Ecco come la crisi climatica aumenta la trasmissione delle malattie infettive

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Per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) i cambiamenti climatici rappresentano “la più grande minaccia per la salute che l’umanità deve affrontare”. Incidono su fattori ambientali e sociali (qualità dell’aria, sicurezza di acqua potabile, disponibilità di cibo), che influenzano a loro volta la salute umana e hanno conseguenze dirette come l’aggravarsi delle malattie cardiovascolari e respiratorie per inquinamento atmosferico, patologie associate all’aumento di temperatura e calore, la perdita di vite umane dovute a tempeste e inondazioni. Ma non siamo esposti solo agli effetti diretti dei cambiamenti climatici, anche a quelli indiretti dovuti alle malattie infettive, motivo di grande preoccupazione per il loro potenziale epidemico.

I cambiamenti climatici, condizionando direttamente le caratteristiche biologiche dei patogeni (come crescita, sopravvivenza e virulenza) e dei loro vettori, favoriscono la trasmissione di molte malattie. Le temperature più calde e le precipitazioni sempre più intense facilitano la crescita e la diffusione di agenti come batteri, virus, funghi e parassiti. Si prevede anche che i patogeni e le specie vettore espandano il loro “ambito” spaziale e temporale, in termini di distribuzione geografica (per i microrganismi prima confinati alle regioni più calde del pianeta) e del periodo di tempo durante il quale sono attivi e proliferano, ormai più lungo rispetto al passato. Tutto ciò può avere importanti implicazioni per la salute umana, animale, vegetale, ma anche ambientale. Il Comitato scientifico intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) segnala anche un aumento delle malattie trasmesse da acqua e cibo, causate da “patogeni acquatici sensibili al clima” come, ad esempio, i batteri del genere Vibrio, che vengono segnalati a latitudini più elevate, con infezioni comuni per lunghi periodi di tempo durante l’anno. Rispetto alla media globale, il clima nelle regioni più settentrionali sta cambiando molto più rapidamente, rendendo queste aree più esposte al rischio di malattie infettive sensibili al clima (climate sensitive infections), rilevabili tanto per la fauna selvatica, quindi gli animali, che per l’essere umano.

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Le specie appartenenti al genere Vibrio, come V. parahemolyticus, V. vulnificus e V. cholerae sono batteri marini che si trovano nelle acque calde e possono causare diarrea, nausea, vomito, disidratazione e febbre se vengono ingeriti. Con l’aumento delle temperature, le infezioni causate da questi patogeni opportunistici si sono estese, sia temporalmente che spazialmente. Nel 2014, per esempio, Svezia e Finlandia sono state interessate da un’ondata di calore con numero record di infezioni da Vibrio.

I cambiamenti climatici hanno facilitato anche l’insorgenza di malattie come la Chikungunya (causata dal virus Chikungunya Chikv e diffusa dalle zanzare del genere Aedes) e la Dengue (il virus della dengue appartiene al genere Flavivirus della famiglia Flaviviridae). La dengue è diffusa principalmente da due specie di zanzare del genere Aedes, Aedes aegypti (conosciuta come zanzara della febbre gialla) e Aedes albopictus (conosciuta come zanzara tigre).

Le zanzare, in quanto vettori, svolgono un ruolo chiave anche nella trasmissione del Virus del Nilo occidentale o West Nile virus (Wnv). Nel caso del Wnv, in particolare, parliamo delle zanzare del genere Culex, famiglia Culiciadae, che vivono sia in ecosistemi rurali che in aree urbane. Si tratta di un virus che vede in molte specie di uccelli selvatici il suo serbatoio naturale, ma è anche in grado di infettare anfibi, rettili e mammiferi, incluso cavalli e esseri umani, sebbene in meno dell’1% dei casi provochi danni neurologici, paralisi, coma o esiti fatali. Negli ultimi anni l’aumento delle temperature sembra aver contribuito all’esordio precoce della stagione riproduttiva delle zanzare e all’estesa epidemia di Wnv in Europa. Si prevede che il patogeno espanderà ulteriormente i propri confini oltre la sua attuale distribuzione proprio a causa del riscaldamento globale.

I cambiamenti climatici hanno, poi, contribuito all’espansione della portata geografica di vettori come le zecche che trasmettono il Morbo di Lyme e l’Encefalite da zecche. Le zecche Ixodes ricinus, portatori di Borrelia burgdorferi (il batterio che causa la malattia di Lyme) e del virus dell’encefalite da zecca (Tbe), si sono diffusi gradualmente in regioni più vaste dell’Europa. E potremmo anche assistere a nuove malattie fungine. La prima infezione umana determinata dal patogeno fungino opportunistico Candida auris è stata segnalata nel 2009. Da allora, si è verificato un numero sempre crescente di infezioni in tutto il mondo. La specie è multi-resistente agli antifungini ed è associata a infezioni nosocomiali, in particolare in pazienti adulti e pediatrici gravemente malati, rappresentando un problema molto serio nelle unità di terapia intensiva e in altri ambienti ospedalieri.

Ospiti dal passato

Un’altra fonte di patogeni indotta dai cambiamenti climatici è il permafrost (lo strato di suolo perennemente gelato tipico dell’estremo nord). Il riscaldamento globale è associato allo scongelamento del permafrost, che potrebbe condurre al rilascio di nuovi batteri patogeni, funghi o virus rimasti intrappolati nel ghiaccio e con essi anche meccanismi di resistenza agli antibiotici conservati per millenni, a cui il sistema immunitario della nostra specie potrebbe non essere in grado di rispondere in maniera adeguata.

Nel 2016 in Siberia un focolaio di antrace (l’agente infettivo è il batterio Bacillus anthracis), infezione acuta che si manifesta comunemente in animali erbivori selvatici e domestici, ma che può colpire anche la specie umana, è stato associato al rilascio nel suolo di spore di B. anthracis dal permafrost scongelato; la vegetazione è consumata dagli erbivori, in un ciclo di contagio che così potrà nuovamente raggiungere l’essere umano.

Il problema dei cambiamenti climatici e le annesse malattie infettive in crescita dovrebbe essere affrontato con l’approccio “One-Health”, per integrare le informazioni riguardanti esseri umani, animali, piante e ambienti per promuovere la salute umana. Questo approccio permette di riconoscere il legame tra la nostra salute, quella degli animali e la salubrità dell’ambiente in un’unica ottica coordinata e multidisciplinare.

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a cura di Domenico Schillaci * e Alessandro Iannelli**

* professore di Microbiologia dell’Università degli Studi di Palermo

** PhD



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