Disabilità visiva e passione calcistica: quando la tecnologia diventa un’alleata per l’accessibilità | Sardegna che cambia

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Immaginate l’attività potenzialmente più semplice del mondo: uscire di casa, prendere la macchina, la bici o i mezzi pubblici e recarsi allo stadio o al palazzetto a tifare la propria squadra del cuore. Entrare dentro l’impianto, sedersi al posto assegnato e seguire la partita. Un ripetersi di gesti, di riti, di modi di seguire lo sport che abbiamo interiorizzato, standardizzato e reso uguali per tanti.

Tuttavia, in questo ripetersi sempre uguale di comportamenti, spesso non si tiene conto del ruolo che dovrebbe avere lo sport come portatore di uguaglianza e inclusione e del fatto che a poterlo vivere dovrebbero essere tutte le persone, anche quelle con disabilità. Il punto di vista abilista sulla società, che porta ancora troppo spesso – fra i tanti esempi – alla realizzazione di strutture inaccessibili e quindi escludenti, pone le persone con disabilità ai margini senza considerarle come possibili partecipanti alle normali pratiche di vita nella società.

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Ci sono ancora tantissime barriere architettoniche negli uffici pubblici, in strada, nei negozi, intere città prive dei segnali acustici per attraversare la strada, cartelli e indicazioni in Braille per permettere alle persone cieche di attraversare anche in autonomia i luoghi in cui si recano. Tutta una serie di storture di un sistema che non vuole porre lo sguardo sulla disabilità, ma che soprattutto negli ultimi anni, dopo lunghe e numerose battaglie, vengono piano piano abbattute, anche nel mondo dello sport.

Foto BeAsOne-Cagliari Calcio del nuovo dispositivo che permette alle persone cieche di seguire il gioco
UNA NUOVA ESPERIENZA

Diventano spesso virali sui social serie di video in cui persone cieche riescono a seguire la partita di calcio grazie alla voce di un parente o di un amico che racconta, come una telecronaca, quello che avviene sul terreno di gioco. Uno stratagemma per vivere la partita che però si basa ed è legato al supporto di chi vive insieme alla persona cieca, che viene spesso raccontato con un’enfasi che non tiene conto del fatto che sia conseguenza di una mancata considerazione, di un punto di vista sul mondo che esclude le persone cieche dagli spettatori.

In questo senso, il Cagliari Calcio con la sua iniziativa sta facendo da apripista per un modo più inclusivo di proporre la fruizione della partita, grazie a un tablet che riproduce un campo in miniatura. Attraverso un disco magnetico che si muove in tempo reale sul terreno di gioco del dispositivo e che può essere seguito con le dita, si può seguire lo sviluppo della partita e grazie a una vibrazione che aumenta o diminuisce di intensità a seconda dell’importanza delle azioni di gioco anche entrare ancora di più nel vivo del momento. Un passo in avanti notevole che permetterà finalmente di vivere l’atmosfera dello stadio e quello che sta avvenendo in campo non soltanto attraverso il racconto verbale.

Il dispositivo, chiamato Touch2See, è stato finora sperimentato in Francia nel calcio, nel basket e nel rugby. Inoltre è stato partner ufficiale dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi e dell’ultima edizione della Coppa d’Africa. Nel resto d’Italia c’è però anche il caso dell’Inter, che ha messo a disposizione una radiocronaca apposita per persone cieche grazie a una collaborazione con il Centre for Access to Football in Europe e l’Istituto dei Ciechi di Milano, oltre al racconto in alcune conferenze pre-partita della conferenza attraverso la LIS (lingua dei segni italiana).

disabilità visiva e possibilità di assistere alle partite di calcio
Foto BeAsOne-Cagliari Calcio
DISABILITÀ È VITA INDIPENDENTE

Se per permettere alle persone cieche di vivere una partita è necessario realizzare dei supporti innovativi, l’accesso delle persone con disabilità fisica all’interno degli impianti sportivi richiederebbe in teoria un’organizzazione logistica minore da parte di amministrazioni pubbliche e società per far sì che tutti possano assistere alla partita in autonomia. Basta, in fase di realizzazione, progettare e costruire luoghi accessibili. Questo però non avviene sempre e spesso anche gli stessi luoghi destinati alle persone disabilità presentano delle importanti barriere visive come ringhiere e cartelloni, che in molti casi impediscono di vedere in modo adeguato la partita.

