello di coloro che vanno realmente a Messa, contati alle porte delle chiese. Mentre le statistiche ISTAT parlano di un irrealistico 30%, i dati effettivi pre-COVID ottenuti attraverso il conteggio alle porte delle chiese in diocesi rappresentative si aggiravano intorno al 18% prima del COVID e potrebbero essere scesi sotto il 10% dopo il COVID. In Germania il 5% dei cattolici andava regolarmente a Messa nel 2024. Il numero di protestanti che frequentavano le funzioni religiose era ancora più basso. Sicuramente, anche molti di coloro che vanno raramente a Messa mantengono forme di “identità senza identificazione” cattolica e cristiana. Tuttavia, in Italia come altrove, la fine della Guerra Fredda (e in Germania la caduta del Muro di Berlino) è stata un fattore di secolarizzazione della pratica religiosa (che non è necessariamente una scomparsa delle credenze religiose).

Il mio quarto argomento, in quanto studioso, tra l’altro, della Cina, è il modo in cui quanto è accaduto in Europa orientale ha influenzato il Partito Comunista Cinese. Questo ha molto a che fare con la religione. Xi Jinping è il leader di una generazione di dirigenti comunisti che sono emersi studiando nelle scuole di partito cinesi le ragioni per cui il comunismo è caduto in Russia e in Europa orientale. Per loro era una questione di vita o di morte. Come evitare che la Cina facesse la stessa fine dell’Unione Sovietica e si liberasse del Partito Comunista? Alcuni di loro si sono recati in Europa orientale per vedere le cose con i propri occhi e hanno prodotto voluminosi rapporti, che hanno avuto un’importanza cruciale nella definizione della politica cinese del XXI secolo. Questi rapporti abbracciavano la quarta delle quattro spiegazioni della fine del comunismo in Europa orientale che ho citato prima. Concludevano che il crollo era dovuto all’eccessiva libertà lasciata alla società civile e in particolare a un segmento di essa, la religione, soprattutto in Paesi come la Polonia e la Lituania, nonché in alcune zone musulmane dell’Unione Sovietica. Poiché i partiti comunisti non sono riusciti a sradicare la religione, alla fine la religione ha sradicato i partiti comunisti.

Vorrei sottolineare che non sto sostenendo che questa interpretazione degli eventi in Europa orientale sia corretta. Forse non lo è. Ma questo non è importante per la Cina. È più importante che la nuova generazione di leader cinesi, quella di Xi Jinping, ci abbia creduto, perché questa convinzione ha generato conseguenze sociali e politiche.

La distruzione della chiesa del Candelabro d’Oro a Linfen, Shanxi, Cina, nel 2018.La distruzione della chiesa del Candelabro d’Oro a Linfen, Shanxi, Cina, nel 2018.
La distruzione della chiesa del Candelabro d’Oro a Linfen, Shanxi, Cina, nel 2018.

Mentre dopo la morte di Mao è stata introdotta una limitata tolleranza religiosa (con l’accento su “limitata”) da parte di Deng Xiaoping, e più o meno è stata continuata dai suoi successori, Xi Jinping ha introdotto una sorveglianza molto più severa su tutte le religioni, che si inasprisce a ogni nuovo regolamento sulla religione, e ne esce uno quasi ogni anno. Anche la propaganda dell’ateismo, che stava languendo, è stata rivitalizzata. La ragione principale di questo diverso atteggiamento di Xi Jinping rispetto ai leader della generazione precedente è che l’esperienza determinante della sua formazione come dirigente del Partito Comunista è stata quella di dover affrontare e interpretare quanto era accaduto in Russia e nell’Europa orientale. Poiché l’ortodossia prevalente in Cina è che lasciare libero sfogo alla religione in Polonia e oltre sia stato l’inizio della fine del comunismo europeo, per Xi Jinping è diventata una priorità il contenimento della religione, compreso l’Islam nello Xinjiang.

Ho citato quattro temi: il ruolo della religione nella caduta del comunismo dell’Europa orientale, la breve rinascita religiosa post-comunista in Russia e nell’Europa orientale e il suo declino, la crisi del cristianesimo culturale in Europa occidentale, e un controllo più severo della religione in Cina basato su una certa interpretazione degli eventi europei. Questi quattro temi sono certamente solo una piccola parte delle premesse e delle conseguenze degli eventi che stiamo discutendo stasera. Ma dimostrano che anche per i sociologi delle religioni questi eventi sono cruciali per comprendere le profonde trasformazioni del nostro mondo.



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