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Pino Sicilia, da quasi 15 anni in azienda, delegato Uilm:«A me per primo ha fatto uno strano effetto tornare e sapere di non rivedere più due amici con cui lavorare bene e pure scherzare»
«Un po’ come il primo Natale dopo la scomparsa di un familiare. Ci si riunisce, senza stravolgere le abitudini, si trova la forza di andare avanti, ma non è e non sarà più come prima. E non sarà più come prima perché a mancare è una persona. In questo caso due».
Dopo precedenti parziali riprese del lavoro da remoto, 650 lavoratori della Toyota Material Handling di Borgo Panigale sono tornati operativi per il riavvio della produzione, interrottasi lo scorso 23 ottobre a causa dell’esplosione che ha portato via due dipendenti di 34 e 37 anni, Fabio Tosi e Lorenzo Cubello.
Undici i feriti, almeno quattro dei quali ancora piuttosto gravi e non nelle condizioni di tornare alla vita normale. Tornato all’interno dello stabilimento Pino Sicilia, da quasi 15 anni in azienda, delegato Uilm e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; lui che, il 23 ottobre, è stato uno degli ultimi a lasciare l’impianto per rimanere fino alla fine accanto ai suoi colleghi, nonché amici.
Lui che per miracolo non è rimasto coinvolto nel crollo, a poche centinaia di metri di distanza; lui che ha individuato insieme agli infermieri il corpo di Lorenzo tramite una scarpa appena visibile sotto le macerie e che ha tenuto la mano di Fabio fino a che gli è stato concesso. Nel tornare in quello stesso posto in cui è sembrato «scoppiare una bomba», ha sentito quella sensazione di Natale non più Natale.
«La ferita è ancora aperta, è dolorosa e sarà difficile da rimarginare — ha aggiunto —. Ci siamo ritrovati, ci siamo guardati negli occhi e in tanti colleghi ho letto un sentimento di rispetto nei confronti di chi non c’è più. A me per primo ha fatto uno strano effetto tornare e sapere di non rivedere più due amici con cui lavorare bene e pure scherzare». Una sensazione «difficile da spiegare a parole», ha proseguito, fors’anche paragonabile a quel «silenzio di riverenza che a volte cala in memoria di qualcuno», ma di certo legata all’impossibilità «di tornare indietro» e di sistemare le cose «per tempo, non dopo gli incidenti, che è troppo tardi».
Di certo non dettata «dalla paura — l’opinione di Pino Sicilia — perché per la ripartenza tutto è stato fatto nel migliore dei modi, con il coinvolgimento delle migliori aziende per risistemare tutto e rifare metà azienda. E con la messa a disposizione di uno sportello psicologico e con un lavoro importante e ulteriore sulla sicurezza. Ma a pesare è l’assenza di due dei nostri».
Perché, la sua domanda, «si arriva a fare tutto questo dopo? Perché non prima, investendo su controlli e sicurezza prima che le tragedie accadano? Perché sempre dopo? Quando ormai è tardi. Perché non si va a vedere quanto vengono controllate le aziende italiane e quante ne vengono multate? Numeri inammissibili se paragonati a una media di quattro vittime al giorno sul lavoro».
Va detto, ha poi precisato, «che ora l’attenzione in azienda è massima, a partire dai capi, e come l’azienda abbia fatto il possibile e l’impossibile per ripartire anche in anticipo rispetto alla previsioni, però…». C’è sempre quel però legato a due vite che non ci sono più. E pure a quelle «quattro ancora gravemente ferite» che ne avranno ancora per un po’.
Una consapevolezza alla base di quel rispetto silenzioso che Sicilia ha ritrovato in tutti i suoi colleghi, tanto nel momento inaugurale, con «tutti i vertici della multinazionale», ma anche in quelli successivi: «Siamo da sempre una squadra molto giovane, abituata a lavorare ma anche ad alleggerire le giornate con una battuta, con una risata, anche con del frastuono e del baccano — ha raccontato —. Ecco, il silenzio è stato potente. Non si è più quelli di una volta», almeno per il momento.
«Non tutto è stato metabolizzato ancora, lo si legge sui visi e negli occhi, ma probabilmente è normale e umano che sia così — ha riconosciuto —. Anzi, sarebbe forse strano il contrario.
Magari tra qualche tempo la “musica” di una volta tornerà ad accendersi. Si sta del resto parlando di colleghi e amici con i quali si sono trascorsi anni» e con le cui famiglie si è sempre in contatto. «Sento spesso il papà di Lorenzo — ha concluso —. Sono distrutti dal dolore, come potrebbero non esserlo. Tra poco nascerà il suo bimbo, che non conoscerà mai il suo papà».
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