Continua a crescere, giorno dopo giorno, il numero delle strutture ricettive della provincia di Salerno cui è stato rilasciato il Cin, codice identificativo nazionale obbligatorio da inizio gennaio. Fino a ieri, secondo i dati del ministero del Turismo in costante aggiornamento, circa otto strutture su dieci lo hanno. «In città – dice l’assessore al Turismo del Comune di Salerno, Alessandro Ferrara – la percentuale di strutture ricettive che si è dotata del Cin è molto alta». «Se Salerno è in una fase di crescita turistica – osserva – è giusto che si rispettino norme e regolamenti. E quella che ha previsto l’introduzione del codice identificativo nazionale è una legge e la legge va rispettata, per cui tutti si devono adeguare per il buon vivere ma anche per un discorso di legittimità, perché così si evita anche di avere abusivismo». «Dal momento in cui una struttura non ha il Cin – prosegue – questa viene esclusa dalle piattaforme. Quindi, è un avviso che si dà per dire “vi dovete regolarizzare perché altrimenti rischiate di essere penalizzati e cancellati dalle piattaforme”». Ferrara ricorda, poi, che, nei mesi scorsi, «a Salerno, abbiamo condotto una campagna antiabusivismo e sono state scovate alcune strutture abusive».
LE REAZIONI
Raffaele Bassi, vicepresidente di Ecstra, associazione che rappresenta strutture extralberghiere in provincia di Salerno promuovendo anche formazione e aggiornamenti, sottolinea che «siamo sempre stati a favore dell’introduzione del Cin e, infatti, abbiamo lavorato anche con le altre associazioni a livello nazionale e che sono nella federazione Fare per interfacciarci con il ministero oltre un anno fa, quando si iniziava a parlare della realizzazione della banca dati nazionale». «Il Cin – evidenzia – serve a combattere le strutture illegali. È vero che, ad oggi, ci sono circa 2mila strutture che non si sono ancora registrate sulla banca dati e non hanno ottenuto ancora il Cin, ma non è vero che siano illegali perché queste 10mila strutture cui si fa riferimento erano quelle che avevano già il codice regionale; quindi, già verificate e controllate dagli uffici competenti. Allora, sarebbe più giusto definirle ritardatarie perché si perdono nella burocrazia italiana. E, per quanto noi cerchiamo di fare comunicazione e aggiornamenti, c’è chi si è perso questa fase, ma si aggiornerà». «Quelle che ancora non hanno il Cin potrebbero essere, ad esempio, strutture stagionali o chiuse e la banca dati regionale non era stata aggiornata», fa notare Bassi, aggiungendo che «non neghiamo che ci siano delle strutture che non lavorano in maniera irregolare, ma questo codice serve, appunto, a mettere ordine». Raffaele Esposito, leader provinciale di Confesercenti, fa presente che, «come Cat, centro assistenza tecnica, siamo stati i primi in provincia di Salerno a fare i corsi di formazione professionale e di informazione per il settore extralberghiero per dotarsi del Cusr (codice unico identificativo regionale delle strutture ricettive). A questo si è aggiunta una sovrapposizione con il Cin, che va nell’ottica della qualità dell’offerta ricettiva e noi siamo favorevoli». «Come Assoturismo e Assohotel siamo favorevoli – ribadisce – a qualsiasi tipo di ragionamento che va nella direzione della riqualificazione dell’offerta turistica, anche per far emergere eventuali criticità. Bisogna lavorare su qualità dell’offerta e legalità, in maniera trasparente e al fianco delle istituzioni per favorire un’offerta territoriale qualitativamente alta sia per il settore alberghiero che quello extralberghiero».
Marco Sansiviero, presidente di Fenailp Turismo, definisce l’introduzione del Cin «un passo fondamentale per promuovere la trasparenza e garantire una concorrenza leale nel settore ricettivo». «Tuttavia – sostiene – il fatto che in provincia di Salerno circa 2mila strutture non si siano ancora adeguate lascia presupporre l’esistenza di un numero significativo di operatori abusivi. Questa situazione rappresenta un doppio danno: da un lato, per le imprese che rispettano le regole, costrette a competere in condizioni svantaggiose; dall’altro, per i consumatori, che rischiano di affidarsi a strutture non controllate e non sicure».
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