Energia elettrica, asse politico per l’«autonomia delle bollette»: «Con le multiutility locali, più sostenibili per famiglie e imprese»

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Veneto ed Emilia Romagna contro la proroga della concessione. Ma il fronte si allarga

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Energia elettrica: un contatore e bollette




Energia elettrica: un contatore e bollette



Energia elettrica: un contatore e bollette

Un asse del nord, intanto, ma allargabile nel segno dell’autonomia regionale, per attutire la tegola in arrivo: aumento delle bollette dell’energia elettrica, se andrà in vigore quanto previsto dall’emendamento, articolo 7bis, alla legge di bilancio appena approvata. In base al quale le concessioni per la distribuzione di energia elettrica possono essere prorogate per altri vent’anni, in cambio di un canone che sarà pagato allo Stato. E andrà ad aggiungersi ai costi già presenti in bolletta. Per cittadini e imprese.

In pratica gli attuali concessionari, che gestiscono cavi e contatori di case e aziende – e per l’85% nel caso della distribuzione di elettricità l’Enel – non dovranno più confrontarsi con il mercato e concorrere con altri soggetti. La partita è da una quindicina di miliardi di fatturato, con margine operativo lordo per i gestori da sette-miliardi.

Ma… c’è un ma. O almeno: potrebbe abbozzarsi un “ma”. Nei giorni del voto all’emendamento, da alcune Regioni, e in particolare dal Veneto e dall’Emilia Romagna – ma da Verona lo era stato nelle scorse settimane per l’iniziativa-appello di Federico Testa, presidente di Agsm-Aim ed ex presidente di Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – erano partiti appelli per aprire a più operatori per rendere più efficiente il servizio. Per aumentare gli investimenti e distribuire maggiori risorse ai territori.

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La politica

Si è mossa anche la politica, a livello veneto. Gli assessori, leghisti, della Regione Roberto Marcato, allo Sviluppo economico, e Gianpaolo Bottacin, Ambiente – nella Giunta guidata dal presidente Luca Zaia, leghista – il prima di Natale avevano inviato una lettera al ministro delle Infrastrutture e Trasporti, nonché segretario della Lega, Matteo Salvini, e ai parlamentari veneti della Lega. Esprimendo la loro contrarietà alla proroga ventennale ai concessionari della distribuzione elettrica.

Chiedevano, «prima di approvare tale modifica, di aprire un confronto con le Regioni». Precisando: «Non appare infatti utile che un asset strategico come quello delle concessione elettrica possa essere posto in discussione senza i necessari approfondimenti». In pratica vorrebbero che, nell’ottica dell’autonomia, fossero le aziende multiservizi del territorio, come Agsm Aim per Verona e Vicenza, ma c’è tra le altre la trevigiana Ascopiave, a gestire la distribuzione elettrica nelle case e nelle imprese venete.

Poco prima di loro, e analogamente, si era mosso il vicepresidente e assessore allo Sviluppo economico e alla Green economy dell’Emilia Romagna, a trazione Pd-centrosinistra, scrivendo al ministro dell’Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti, leghista, e a quello dell’Ambiente e Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, di Forza Italia, chiedendo di eliminare dalla Legge di stabilità la norma sulla proroga e di ridefinire il tutto con le Regioni.

E ci sarebbero già movimenti di “moral suasion” da parte di aziende pubbliche del settore e di mondi industriali nei confronti dei presidenti del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e della Lombardia Attilio Fontana, leghisti. L’azione è trasversale, politicamente.

Possibilità di correggere il tiro?

Il fatto la partita debba andare alla Conferenza Stato-Regioni. Infatti il testo approvato con la legge di bilancio prevede che nel processo di definizione delle proroghe delle concessioni sia obbligatorio il parere delle Regioni stesse. Se dovesse allargarsi la “base autonomista energetica”, qualcosa potrebbe muoversi.

Federico Testa stesso, nominato dal sindaco Damiano Tommasi, di centrosinistra, e Vicenza ha il sindaco Giacomo Possamai pure di centrosinistra, non molla la presa: «A livello veneto crediamo ci siano le condizioni per “mettere insieme” le imprese di pubblici servizi già presenti, la Regione e le altre istituzioni locali per dare vita a un soggetto che valorizzi questa dimensione industriale, in maniera trasversale. E se iniziative di questo genere si svilupperanno anche in altre realtà, avremo tutti più forza».





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