Una birra contro lo spreco alimentare. Intervista a Franco Dipietro di Biova Project | Frida

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


Magari avete già assaggiato una loro birra, ma non sapete che si trovano proprio in città, a Torino, in via Valperga Caluso 18, dove trasformano il surplus di pane – ma anche gli avanzi di pasta e le rotture di riso – in birre artigianali. 

Biova Project è stata fondata nel 2019 da Franco Dipietro ed Emanuela Barbano e in questi 5 anni ha recuperato 15 tonnellate di pane e risparmiato 21 tonnellate di CO2 che sarebbe servita per smaltirlo.  Inoltre, ha riciclato 150 tonnellate di bottiglie e lattine.

Franco, cos’è nato prima: il desiderio di fare la birra o quello di recuperare il pane? Ci racconti in breve la vostra storia? 
Sono sempre stato appassionato di birra, ma non è il motivo per cui abbiamo fondato Biova Project. Nel 2018 io ed Emanuela (l’altra co founder) abbiamo fatto un percorso di volontariato in una onlus che si occupa di ritirare gli avanzi dai catering per portarli in beneficenza. È durante quell’esperienza che maturiamo il modello di business che poi diventa Biova Project: gli scarti e gli avanzi possono generare nuovo valore, invece di essere un problema. Che si potesse fare birra da pane era già una storia nota, ma il creare un modello circolare di riutilizzo che portasse a un prodotto fatto a partire da surplus, era una storia davvero tutta nuova. 

Microcredito

per le aziende

 

 

Qual è stata la parte più difficile del vostro percorso e quale la più facile? 
Beh, non è mai stato un problema dove recuperare il pane. La parte difficile è  riusarlo in modo che non deteriori. Servono molti passaggi e attenzioni. Il pane ha un grandissimo volume e un valore residuo molto basso, le operazioni logistiche devono essere ottimizzate al massimo per fare in modo che l’operazione non costi troppo. Nonostante la nostra birra sia un prodotto altamente innovativo, venderla e commercializzarla rientra nelle logiche di un mestiere antico e iper competitivo. Trovare il nostro spazio al di fuori della nicchia e affacciare la testa tra quelle dei grandi monopoli di produzione e distribuzione è un’impresa epica. Abbiamo trovato il nostro spazio solo perché nessun altro può dire la stessa cosa che possiamo dire noi: non siamo una semplice birra, siamo un’azione concreta di riduzione dello spreco, con un concetto benefico e utile alla collettività.  

A tal proposito, il movimento cui fate riferimento nel vostro claim – “Più che una birra, un movimento” – esiste davvero e sono le aziende che provano a costruire un’economia più inclusiva e sostenibile con il loro modello di business: si chiamano “B Corp”, dove la B sta per “Beneficio per tutti”. Qual è la visione dietro questa etichetta? 
Non faremmo quello che facciamo se non avesse un’utilità collettiva. Dal mio punto di vista essere una B Corp significa questo: creare qualcosa che sia utile e, nel caso di un prodotto alimentare, buono da essere condiviso. Il tutto senza gravare ulteriormente sulla scarsità di risorse. “Movimento” significa che non facciamo questa operazione da soli, ma che – proprio in ottica di vincere la battaglia finale – lo facciamo coinvolgendo nell’operazione quanti più stakeholder possibili. Quando le persone e le aziende lavorano insieme, le probabilità di raggiungere un obiettivo sono più alte.

Il team di Biova 

Biova project cerca di evolversi costantemente nell’intento di combattere lo spreco alimentare e dando nuovo valore agli scarti nel pieno dei principi dell’economia circolare: in questa continua ricerca di innovazione, avete mai collaborato – o vorreste farlo – con ricercatrici e ricercatori che si occupano di questi temi? 
L’innovazione alimentare è una scienza. Noi siamo bravi a comunicarla e a confezionarla, ma è ovvio che per andare oltre a ciò che sappiamo già, si deve fare ricerca. Ecco perché dal primo anno di nascita abbiamo collaborato proprio con l’Università di Torino per perfezionare processi già esistenti o trovarne di nuovi. È nato così il nostro Ri-Snack, per esempio, frutto del riutilizzo delle trebbie – gli scarti del malto – di birrificazione. Anche il nostro prossimo prodotto, che per adesso è ancora un segreto, sarà frutto di un importante lavoro di ricerca fatto da un team di ingegneri energetici e ricercatori dell’ambito alimentare. 

Come ve lo immaginate il cibo del futuro? E il vostro ri-snack potrebbe candidarsi come aperitivo futuristico? 
Eheh. Certo, ci piacerebbe. Ri-Snack è un grande esempio di quello che si può fare lavorando in ottica circolare. La bellezza di Ri-Snack è che trae la propria forza proprio dalle caratteristiche del sottoprodotto da cui è fatto. Il malto d’orzo, dopo aver lasciato gli zuccheri in ammostamento (per fare le nostre birre) viene fuori più concentrato sul lato proteico e di fibre e meno forte sul lato zuccherino. Guarda caso due fattori importanti per l’alimentazione contemporanea. Quindi Ri-Snack è un prodotto migliore degli altri proprio perché derivato da un sottoprodotto, e non inferiore per questo motivo. 

foto di Ri-snack

Prestito personale

Delibera veloce

 

 

Infine, per chi non ha dimestichezza con il dialetto piemontese, ci spieghi cosa vuol dire “biova”?
“Biova” è il nome di una forma tipica di pane piemontese. Nella tradizione del Piemonte il termine Biova è usato proprio per indicare il pane. Lo abbiamo scelto per dare onore alla tradizione, ma anche perché – e questo lo trovo stupendo – la parola “Biova” si lascia leggere in tutte le lingue europee, con una sfumatura di significato che strizza l’occhio al Bio e all’organico.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link