L’Italia si conferma, ancora una volta, il Paese delle promesse mancate sul fronte fiscale. Questa problematica, però, non si presenta uniformemente su tutto il territorio nazionale. Ad esempio, il Lazio rappresenta un caso emblematico: con una densità abitativa elevata e la presenza di Roma come centro nevralgico, questa regione si distingue per l’entità delle somme non riscosse, stimata intorno ai 130 miliardi di euro.
Altre regioni, come la Campania, la Lombardia e la Sicilia, mostrano anch’esse livelli preoccupanti di evasione fiscale, sebbene per motivi differenti, legati alla specificità del tessuto economico locale. Questi dati evidenziano la necessità di strategie mirate e diversificate a livello regionale, per affrontare efficacemente il fenomeno fiscale in un contesto complesso e disomogeneo. La montagna di tasse non riscosse, che ha superato l’incredibile cifra di 1.275 miliardi di euro, è l’emblema di un sistema inefficace, incapace di affrontare il problema strutturale dell’evasione fiscale. Pur considerando che una buona parte di questi crediti è ormai inesigibile, rimane un dato impressionante che sottolinea la fragilità del nostro sistema di riscossione.
Il caso del Lazio e delle altre regioni
A livello regionale, la situazione evidenzia disparità significative. Il Lazio, con la sua alta densità di popolazione e la presenza della capitale, registra una delle più alte concentrazioni di crediti fiscali non riscossi, stimati intorno ai 130 miliardi di euro. Questa cifra colloca la regione tra le più critiche in termini di evasione fiscale, seguita da Campania e Lombardia, entrambe con situazioni preoccupanti. La difficoltà di riscossione nel Lazio è aggravata dalla complessità amministrativa di Roma, che spesso funge da “hub” per attività economiche poco trasparenti.
Unico dato positivo: rispetto al 2024 rientrati 32,7 mld
Partiamo da un dato positivo, per quanto esiguo rispetto alle cifre in gioco: nel 2024 lo Stato è riuscito a recuperare 32,79 miliardi di euro, segnando un lieve aumento rispetto ai 31 miliardi dell’anno precedente. Tuttavia, questo recupero è solo una goccia nel mare rispetto alla montagna del non riscosso. E mentre l’Agenzia delle Entrate prova a “rollare il macigno” con iniziative come la rottamazione delle cartelle, è chiaro che le politiche attuate non sono sufficienti a risolvere il problema alla radice.
Il rito inutile della rottamazione
La rottamazione delle cartelle fiscali è diventata una misura ciclica, quasi un “rito” che si ripete ogni volta che le casse statali necessitano di ossigeno. Il Lazio, per esempio, rappresenta un caso emblematico: con circa 600 milioni di euro recuperati nel 2024 grazie a questa misura, la regione mostra quanto queste iniziative siano insufficienti rispetto al volume complessivo del non riscosso. Altre regioni, come la Campania e la Lombardia, hanno registrato risultati analoghi, evidenziando come il problema fiscale rimanga irrisolto in larga parte del Paese. Con la quinta edizione ormai all’orizzonte, ci si chiede se questa non sia diventata una strategia di corto respiro. Se da un lato è vero che la rottamazione ha permesso di incassare 4,6 miliardi solo nel 2024 e oltre 31,6 miliardi negli ultimi otto anni, dall’altro lato si tratta di una misura che rischia di incentivare comportamenti opportunistici. Chi evade o ritarda i pagamenti si trova spesso premiato da condoni e sconti, minando ulteriormente il senso di giustizia fiscale. Nel Lazio, il recupero attraverso la rottamazione ha fruttato circa 600 milioni nel 2024, ma questa cifra è del tutto insufficiente rispetto alle necessità della regione.
