Nell’ambito della composizione negoziata della crisi, particolarmente complesso, nonché foriero di criticità, può essere il rapporto che viene a determinarsi con le banche e con gli istituti finanziari. A questi è dedicato un duplice intervento: l’art. 16 comma 5 del DLgs. 14/2019 disciplina i canoni e i principi da rispettare per un corretto svolgimento delle trattative; il successivo art. 18 commi 5 e 5-bis del DLgs. 14/2019 individua la protezione specifica, eventualmente riconosciuta all’imprenditore, contro eventuali azioni o comportamenti assunti dalle banche e dagli istituti di credito.
Resta fermo, inoltre, il principio generale imposto, a tutti i creditori e alle parti interessate, ai sensi dell’art. 4 comma 4 del DLgs. 14/2019, di partecipare alle trattative secondo correttezza e buona fede, oltre che di collaborare lealmente con il debitore, mantenendo il riserbo sulle informazioni acquisite. Nell’ambito della composizione negoziata, ciò si declina, ulteriormente, nella necessità di partecipare alle trattative in modo attivo e informato (art. 16 comma 5 primo periodo del DLgs. 14/2019), con sollecitudine e dando tempestivo e motivato riscontro alle proposte e alle richieste ricevute (art. 16 comma 6 del DLgs. 14/2019).
In verità, si rileva che, nonostante sia imposto un obbligo “comportamentale”, non vi è alcuna previsione, poi, di una sanzione specifica in caso di ottemperanza. In tal senso, l’unico rimedio all’assoluta inerzia dei creditori potrebbe essere rappresentato dalla proroga delle misure protettive, come strumento di persuasione indiretta alla partecipazione alle trattative (Trib. Napoli Nord 4 giugno 2024). Ai sensi del richiamato art. 16 comma 5, interamente sostituito dal DLgs. 136/2024, l’accesso alla composizione negoziata, innanzitutto, non costituisce motivo di sospensione e di revoca delle linee di credito concesse all’imprenditore, salvo che ciò non sia determinato dall’applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale.
Inoltre, il solo accesso alla composizione negoziata non costituisce, di per sé, ragione per una diversa classificazione del credito, da determinarsi sulla scorta del piano di risanamento prospettato ai creditori.
Non ultimo, è chiaramente indicato che la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca e dell’intermediario finanziario.
In questo modo, si è cercato di bilanciare l’interesse dell’impresa a disporre di liquidità con la contrapposta esigenza dell’istituto di credito di non incorrere in una possibile condotta delittuosa, continuando a erogare finanziamenti nonostante lo stato di crisi (o di insolvenza), a discapito della sana e prudente gestione aziendale (Relazione illustrativa al DLgs. 136/2024).
Sotto l’aspetto strettamente operativo, ove l’imprenditore richieda e ottenga la conferma delle misure protettive, gli istituti bancari (compresi gli intermediari, i mandatari e i cessionari), a fronte del mancato pagamento di crediti anteriori alla pubblicazione dell’istanza di nomina dell’esperto, non potranno rifiutare, unilateralmente, l’adempimento dei contratti pendenti, né potranno provocarne la risoluzione (art. 18 comma 5 del DLgs. 14/2019).
Ulteriormente, tali contratti non potranno essere modificati o non se ne potrà anticipare la scadenza; analoga inibizione coinvolge la revoca, in tutto o in parte, delle linee di credito già concesse.
Ciò non esclude, tuttavia, che si possa procedere con una sospensione temporanea dei contratti pendenti sino alla conferma delle misure protettive richieste; una volta autorizzate, la sospensione dovrà cessare, salvo che non si dimostri che ciò consegue all’applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale (art. 18 comma 5-bis del DLgs. 14/2019). Ne consegue che l’imprenditore, nel ricorso per la conferma delle misure protettive, non debba procedere con la richiesta di una specifica inibitoria o divieto, rivolto agli istituti di credito, di adottare provvedimenti finalizzati alla risoluzione e/o alla modifica dei relativi contratti; tale inibitoria, infatti, rientra già nel più ampio divieto di autotutela negoziale di cui al richiamato art. 18 comma 5 (Trib. Firenze 9 novembre 2024).
Diversamente, l’imprenditore potrà procedere con la richiesta di misure cautelari atipiche nei confronti degli istituti bancari, tra cui il divieto di effettuare segnalazioni in Centrale rischi e il divieto di escutere le garanzie dei terzi garanti (Trib. Firenze 9 novembre 2024, Trib. Verona 11 aprile 2024 e Trib. Mantova 28 giugno 2024; contro Trib. Napoli 24 gennaio 2024).
Particolare rilievo assume l’estensione delle misure cautelari anche al divieto di escussione delle garanzie pubbliche prestate da Medio credito centrale, SACE e dal F.E.I (Trib. Chieti 10 ottobre 2024), con conseguente inibizione circa la prosecuzione dell’istruttoria e del pagamento delle somme dovute da parte del Fondo in forza di tale garanzia (Trib. Milano 4 settembre 2024 e 12 maggio 2024, Trib. Gorizia 19 marzo 2024). In ogni caso, dovrà sempre procedersi con l’accertamento del fumus boni iuris e del periculum in mora (Trib. Ferrara 13 giugno 2024, Trib. Ravenna 17 marzo 2023, Trib. Bologna 8 novembre 2022 e Trib. Mantova 20 dicembre 2022).
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