Questa specifica problematica era stata spiegata da Paolo Puddu, operatore culturale per il turismo, formatore professionale sui temi della disabilità e accessibilità, membro direttivo dell’Abc Sardegna e della COADI – Consulta delle associazioni delle persone con disabilità del comune di Cagliari, raccontando proprio a Sardegna che cambia in questo articolo le difficoltà di seguire la sua squadra del cuore, il Cagliari, alla Unipol Domus dove i posti per persone con disabilità si trovano nel settore Distinti, coperti appunto da una serie di barriere visive.

Una riflessione ulteriore sul tema è data anche da numerose testimonianze di tifosi che, accompagnati da parenti o amici all’ingresso dell’impianto, sono impossibilitati al recarsi ai posti assegnati in autonomia e necessitano di un aiuto ulteriore per raggiungere il settore dedicato. In molti casi questo supporto viene bypassato attraverso un caregiver personale che accompagna le persone all’interno dell’impianto e guarda insieme a loro la partita, ma questa soluzione presenta dei limiti perché obbliga le persone con disabilità a essere vincolate alle disponibilità di chi si offre per accompagnarle all’impianto.

La UEFA ha realizzato invece una guida con una buone pratiche e linee guida per rendere le partite fruibili anche alle persone con disabilità

Lo step ulteriore in caso di problematiche strutturali da parte delle società sarebbe offrire personale con il compito di accompagnare dall’ingresso dell’impianto sino al posto la persona, in modo inoltre da rendere la loro passione libera e indipendente dagli impegni e dalle disponibilità di parenti e amici. 

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E ALTROVE CHE FANNO?

Nel resto d’Europa l’attenzione per il tema della diversity è quanto mai attuale, sia nella società che nel mondo del calcio. Se nei Paesi anglosassoni questa prospettiva è già entrata da un paio d’anni nel modo comune di organizzare e vivere gli eventi, anche nei Paesi mediterranei qualcosa si sta muovendo. In Spagna, ad esempio, il Real Betis – club di Siviglia militante nella Liga, la massima divisione del calcio iberico – ha realizzato all’interno dello stadio una stanza sensoriale per persone autistiche, ma non solo.

In particolare nella sfida contro il Las Palmas del 26 novembre 2024, la squadra bianco-verde ha inserito all’interno del pre partita l’uso della lingua dei segni nell’inno della competizione e i giocatori hanno indossato le maglia con i loro numeri realizzati come nel test di Ishihara, ossia l’esame necessario per capire se si è o meno daltonici.

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Il dispositivo Touch2See

A livello europeo la UEFA, la massima istituzione del calcio continentale, ha realizzato invece una guida con una serie di buone pratiche e linee guida per rendere le partite fruibili anche alle persone con disabilità, con degli esempi che partono dall’arrivo del tifoso o della tifosa all’interno della struttura, sino alla disposizione dei posti all’interno dello stadio e percorsi ad hoc per permettere alle persone con disabilità di spostarsi liberamente all’interno dell’impianto.

COSA POSSIAMO FARE NOI?

Chiedere maggior attenzione alle proprie squadre sui temi dell’inclusione e dell’accessibilità è diventato quanto mai necessario per rendere lo sport di tutti non solo a parole e non creare in questo modo tifosi di Serie A o Serie B. Nei progetti dei nuovi impianti che piano piano stanno nascendo, pur con molte difficoltà in tutta Italia, è d’obbligo inserire spazi e luoghi che possano essere utilizzabili dalle persone con disabilità senza dover riadattare spazi pensati per altre funzioni o anche peggio scegliendo di non inserirli all’interno dell’impianto.

La Sardegna, grazie a club come il Cagliari Calcio e la Dinamo Sassari e a numerose associazioni presenti nel territorio, sta facendo piccoli ma significativi passi in avanti per permettere a tutti e a tutte di vivere la propria passione liberamente senza doversi sentire un corpo estraneo, ma parte anch’esso o anch’essa dello spettacolo dello sport. In una parola, tifosi.

di Alessandro Manno

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