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Versione italiana di

Gianluca Bolelli

Pubblicato il



7 gennaio 2025

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Con il nuovo anno arrivano sviluppi legislativi e normativi per l’industria e il commercio della moda. FashionNetwork.com fa il punto sui testi che entreranno in vigore quest’anno e sui progetti che dovrebbero essere precisati nel corso del 2025.

Shutterstock

Il 1° gennaio 2025 segna l’entrata in vigore della responsabilità estesa del produttore (nota come REP). Essa impone agli Stati europei di praticare la raccolta differenziata dei prodotti tessili a fine vita. L’obiettivo è limitare la distruzione di parti ancora utilizzabili, ma anche preparare il terreno alla massificazione del riciclaggio dei tessuti nel Vecchio Continente.
 
Se nazioni come i Paesi Bassi o la Francia hanno già coordinato delle reti di raccolta, tramite cassonetti specializzati o raccolte nei negozi, altri Paesi hanno recentemente dovuto lavorare alla strutturazione dei propri sistemi. La direttiva quadro sui rifiuti, adottata il 30 maggio 2018, ha concesso agli Stati membri tempo fino al 1° gennaio 2025 per conformarsi.

La sera del 30 dicembre 2024 è entrata in vigore la normativa contro la deforestazione. Attualmente riguarda le grandi imprese, per poi applicarsi alle PMI a partire dalla seconda metà dell’anno. Votato nel 2023, il testo mira a vietare l’immissione sul mercato europeo di prodotti associati alla deforestazione o al degrado delle foreste.

Questo testo riguarderà l’industria tessile, dell’abbigliamento e delle calzature attraverso la gomma, il cuoio e anche il legno. Le aziende utilizzatrici dovranno dimostrare che la loro gomma non proviene da terreni disboscati per creare piantagioni. Così come dovranno dimostrare che la loro pelle non proviene da allevamenti creati su terreni precedentemente occupati da foreste che sono state distrutte. I produttori di fibre cellulosiche (viscosa, lyocell, modal, ecc.) dovranno inoltre dimostrare che la pasta di legno utilizzata come base per la loro produzione è conforme alle normative.
 
Con l’arrivo del 2025 inizia anche la fase di sperimentazione del passaporto digitale dei prodotti (o DPP). Votato nel marzo 2022, questo provvedimento è stato oggetto di una fase di consultazione fino al 10 dicembre. Quest’anno dovrebbero emergere strumenti digitali che verranno testati con l’obiettivo di dare ai consumatori l’accesso alle informazioni su un prodotto.
 
Tali dati includono i nomi dei produttori e dei fabbricanti, la composizione dell’articolo, nonché i dati sull’impronta di carbonio, la riparabilità e la riciclabilità. I riciclatori potranno utilizzare queste informazioni per ottimizzare il riutilizzo dei materiali. L’attuazione graduale del DPP dovrà avvenire dopo il 2025. L’obiettivo è vedere il sistema applicato al maggior numero possibile di prodotti nel 2030.
 
Calendari più incerti
 
Non sorprende che diversi progetti di legge attesi per entrare in vigore nel 2025 siano in ritardo rispetto al programma. Inizialmente prevista per essere operativa nel 2024, l’impronta ambientale del prodotto (PEF) non ha abbandonato la fase pilota ed è oggetto di una sua estensione graduale a varie aziende che hanno deciso di adottarla su base volontaria. Nonostante le voci, al momento non è possibile confermare se nel corso dell’anno si terrà una votazione sull’argomento.

Il Parlamento Europeo a Strasburgo – Shutterstock

Che dire del dovere europeo di vigilanza, o CSDDD? Votato lo scorso aprile con portata ridotta, il sistema dovrà entrare pienamente in vigore nel 2027. L’annata 2025 dovrebbe teoricamente essere dedicata al suo recepimento negli ordinamenti nazionali. Ma la situazione potrebbe essere modificata nei prossimi mesi dalla volontà di Bruxelles di semplificare alcune normative. Almeno è quanto denunciano la Clean Clothes Campaign o la Fair Wear Foundation.
 
Il 2025 dovrà inoltre rappresentare un periodo transitorio per il regolamento europeo sul lavoro forzato, che quest’anno dovrebbe essere formalmente approvato e adottato da Parlamento e Commissione. Per quanto riguarda la direttiva sulle affermazioni ambientali, o Green Claims (ovvero le asserzioni come “prodotto verde”, “biodegradabile”, ecc.), quest’anno dovrà essere oggetto di negoziazioni tra Parlamento, Commissione e Consiglio dell’Unione Europea.

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