Il “concordato” ottimista
Un altro segnale della fragilità del sistema è il flop del concordato preventivo biennale per gli autonomi, che ha raccolto solo 1,7 miliardi contro i 2,5 previsti. Questo insuccesso dimostra come le misure fiscali debbano essere progettate con maggiore attenzione alla realtà economica e sociale del Paese. L’idea di semplificare e stabilire una pace fiscale è certamente condivisibile, ma non può ridursi a un semplice esercizio contabile con stime ottimistiche. Nel Lazio, il concordato ha avuto una scarsa adesione, complice una comunicazione inefficace e la percezione di incertezza sui vantaggi reali.
Le promesse del governo di abbassare la pressione fiscale sul ceto medio, in particolare sull’aliquota Irpef del 35%, sembrano destinate a scontrarsi con la cruda realtà delle risorse disponibili. La retorica di un “fisco partner affidabile” è accattivante, ma rischia di rimanere vuota se non si interviene in modo deciso per ampliare la base imponibile e combattere l’evasione. L’idea stessa di un fisco meno sospettoso è un’utopia se non si affronta con rigore il problema dei grandi evasori e dei crediti inesigibili che continuano a crescere.
Focus sulle strategie regionali
Nel Lazio, ad esempio, una maggiore attenzione al recupero delle imposte locali potrebbe rappresentare un’opportunità per alleggerire la pressione fiscale sui cittadini. Tuttavia, l’assenza di una collaborazione strutturata tra i comuni della regione e l’Agenzia delle Entrate ostacola un’azione efficace. Campania e Sicilia, invece, mostrano dati preoccupanti per la crescita dell’evasione nel settore commerciale e turistico, settori dove sarebbe fondamentale un intervento mirato.
La politica delle rateazioni, come quella annunciata recentemente che prevede il pagamento delle cartelle fiscali fino a 7 anni (84 rate), potrebbe offrire un temporaneo sollievo ai contribuenti in difficoltà. Tuttavia, queste misure rischiano di diventare un altro tappeto sotto cui nascondere la polvere, rinviando il problema senza affrontarlo. Il sistema fiscale italiano necessita di una riforma strutturale, che sia in grado di rendere la riscossione più efficiente e meno soggetta a compromessi.
Un altro punto critico è la mancanza di una strategia chiara per il futuro. La commissione tecnica istituita per analizzare il “magazzino della riscossione” è certamente un passo nella giusta direzione, ma non possiamo permetterci che si trasformi nell’ennesimo esercizio teorico. Servono decisioni coraggiose, come la revisione delle modalità di accertamento e riscossione, l’introduzione di strumenti tecnologici avanzati e una maggiore collaborazione con i sistemi bancari per tracciare i flussi finanziari. A livello regionale, il Lazio potrebbe sperimentare progetti pilota per migliorare la tracciabilità dei pagamenti nei settori a rischio, come edilizia e commercio al dettaglio.
Un cambio di mentalità necessario
Infine, è necessario un cambio di mentalità, sia a livello politico che culturale. L’evasione fiscale in Italia non è solo un problema economico, ma un fenomeno che mina la fiducia nelle istituzioni e la coesione sociale. Finché sarà percepita come un comportamento “tollerato” o addirittura premiato da misure come i condoni, sarà impossibile costruire un sistema fiscale equo ed efficiente. Nel Lazio, campagne di sensibilizzazione e educazione fiscale potrebbero contribuire a migliorare la percezione del sistema fiscale, soprattutto tra i giovani.
Il tempo delle mezze misure è finito. L’Italia ha bisogno di un piano strutturale che affronti con decisione l’evasione, recuperi credibilità internazionale e dia ai cittadini onesti la certezza che il peso fiscale sia equamente distribuito. Continuare a rincorrere il problema con soluzioni tampone non farà altro che perpetuare una situazione che danneggia tutti, soprattutto chi gioca secondo le regole.
Alberto Frau è professore di Economia e gestione aziendale, ricercatore universitario e scrittore. Collabora con la Luiss Business School e l’Università di Roma “Foro Italico”.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link