l’anno delle mini proroghe in attesa delle riforme

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Roma, 5 gennaio 2025 – Il 2025 dovrebbe essere l’anno della nuova “grande riforma” previdenziale, dopo la “Dini” del 1995 e la “Fornero” del 2011. Si spiega, dunque, come la legge di Bilancio abbia finito per confermare transitoriamente le vie strette per la pensione già operative nel 2024, con qualche novità per i dipendenti pubblici. Ma, quando si parla di pensioni, anche la semplice proroga finisce per incastrarsi in un puzzle di regole, requisiti, vincoli e penalizzazioni che richiedono una vera mappa per orientarsi: che è quella che abbiamo costruito di seguito.

Marina Elvira Calderone, 59 anni, ministra del Lavoro e delle Politiche sociali

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Al primo posto dei canali di uscita resta la pensione di vecchiaia che si può ottenere, con un minimo di 20 anni di contributi, a 67 anni di età anche nel 2025. È la soglia dell’età pensionabile, frutto della riforma Fornero. Vale per uomini e donne, dipendenti pubblici e privati, lavoratori autonomi. Da quest’anno, nel pubblico impiego, è stato abolito il limite cosiddetto ordinamentale del 65 anni (che permetteva alla Pubblica amministrazione di mandare in pensione il lavoratore che avesse raggiunto i requisiti per la pensione cosiddetta anticipata): dunque, si esce solo a 67 anni.

Resta ferma con le sue regole anche la pensione cosiddetta anticipata, ugualmente prevista dalla Fornero. L’anzianità contributiva richiesta (che la rende ben anticipata) per questa formula nel 2025, come negli anni precedenti, è differente per gli uomini e per le donne. I lavoratori, a prescindere dal settore e dall’età anagrafica, devono raggiungere i 42 anni e dieci mesi di contributi. Le lavoratrici, anche in questo caso a prescindere dal settore e analogamente dall’età anagrafica, devono raggiungere i 41 anni e dieci mesi di contributi.

Tutto fermo, ma in questo caso in via provvisoria per un anno, anche per Quota 103: una soluzione che, tra limiti e paletti, finisce per essere utilizzabile solo da una platea ristretta, come è accaduto nell’anno finito da poco. I lavoratori privati e pubblici, infatti, possono andare in pensione con almeno 62 anni di età e 41 di contributi anche nel 2025. Ma l’intero assegno sarà calcolato con il sistema contributivo: e questo da solo comporta un taglio dell’importo che può arrivare anche al 20 per cento. In secondo luogo, la misura del trattamento non potrà superare i 2.394 euro lordi mensili (quattro volte il trattamento minimo Inps) sino al compimento dell’età di 67 anni. E non è finita: le finestre mobili (il lasso di tempo tra la maturazione dei requisiti, 62 anni e 41 anni di contributi, e la percezione del primo assegno) sono pure sempre di sette mesi per i lavoratori privati e di nove mesi per quelli pubblici. D’altra parte, è confermato l’incentivo per rimanere in attività: chi non va via potrà avere in busta paga la quota di contribuzione a suo carico (di regola il 9,19 per cento): ma nel 2025 è addirittura esentasse.

La manovra prevede anche la proroga per un altro anno dell’Ape sociale, che si può ottenere dai 63 anni e 5 mesi. Riguarda, come nel passato, coloro che si trovano in condizioni di disagio: disoccupati, coloro che assistono familiari disabili, persone con invalidità pari almeno al 74% e chi, con 36 anni (o con 30) di contributi, svolge lavori gravosi (come, per esempio, operai edili, autisti di mezzi pesanti, badanti, infermiere ospedaliere, maestre d’asilo, macchinisti, addetti alle pulizie). Confermato anche che l’assegno non potrà superare l’importo massimo di 1.500 euro lorde mensili fino alla pensione di vecchiaia a 67 anni.

Anche Opzione donna in versione mini viene prorogata per un altro anno. Possono utilizzare la via di uscita (uscita anticipata ma pensione ricalcolata con il metodo contributivo, con una penalizzazione tra il 20 e il 25 per cento) le donne dipendenti e autonome con almeno 59 anni (se con due figli), 60 (se con un figlio) e 61 (senza figli) al 31 dicembre 2024, purché abbiano anche almeno 35 anni di contributi e rientrino in una delle seguenti categorie: invalide, caregiver, disoccupate. Restano ferme le finestre mobili di 12 e 18 mesi per lavoratrici dipendenti e autonome.

Non cambia niente anche l’anticipo per i precoci, i lavoratori che hanno cominciato a lavorare durante la minore età. E che possono accedere alla quota 41, a patto che prima dei 19 anni abbiano lavorato per almeno 12 mesi e che rientrino nelle categorie disagiate valide anche per l’Ape social.

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