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Un’era politica fa Rosa Russo Iervolino, durante un periodo particolarmente complesso (e velenoso) della sua esperienza da sindaco di Napoli, uscì dal suo ufficio al secondo piano di Palazzo San Giacomo con in mano l’allora nuovo romanzo di Ruggero Cappuccio «Fuoco su Napoli». Fu scattata una foto che, come in molti casi, si dimostrò più eloquente di tanti articoli di giornale.

La piscina che mostra lo scontro in campo oggi

Ci risiamo: la situazione politica è di nuovo infuocata e lo show è tutto nel centrosinistra napoletano. Ci sono due personaggi in ballo, i politici più influenti e potenti da queste parti: il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi. La tensione fra loro ormai è chiara perfino nelle piccole (rispetto al contesto) cose. Prendiamo l’inaugurazione della piscina dello stadio napoletano “Collana”, quartiere Vomero. Lunedì 13 sarà tagliato il nastro con De Luca ma senza il sindaco, non invitato ad un evento nella sua città. Col presidente della Regione Campania è annunciato il capo del Coni Giovanni Malagò.

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Entrambi taglieranno il nastro di una struttura che non entrerà in funzione subito ma in primavera e sulla quale ci sono scontri per la delibera che “privilegia” i residenti al Vomero, firmata dalla presidente della Municipalità Vomero-Arenella, Clementina Cozzolino, esponente del Partito Democratico fedelissima a De Luca. Questo episodio della piscina è parva materia. Ma è esemplificativo dell’attuale fase.

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Il potere assoluto di De Luca e il metodo Manfredi

Il clima intorno a Vincenzo De Luca sta cambiando, lentamente e inesorabilmente nel centrosinistra a Napoli. Per un decennio “lo sceriffo” ha fatto e disfatto, piegando tutti alla sua volontà, personalità e forza politica. Oggi la sua candidatura-quater (la prima volta non fu eletto, vinse Stefano Caldoro col centrodestra) è ostacolata non solo dall’atto d’impugnazione della legge elettorale regionale sartoriale che gli consentirebbe il terzo mandato, norma che il governo porterà davanti alla Corte Costituzionale, ma anche dalla nuova riconfigurazione dei gruppi di potere che in Campania lo hanno sostenuto dal 2010, per 15 anni, per tre Elezioni Regionali.

Stringiamo lo zoom su Napoli per comprendere il perché della frizione tra i due. La città non aveva un sindaco influente a livello nazionale come Gaetano Manfredi dai tempi di Antonio Bassolino. La percezione di chi lo sostiene è questa: Manfredi è stato ministro, Manfredi parla con tutti, pure col governo di centrodestra, Manfredi è stato eletto “capo” dei sindaci italiani (all’Anci), sbaragliando ostacoli non da poco come il suo omologo di Milano Giuseppe Sala. Chiaramente a De Luca non è mai piaciuto dover considerare altre figure politiche oltre la sua.

Manfredi non ha “voti suoi”, non è un signore delle preferenze e politicamente deve muoversi in uno schema di coalizione larga. Se ne deduce che non si può permettere di non ascoltare gli altri. Egli è comunicativamente meno forte di De Luca (anche se i numeri dicono che gli show deluchiani non fanno più presa come un tempo) ed è percepito non come un leader ma come un politico, autorevole, con il quale ci si può sedere ad un tavolo con due idee diverse cercando un punto in comune. De Luca è invece un capo assoluto ed è molto bravo a tenere e arringare le folle. Ma dal periodo del Covid, coinciso con la sua rielezione (2020) ad oggi, anno 2025, ha scavato intorno un fossato: o con me o contro di me. Contro il governo, contro il suo partito: una fila sterminata di “contro”, basta guardare i suoi monologhi social del venerdì. O deluchiani o nemici, è la dicotomia al governo. Un modo di veedere che però, nel mondo d’oggi, ha i suoi estimatori.

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Mugugni ma poche grida contro lo “sceriffo”

«La Campania sulla mappa non è una Regione di centrosinistra, è la Regione di De Luca. Lui non ascolta, non si confronta. E ogni anno è peggiore del precedente» accusa a Fanpage un esponente del Partito Democratico che, evidentemente, non fa parte della corrente deluchiana e non vuole il terzo mandato.

Il problema è (anche) che la contenibile ascesa di De Luca in questo decennio di governo non ha trovato vera opposizione nel cosiddetto campo largo campano. Smantellato il Movimento Cinque Stelle in Consiglio regionale, nel Pd campano pochissimi nell’ultima legislatura hanno provato a mettersi davvero contro “lo sceriffo di Salerno” arginandolo: sussurri e qualche grida con interviste e passaggi ben pesati, nulla più. Paura di essere asfaltati a mezzo social e marginalizzati: è la “cura Ludovico” di don Vincenzo.

Oggi però, con le elezioni alle porte, cosa sta cambiando? Molti deluchiani della provincia (sindaci soprattutto) stanno contattando Manfredi per riposizionarsi. I signori dei voti nel centrosinistra in provincia di Napoli (leggasi Mario Casillo) fanno le riunioni con la segreteria nazionale di Elly Schlein (ovvero col commissario regionale Antonio Misiani) per cercare il candidato di coalizione: Italia Viva più Azione e Alleanza Verdi-Sinistra, in coalizione col Movimento 5 Stelle. Il tema è: questa coalizione riuscirebbe a vincere con un candidato come l’ex presidente della Camera, il pentastellato Roberto Fico? O proprio all’esperienza della candidatura Bassolino occorrerebbe guardare, portando Manfredi da Palazzo San Giacomo a correre per Palazzo Santa Lucia? Il sindaco di Napoli ha detto, ridetto e fatto sapere che non è cosa. Ma la politica come arte del possibile è proprio questa: convincerlo a scendere in una battaglia che, nei fatti, è già iniziata.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro “Se potessi, ti regalerei Napoli” (Rizzoli).

Ha una newsletter dal titolo “Saluti da Napoli”. Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.





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