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Allo studio del governo un decreto per allineare la fiscalità su diesel e benzina come chiesto dalla Commissione Ue. Rischio stangata per gli auto-trasportatori. I fondi per rinnovare il contratto del trasporto pubblico locale
Al momento è un’ipotesi, ma la volontà del governo sarebbe quella di allineare il prelievo fiscale sulla benzina e il gasolio, ritoccando nel 2025, probabilmente tramite un decreto ad hoc che dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri attorno al 20 gennaio, di un centesimo al litro il gasolio e riducendo allo stesso tempo l’accisa sulla benzina dello stesso importo. Un’operazione di contabilità fiscale che servirebbe per recuperare risorse da destinare al rinnovo del contratto dei lavoratori del trasporto pubblico locale. Un contratto scaduto da tempo e sotto esame per i continui scioperi di questi mesi che hanno finito per paralizzare la mobilità in alcuni giorni feriali.
L’iter progressivo
L’ipotesi, ventilata dal quotidiano La Stampa, avrebbe un iter progressivo. Dovrebbe generare un gettito aggiuntivo di circa 200 milioni per il primo anno. Ma la misura sarebbe studiata nell’arco di cinque per allineare le imposizioni su benzina (oggi 73 centesimi al litro) e diesel (oggi 62 centesimi al litro) come previsto da un capitolo del Pnrr. Nel 2030 l’incasso annuo sarebbe così di circa 600 milioni, secondo alcune stime. Questa differenza tra benzina e diesel permette una sorta di sussidio implicito al gasolio di 3,4 miliardi di euro e ora andrebbe smontata.
Quanto pesano le tasse
Sulla benzina le imposte (accise+Iva) d’altronde pesano per circa il 60% sul prezzo finale, mentre quelle per il gasolio per il 56,2%. Al netto delle tasse il carburante nel nostro Paese in realtà costa meno che nella media europea, ma una volta aggiunto l’onere fiscale il prezzo al consumatore risulta più che raddoppiato e in assoluto fra i più alti dell’Unione.
La stangata per l’autotrasporto
«L’aumento delle accise sul gasolio andrà però a gravare pesantemente sulle aziende del settore dato che il costo del gasolio incide per il 30% sulle spese complessive», dice il segretario generale di Assotir, Claudio Donati. Il timore è concentrato sui mezzi che non possono ottenere il rimborso legato ai consumi di gasolio per autotrazione, spiega La Repubblica. L’agevolazione è riservata solo agli autocarri o alle motrici, con o senza rimorchio, che hanno una massa complessiva di almeno 7,5 tonnellate e con un motore Euro 5 o superiore.
La richiesta dell’Europa
Il riordino delle «tax expenditures» era però stato già indicato nel Piano iniziale energia e clima (Pnie) presentato a Bruxelles dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. La Commissione Ue chiede da tempo di svincolare la fiscalità sui carburanti dalle quantità vendute per agganciarle all’impatto ambientale. Una leva strategica per conseguire simultaneamente gli obiettivi di incremento dell’efficienza del sistema fiscale italiano e sostegno al pieno raggiungimento della strategia di transazione energetica e ambientale. L’esecutivo ha sempre spiegato che si tratta di un bilanciamento, cioè che lo Stato avrebbe incassato di più sul gasolio ma meno sulla benzina con effetto invariato sulle entrate. In realtà però i volumi di gasolio venduti superano di gran lunga il doppio di quelli dei carburanti tradizionali e dunque invece aumenteranno le entrate.
Che cosa succede nella filiera
In termini puramente industriali il carburante che si paga alla stazione di rifornimento dovrebbe riflettere i prezzi del petrolio di un mese prima circa, perché questo è un lasso di tempo che di solito separa l’acquisto del greggio da parte delle società di raffinazione e la vendita della benzina o del gasolio al dettaglio. Nella realtà però l’intera filiera tende a scaricare ai consumatori gli aumenti delle quotazioni del barile prima di subirli: vende il carburante da greggio comprato ai vecchi prezzi più bassi come se lo avesse pagato alle nuove quotazioni aumentate. Un effetto speculazione messo nel mirino del governo ma mai smontato.
Il rischio rincaro dei biglietti
La deputata di Italia Viva Raffaella Paita segnala l’incongruenza della strategia: «Il parco mezzi del Tpl è composto soprattutto da mezzi non elettrici. Aumentando le accise per finanziare il Trasporto pubblico locale è come provocare effetto del gatto che si morde la coda. Sapete come finirà? Che non aumenteranno solo le accise, ma anche il costo dei biglietti nelle città».
Il capitolo contratto
Sul versante del contratto le parti si rivedranno il 15 gennaio per una verifica degli impegni presi al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dove lo scorso 18 dicembre, con la mediazione del viceministro Edoardo Rixi, è stata raggiunta un’ipotesi d’accordo per riconoscere a regime un incremento medio economico di 200 euro. La scadenza è fissata per il 24 gennaio per chiudere la vertenza. Per coprire il periodo di vacanza contrattuale, dal 1 gennaio al 31 dicembre 2024 gli autoferrotranvieri riceveranno a febbraio un contributo di 500 euro che verrà rapportata ai mesi di effettiva prestazione svolta nel 2024.
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