La Casa Bianca ha confermato il viaggio di Joe Biden in Italia dal 9 al 12 gennaio. Il presidente Usa partirà per Roma il 9 pomeriggio dopo i funerali di Stato di Jimmy Carter a Washington, ha precisato la portavoce Karine Jean-Pierre.
Durante il soggiorno in Italia Biden incontrerà il Papa, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni.
I motivi di questa visita di un presidente a fine mandato non possono essere certamente inseriti nel novero delle visite di cortesia.
È chiaro che Joe Biden non viene in Italia per trovare una casa di vacanza in Toscana.
Una delle ipotesi che corre è che venga a tentare di sciogliere il nodo della giornalista del Foglio e di Chiara Media, Cecilia Sala, detenuta in Iran senza alcun motivo dalla dittatura teocratica degli ayatollah.
La Repubblica Islamica chiede la liberazione dell’ingegnere 38enne Mohammad Abedini Najafabadi, fermato a Malpensa su ordine degli Stati Uniti con l’accusa di essere uno degli esperti dei droni di Teheran, l’Italia si trova invece tra le richieste degli ayatollah e quelle di Washington che, invece, chiedono l’estradizione dell’iraniano.
Ironia della storia, Joe Biden si trova ad avere a che fare con la teocrazia che è stata nei fatti favorita, nel suo insediamento, proprio da quel Jmmy Carter che convinse lo Shah a lasciare l’Iran per fare posto a Komeini.
La questione della giornalista del Foglio è assai complicata.
Fondato da Giuliano Ferrara, ex comunista e poi parlamentare socialista, il giornale, che, data l’esiguità delle vendite, non è nemmeno certificato da Ads, sconta la vicinanza dichiarata del suo fondatore alla Cia, l’agenzia Usa.
Il 30 agosto 2012, fu lo stesso Giuliano Ferrara ad affermare i suoi rapporti con la Cia.
https://www.ilfoglio.it/articoli/2012/08/30/news/la-cia-capi-quello-che-le-dicevo-58792/
Scriveva Giuliano Ferrara: “Quando lavoravo per l’Agenzia d’informazione del governo americano chiamata Cia (vedi mio curriculum nel foglio.it) faticavo a spiegare, era il 1985, che il Bettino Craxi amico degli arabi, spregiudicato e solitario leader inviso a democristiani e comunisti che doveva contrastare una grande coalizione assai ben finanziata con acconce contromisure, era anche il pilastro italiano di una politica occidentale nella Guerra fredda”.
Cecilia Sala, oltre ad essere giornalista del Foglio è anche figlia di Renato Sala, importante manager del settore bancario e senior advisor per l’Italia di J.P. Morgan Case Bank. Dall’aprile 2023, Sala è amministratore indipendente di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A, nel cui ambito ricopre anche l’incarico di componente del Comitato nomine e del comitato remunerazione. Da quanto si apprende dal suo curriculum pubblicato dal Monte dei Paschi. , Sala ha iniziato la propria carriera nel mondo bancario in Banca Popolare di Milano, lavorando nell’ambito d’importanti commissioni tecniche presso la Banca d’Italia e l’Associazione bancaria italiana. Partecipa al Think tank Greenmantle, un advisor internazionale per consulenze macroeconomiche e geopolitiche. Attualmente è ceo di Advisor S.R.L..
Sala è anche uno dei soci fondatori del Canova Club di Milano che dal 2011, raccoglie manager, professionisti e imprenditori uniti dai principi ispiratori dell’amicizia, della cultura e della solidarietà.
Il Canova Club nasce nel 1978 con lo scopo di condividere prospettive, visioni e punti di vista delle multinazionali che lavorano nell’ambiente romano. Sin dall’inizio ha riunito colleghi italiani di banche americane.
Chora Media è una casa editrice audio guidata dal giornalista e scrittore Mario Calabresi, già direttore di Stampa e Repubblica.
Come si può ben capire, la teocrazia iraniana non ha nelle mani una semplice giornalista in vena di inchieste, ma una persona che mette in campo una catena che ha profondi legami con gli Stati Uniti.
L’accusa che grava sulla giornalista è quella di «aver violato le leggi della Repubblica islamica». Un chiaro pretesto.
Cecilia Sala era in Iran dal 13 dicembre, per i suoi reportage, con un visto regolare della durata di otto giorni.
Rimane il fatto che il mandato di arresto degli Stati Uniti ha messo l’Italia in una situazione assai spiacevole e delicata. Non è improbabile che la presenza di Joe Biden serva anche a prendere alcune decisioni condivise.
Non è, inoltre, improbabile che il viaggio di Joe Biden serva a consolidare la catena italiana che si riferisce ai Dem americani in vista dell’arrivo di Trump.
Lo fece Obama con la Merkel il 18 novembre 2016.
Barack Obama, in quell’occasione, in visita in Europa, passò ad Angela Merkel il testimone della difesa dei valori del liberalismo di fronte all’avanzata del populismo, culminata nella vittoria elettorale di Donald Trump, e al nuovo espansionismo russo: “Non avrei potuto chiedere un partner più saldo e affidabile sulla scena mondiale”, disse il presidente americano nel corso della conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco giunta nel giorno della visita a Berlino.
Difficile immaginare a quale italiano Biden possa passare il testimone della difesa del liberalismo?
Vedremo nei prossimi giorni cosa dirà il quasi ex presidente degli Usa.
.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link