Il conflitto oligarchico del capitalismo occidentale

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di Riccardo Paccosi – 08/01/2025

Fonte: Riccardo Paccosi

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LO SCONTRO AI VERTICI DEL CAPITALISMO OCCIDENTALE COME OPPORTUNITA’ PER I POPOLI EUROPEI (ALLA LUCE DELLE DICHIARAZIONI DI ZUCKERBERG)
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Le recenti dichiarazioni di Mark Zuckerberg sono di notevole interesse giacché segnano la nuova fase di uno scontro ai vertici del capitalismo occidentale che, per quanto riguarda lo specifico di Facebook, è iniziato esattamente sette anni fa.
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Il 26 gennaio 2018, durante il meeting di Davos, riguardo a Facebook e Twitter George Soros dichiara: “queste piattaforme ingannano i loro utenti manipolando la loro attenzione. È un pericolo attuale e ha già svolto un ruolo importante nelle elezioni presidenziali americane. Davos è un buon posto per annunciare che i loro giorni sono contati”.
Passa un mese, ed ecco che la società americana Cambridge Analytica denuncia come Facebook abbia utilizzato i dati di milioni di utenti per orientare i risultati delle elezioni presidenziali americane vinte da Trump nel 2016 e, forse, anche quelli del referendum sulla Brexit in Gran Bretagna.
Nei giorni immediatamente successivi la Federal Trade Commission americana apre indagine su Facebook, la Camera dei Comuni inglese convoca riunione d’emergenza sul medesimo argomento e un’interrogazione viene effettuata dal presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani.
A seguire, parte in tutto il mondo una campagna virale con l’hashtag #DeleteFacebook, che invita a cancellarsi dalla piattaforma.
A soli due mesi di distanza dalle pubbliche minacce di Soros, infine, Facebook perde 36 miliardi in Borsa nell’arco d’una sola giornata.
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Oggi, dopo aver obbedito negli ultimi sette anni a tutte le direttive di censura politica, Zuckerberg associa il proprio destino a quello di Trump annunciando il cambio di rotta e l’eliminazione del ruolo dei fact checker (il che, per noi italiani, significa la messa fuori gioco della cricca di Enrico Mentana).
Per noi cittadini delle nazioni europee, si tratta di un cambiamento oggettivamente positivo, soprattutto in considerazione delle normative europee degli ultimi anni che, come ha ricordato lo stesso Zuckerberg, si sono impegnate innanzitutto a “istituzionalizzare la censura”.
Il CEO di Facebook ha lasciato intendere che l’incremento della libertà d’espressione riguarderà principalmente tematiche di politica interna come immigrazione, teorie transgenderiste e via dicendo. Dunque, pur essendo possibile ipotizzare altresì che potrà esserci un maggiore margine di libertà riguardo alla critica dell’Unione Europea o in merito al conflitto russo-ucraino, credo che sarebbe illusorio aspettarsi cambiamenti per ciò che invece riguarda i temi di politica estera inerenti al Sud America e, soprattutto, al Medio Oriente.
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Le parole di Zuckerberg esprimono il punto di vista trumpiano di un imperialismo nazionalista che va a sostituire l’imperialismo globalista di matrice dem/neocon: infatti, egli non manca di rimarcare come questo nuovo corso possa e debba essere usato per orientare la politica dei paesi sudamericani e della Cina.
Inoltre, l’ingresso nel CdA di Meta di un esponente della èlite globalista quale John Elkann, indica che Zuckerberg annuncia sì un cambio di rotta, ma lo fa mediando con gli stessi assetti di potere che hanno dominato negli ultimi decenni.
Malgrado tutto questo, l’insieme di queste vicende indica l’apertura d’una finestra di opportunità.
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Coltivare un punto di vista autonomo e popolare, significa essere estranei al problema – ch’è invece proprio di destra e sinistra – di doversi identificare necessariamente con Trump oppure con l’asse globalista.
Il punto di vista dell’autonomia popolare, in altre parole, non necessita di immaginare alleanze con l’imperialismo trumpiano bensì di saper leggere correttamente le convergenze parallele d’interesse che si stanno materializzando sotto i nostri occhi.
L’opportunità che ora si dischiude, è quella di saper approfittare dello scontro ai vertici per attivare mobilitazioni autonome e popolari contro coloro che vogliono affossare società ed economia nel baratro della guerra. In altre parole l’obiettivo minimo, che s’impone oggi e con urgenza, è quello di cacciare i capi di governo della maggior parte delle nazioni europee e abbattere la marcescente struttura eurofederale.





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