Egle Barocco racconta il cancro al seno nel suo “Diario semiserio da una diagnosi”

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“Sono fiera dei miei capelli e certo che sono miei, prima di tutto perché li ho pagati e quindi sono miei, ma sono proprio i miei!”. Egle Barocco scoppia in una risata che è liberatoria, ma anche sintomatica di come ha affrontato la prova che la vita le ha messo davanti ormai quasi un anno fa.

Da 30 anni, Egle è coordinatrice dell’équipe di assistenza e dei volontari della sede aostana della Lega italiana per la lotta ai tumori e questo mondo lo conosce bene, ma non avrebbe mai pensato di attraversarlo in prima persona, come scrive lei stessa nel suo Dario semiserio da una diagnosi, libretto composto da quelle note sul cellulare che per un anno le hanno tenuto compagnia quando il sonno non arrivava e i pensieri erano tanti.

“Scrivevo dei pensieri sul cellulare, mi servivano per appuntarmi ciò che mi passava per la testa e ciò che mi accadeva. Questo esercizio, che il mio psicologo mi aveva consigliato di continuare a fare, mi ha aiutata molto a tirar fuori tutto e a vivere la mia quotidianità nel modo più naturale possibile”.

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Il suo libro ripercorre i momenti più salienti del suo viaggio nel tumore, dall’annuncio fino alla fine delle 16 chemio, un’avventura che Egle ha intrapreso da sola per scelta, pur non essendo mai sola: “Avevo deciso di non dirlo quasi a nessuno, tolta la famiglia e alcuni amici, perché non volevo essere compatita, non volevo che la gente dovesse chiedermi sempre come stesse andando, anche se so che lo avrebbe fatto sinceramente e soprattutto volevo gestirla continuando a vivere la mia vita normalmente, perché è questo che mi ha davvero aiutata a non mollare mai”.

Nelle sue pagine si ritrova questa routine che ogni tanto si interrompe per lasciare spazio alla “rossa che è diventata arancio come lo spritz“, ossia la chemioterapia che Egle porta avanti sempre guardando l’obiettivo dritto negli occhi e soprattutto ritrovando anche la voglia di mantenere un’estetica che, se può sembrare superflua, per chi subisce una certa diagnosi, può diventare di vitale importanza.

“Non volevo assolutamente perdere i capelli, era una cosa che mi terrorizzava – spiega infatti -. Può sembrare un pensiero stupido, ma fa male, a una donna colpisce nel profondo perdere i capelli e poi non volevo che la malattia diventasse così evidente. Per fortuna ho trovato una soluzione seria e perfetta grazie a delle persone meravigliose, che mi ha permesso e mi permette di continuare a fare la mia vita senza preoccuparmi e per questo dico che i capelli sono miei. E non solo perché li ho pagati!“.

Così Egle ci scherza sopra e nel libro racconta di una corsa sotto la pioggia battente senza il pensiero di ritrovarsi con i capelli tutti arruffati dall’umidità.

Egle Barocco

Il percorso come infermiera prima, come figlia di malato oncologico e dipendente Lilt dopo aiutano Egle nella comprensione della diagnosi e nel decorso della malattia, ma al tempo stesso non la mettono al riparo dai pensieri: “Ovviamente lavorando in questo campo non ho avuto difficoltà nella comprensione delle parole di medici e specialisti, ma spesso non si vuole capire e si preferirebbe non comprendere e proteggersi in questo modo. In ogni caso, ti ritrovi sempre spiazzato davanti a un evento del genere”.

In tanti anni di servizio però un cambiamento nella prevenzione c’è stato, come sottolinea Egle: “Alle viste di controllo le donne sono sempre di più e questo è un bene e anche le giovani, quelle che non sono ancora nel sistema di screening, quindi la sensibilità sta cambiando ed è un segno molto importante, ma è bene che ci sia un’attenzione non solo alla scoperta della diagnosi, anche il percorso è fondamentale e per esempio il costo delle tricoprotesi non può essere un ostacolo alla quotidianità delle pazienti”.

Il libro, che si può comprare alla sede Lilt di via Xavier de Maistre con un’offerta, è stato scritto in prima battuta per un’esigenza personale, come una terapia anche comica a volte, per smorzare i toni epici che spesso vengono usati per parlare di cancro.

Ma che Egle spera soprattutto che possa “servire ad altre persone che stanno affrontando questo percorso, perché ognuno sceglie di vivere e affrontare la malattia in maniera personale, ma quello che ritengo possa essere un consiglio prezioso è di continuare a vivere e non ripiegarsi mai su se stessi e magari deprimendosi. I momenti bui ci sono ed è normale, ma con la quotidianità si affronta tutto in maniera più forte, continuando con le proprie abitudini e passioni e senza smettere mai di ricordarsi di vivere“.

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