Pannelli e “isole di calore”, api verso l’inferno

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Non sanno più cosa inventarsi. L’ultima frontiera del «green washing», il marketing che usa il “verde” per lavarsi la coscienza da speculazione e affari, tutt’altro che ambientali, è quella delle api. La mossa è scandita con sempre maggiore insistenza grazie ad un martellamento mediatico da “famiglia” formato mulino. Il sottinteso impresso nelle immagini fiabesche prodotte dalla monetizzazione green più spinta è eloquente: i pannelli solari sono l’habitat naturale anche per le api.

Mani avanti

Come dire: mettiamo le mani avanti, usiamo lo spot del “salviamo il mondo grazie alle api”, per garantirci un lascia passare mediatico per centinaia di ettari di devastazione ambientale e paesaggistica, illudendo i più profani che le “api da spot” possano volteggiare indisturbate tra millefiori e pannelli surriscaldati. I signori del fotovoltaico più ardito, ora che il castello degli affari green sulla testa della Sardegna si sta sgretolando progetto dopo progetto, tentano persino la carta dell’apicoltura: un’illusione ideale, fantasiosamente salvifica, per chi vorrebbe piazzare alveari «pro miele» tra pannelli di silicio e ulivi, seminando qua e là un pò di erba “millefiori”, come se il paese di Alice fosse Pabillonis.

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Vendere “api”

Una strategia comunicazionale che ha fatto breccia persino sulla Commissione Nazionale del Pnrr, la stessa che la settimana scorsa ha dato il via libera, contro pareri pesanti di Soprintendenza e Regione, ad un progetto che affida all’apicoltura la funzione di “garante” per un mega progetto da 86.160 moduli fotovoltaici. Pannelli in puro silicio cristallino, rigorosamente cinesi, tutti direttamente prodotti da una delle aziende primarie della provincia cinese dello Xinjiang, area produttiva soggetta all’applicazione della «legge Uigura» voluta dagli Stati Uniti contro lo sfruttamento delle popolazioni più povere nell’estremo Oriente.

Sfruttamento “solare”

Poco importa se lo sfruttamento di uomini e donne, dall’altra parte del mondo, nella Cina più sconosciuta, sia alla base della produzione di quelle “graticole” solari che andranno a coprire terra e vegetazione nell’Isola di Sardegna: l’immagine delle api, “venduta” con quattro righe in un progetto da quasi 40 milioni di euro di agrivoltaico, è il simbolo più eloquente del nuovo marketing solare. Nessuno, però, si è posto il problema che tutta la comunità scientifica, quella libera e non a libro paga di associazioni “solar-dollari”, sta cercando di esaminare alla luce di sempre più frequenti fenomeni di “surriscaldamento” areale laddove i pannelli diventano uno smisurato deserto di silicio.

Studi bloccati

Lo scrivono gli stessi scienziati che studiano il fenomeno: nessuno sta finanziando studi adeguati per capire la gravità delle ripercussioni sul microclima territoriale, sia sul piano umano, che vegetale e animale. In Sardegna, su questo tema, c’è un territorio che più di altri ha sfondato il primato italiano di consumo di suolo, quello di Uta, alle pendici di Monte Arcosu.

Inganno Macchiareddu

Maldestramente, i più scaltri, definiscono quell’area come una “zona industriale”, come a giustificare lo scempio ambientale in atto. In realtà, chi conosce quel territorio, sa bene che “Macchiareddu” non c’entra niente con quella zona dove stanno sbancando centinaia di ettari di campi fertili per piazzare pannelli fotovoltaici come se non ci fosse un domani.

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Pendici dell’Oasi

Siamo in evidente zona agricola, in un’area paesaggisticamente di pregio, considerato che su quel versante si adagiano le pendici della grande “Oasi del Cervo”.

La strage di Uta

È qui che si è consumata la prima immensa strage di api legata a quella che gli scienziati definiscono «isola di calore», ovvero l’area in cui le temperature si inerpicano in seguito alla gestione dello scambio energetico tra il sole e quei pannelli, alterando a dismisura l’ambiente naturale.

Immagini shock

Le immagini che pubblichiamo non hanno bisogno di commenti: agro di Uta, florida azienda apistica da decenni, sino a quando non sono arrivati quei tir carichi di pannelli cinesi che hanno modificato clima e paesaggio, flora e fauna di quell’area. Gli alveari in un attimo, senza preavviso, sono stati travolti da un vero e proprio tsunami di calore, amplificato a dismisura, come mai era capitato in quell’area. Una “bolla” rovente che ha trasformato quelle arnie in un feretro per milioni di api, avvolte da miele e cera, sciogliendo in un frame tutto il laborioso intarsio delle api-operaie. Questo, però, non si può dire: per il marketing delle rinnovabili sono ammesse solo verità “rose e fiori”, raccontate da spot lava-coscienza.

Verità nascosta

Conto e carta

difficile da pignorare

 

In realtà, però, anche se sottobanco, senza che siano stati mai divulgati, sono stati elaborati documenti interni del Servizio di Valutazione Ambientale della Regione sarda dove le affermazioni sono più di un’accusa. Sul surriscaldamento nelle aree dove vengono “piazzate” queste distese di silicio la Regione scrive: «il Servizio Valutazione Integrata Ambientale ha concluso l’istruttoria evidenziando che non è possibile escludere impatti ambientali negativi e significativi per l’intervento in esame, riconducibili, in particolare, alle seguenti criticità: componente microclima, necessaria per stimare i possibili impatti sia a livello di sito che sulle aree limitrofe, tenendo conto di quanto evidenziato dalla recente letteratura che attribuisce, agli impianti fotovoltaici particolarmente estesi, la capacità di creare un effetto “Isola di Calore». Insomma, non solo devastano il paesaggio, trasformandolo da identitario a industriale, ma ne alterano persino il clima con tutte le conseguenze.

Pascolo per api solari

Eppure c’è chi, compresi i progetti appena approvati, arriva a raccontare: «la seconda componente agricola inserita è una apicoltura che farà uso di un prato fiorito permanente disposto sotto i pannelli nell’area. Le arnie saranno disposte in aree sicure entro la mitigazione scelte in modo da consentire il ‘pascolo’ degli insetti impollinatori in tutta l’area». Gli studi Usa, Università dell’Arizona, raccontano altro: «Abbiamo riscontrato che le temperature sopra un impianto fotovoltaico erano regolarmente più calde di 3-4 gradi rispetto alle zone naturali». In Sardegna, invece, lo spot “api-silicio”, è la nuova frontiera, quella dell’invasione straniera.

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