Comunicazione criptate, per istituzioni, esercito e forze dell’ordine, con copertura in tutto il Mediterraneo, per la durata di 5 anni, al prezzo di un miliardo e mezzo di euro. Questo è il piano che il governo intenderebbe acquistare da Starlink, la costellazione satellitare di Elon Musk. In realtà si tratta di una non-notizia: l’intesa non è stata firmata (è ancora allo studio) e la trattativa sta proseguendo dal 2023. Quindi è una notizia sia vecchia che prematura, al tempo stesso.
Se ne parla in Parlamento, con le proteste molto vivaci dell’opposizione, perché Giorgia Meloni si è recata negli Usa a trovare il presidente eletto Donald Trump. E nell’occasione è stata l’agenzia Bloomberg a rilanciare la notizia: trattativa per l’acquisto del piano speciale di Starlink. «Un eventuale accordo con lui (Elon Musk, ndr) per garantire connessione e modernità in tutta Italia non sarebbe un pericolo ma un’opportunità – ha dichiarato il 7 gennaio (ieri, per chi legge) il vicepremier Matteo Salvini – Confido che il governo acceleri in questa direzione, perché offrire servizi migliori ai cittadini è un dovere». All’opposto, Elly Schlein, segretaria del Pd: «la corsa di Meloni e Salvini ad accreditarsi alla corte di Musk sta gettando il governo nel caos, con il vicepremier che smentisce la stessa premier (perché la Meloni non parla di firme imminenti, ndr) mentre FdI bollava come fake news quanto Salvini stava confermando. Sono diventati satelliti di Musk, altro che sovranismo». Molto più estremista il commento del moderato Calenda: «Accordo con Musk? Faremo le barricate. È un pazzo che vuole distruggere l’Europa». A generare ulteriore confusione sono i commenti dello stesso Elon Musk, che il 6 gennaio twittava «Pronto a fornire all’Italia la connettività più sicura e avanzata!». E al tweet di Salvini replicava prontamente: «Un accordo Italia-SpaceX sarà fantastico. Altri Paesi in Europa chiederanno di adottarlo».
Perché la sinistra fa le barricate? A parte l’ovvia antipatia politica che nutre per Elon Musk, specialmente adesso che si è schierato apertamente a favore di AfD in Germania e del Reform Party (ma non di Farage) nel Regno Unito, la sinistra teme la concorrenza ai programmi europei a cui già partecipa l’Italia. Il progetto in questione è Iris2 e l’Italia contribuisce con un’azienda controllata da Leonardo, oltre a ospitare uno dei tre futuri centri di controllo dei satelliti. Per lanciare i satelliti di Iris2, si useranno i vettori Ariane 6, anche quelli prodotti da un consorzio di paesi europei, fra cui anche l’Italia. Ma il confronto non si pone. Perché Iris2 non esiste e non esisterà almeno fino al 2030, se tutto va bene.
Non c’è paragone anche per quanto riguarda i costi. Qualche cifra la fornisce Andrea Stroppa, “uomo di Elon Musk in Italia” sul suo profilo X e non è ancora stato smentito. Infatti Iris2 costerà , al netto di ulteriori aumenti, almeno 10 miliardi di euro, contro 1,5 miliardi di Starlink. La sinistra rimprovera alla Meloni persino di tradire il suo stesso sovranismo. Ma è una critica fondata? Solo in parte, perché se è vero che l’Italia partecipa a Iris2, la guida del consorzio è in mano ad aziende francesi e tedesche. C’è anche una differenza notevole in termini di efficienza. Se Starlink può contare già oggi su 7mila satelliti operativi (in una costellazione che sta per essere raddoppiata), il programma europeo consterà di 270 satelliti, dunque con maggiori problemi di copertura.
Ci sono problemi anche nel confronto fra i missili di SpaceX e quelli del programma Ariane. SpaceX manda in orbita satelliti dal 2019 ed è l’unica in grado di risparmiare sui vettori. Perché li fa rientrare, in modo da poterli riutilizzare: una tecnologia di cui dispone solo Elon Musk. Ancora un po’ di conti fatti da Stroppa: Ariane 6 ha compiuto il primo volo di prova alla fine dell’anno scorso, con quattro anni di ritardo sulla tabella di marcia. Il suo costo è di circa 4 miliardi di euro, di cui 500 milioni italiani. Nel consorzio delle aziende per Ariane 6 l’Italia partecipa con una piccola quota del 3,4%. Il programma è quasi interamente francese (74%) con una partecipazione sensibile tedesca (8,3%).
Senza contare poi l’argomento principale di questa scelta eventuale: il contratto durerebbe 5 anni in un periodo in cui non esistono alternative. Fra cinque anni potremmo dotarci anche di Iris 2 se tutto va bene (e sempre che ci convenga), ma nel frattempo perché dovremmo rinunciare a un sistema di comunicazioni sicure fornito da un’azienda privata di una nazione alleata?
La polemica scatenata dal lancio di Bloomberg, dunque, sembra motivata solo dalla politica, non da argomenti economici. Né tantomeno patriottici.
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