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Un locale fumoso nel cuore di Camden Town, nella parte nord di Londra, alla fine del primo decennio degli anni Duemila. Basta pochissima immaginazione per ritrovarsi lì. Se per arrivarci fisicamente servirebbe un volo aereo e anche e soprattutto temporale, per respirarne l’atmosfera basta aprire l’armadio o semplicemente guardare alle ultime passerelle, ma anche alla strada. E il gioco è fatto: sarà un attimo sembrare di essere a un concerto degli Arctic Monkeys o dei Babyshambles o avere l’impressione di incontrare per strada le ragazze più cool del momento, come Agyness Deyn o l’inafferrabile Kate Moss. Si sa che la moda spesso si concentra sui ritorni, riportando alla memoria e in vetrina ciò che è stato: il nuovo tormentone fashion-musicale, così, viene denominato Indie Sleaze, ma forse le definizioni servono poco e di certo sarebbero state strette già ai protagonisti di quell’epoca fatta di qualche eccesso di troppo, ma di note vissute sulla pelle.

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Un mood che Seán McGirr, appena arrivato alla guida di Alexander McQueen, con la sua collezione di debutto, quella di questo autunno/inverno, ha cercato di raccontare in passerella. «Ho preso spunto dalle immagini delle sfilate, ma anche dalle foto paparazzate di Kate Moss e Amy Winehouse», ha raccontato lo stilista, ammettendo di essersi lasciato andare più all’atmosfera che a veri e propri dati di fatto e prendendo come modelli due cattive ragazze che erano riferimenti estetici e non solo per l’altro cattivo ragazzo, Lee McQueen. «Si tratta di personaggi edonistici e che allo stesso tempo sembravano ai margini – ha continuato – Outsider. Singolari, dal glamour ruvido e con personalità molto forti». Così potenti da imporre un’estetica anche quando, diciamolo, uscivano ubriachi e non solo da qualche locale. Un’opulenza danneggiata che, per esempio, rivive nelle proposte di Saint Laurent.

I PERSONAGGI

Al centro del pensiero del direttore creativo Anthony Vaccarello per l’uomo c’è quel nodo che sostiene cravatte da businessman saldamente fermate al collo e abbinate a giacche doppiopetto impeccabili nella loro struttura e nella loro postura o che intreccia con nonchalance sinuose strisce di seta a righe, a motivi paisley o a pois a una camicia slacciata della stessa fantasia. E non importa che ai piedi ci siano lucidissime scarpe da uomo d’affari: il risultato ha sempre un tocco marcato di ribellione. Esattamente come quando Pete Doherty, allora frontman del gruppo Babyshambles, indossava questo accessorio, con quella fosca lucidità di chi andava contro un sistema, pur provenendo da lì, viste le origini piuttosto elitarie del cantante. Quando, poi, nacque la turbolenta storia d’amore tra quest’ultimo e la “solita” Kate Moss l’apoteosi dello stile di quelli anni fu completa. Tornano, così, alla ribalta i jeans slim, controversi, capo che causa amore o odio allo stesso tempo, ma oggi riproposto con nuovo potenziale e con l’ispirazione fissa a quei ragazzacci rocker londinesi.

I DUETTI

E da bad boy era (ed è) anche la giacca di pelle, che molte star britanniche dell’epoca adottarono, come Alex Turner, il leader del gruppo Arctic Monkeys, che ai tempi si accompagnava a un’altra icona di stile come Alexa Chung. Nel catalogo delle coppie complicate, che, però, abbinavano con semplicità i propri look c’era quella composta da Amy Winehouse e dall'(ex) marito Blake Fielder-Civil: entrambi giravano insieme calzando Reebok dalle linee pulite che rimandavano alla bandiera britannica e che ora tornano a essere parecchio richieste. In tema patriottico o meno, ma comunque molto in voga, erano le giacche da ufficiale dell’esercito regio con mostrine varie declinate in oro o argento.

Ne aveva sicuramente parecchie nel suo guardaroba Julian Casablancas degli Strokes, ma questo indumento calcò più o meno tutti i palchi dell’epoca e Balmain, per esempio, ha suggellato una lunga e palese storia d’amore con tale capo. Guardare anche alla recente prefall maschile per avere un campionario di capospalla di ogni lunghezza che può accontentare chiunque abbia qualsiasi velleità di gusto militare. Da non dimenticare, poi, un ultimo accento di stile come il cappello trilby. Il modello prende il nome dal romanzo Trilby dello scrittore britannico George du Maurier, pubblicato nel 1894, vero e proprio inno del mito della vita bohèmien, e si tratta di un copricapo caratterizzato da piccole falde rialzate. Non a caso, una canzone della Winehouse si intitolava proprio Trilby. Una decisa incoronazione di stile. 

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