Credit Suisse avrebbe nascosto informazioni sui conti intestati ai nazisti: l’accusa del Senato Usa

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di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Secondo un articolo del Wall Street Journal, la banca svizzera avrebbe ripetutamente nascosto i dettagli dei suoi legami storici con il Terzo Reich

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Se la Svizzera pensava di aver fatto tutti i conti con il suo passato di connivenza col nazismo si sbagliava. Negli anni Novanta, grazie ad alcune inchieste che avevano svelato i rapporti tra il Paese elvetico e il Terzo Reich, le due maggiori banche svizzere avevano dovuto pagare più di un miliardo di dollari di risarcimento alle vittime della Shoah. Il caso per molti era così chiuso. Ma ora, nuovi documenti portati alla luce dagli archivi bancari, stanno dimostrando che quei risarcimenti potrebbero rivelarsi, almeno in parte, quello che il Wall Street Journal non esita a definire «whitewash».

L’«American blacklist»

Alcuni investigatori indipendenti, che indagano su Credit Suisse, ora parte di Ubs, hanno scoperto che la banca avrebbe nascosto informazioni nel corso di precedenti indagini sui conti bancari che erano appartenuti a nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Più precisamente, hanno scovato una lista di clienti archiviata con il timbro «American blacklist», dove si trovano i nomi e i conti di coloro che finanziarono o commerciarono con i nazisti o i partner dell’Asse, oltre a un conto corrente collegato alla famigerata Waffen-SS, l’unità d’élite delle SS tedesche che commise numerose atrocità durante la Seconda guerra mondiale.




















































Il ruolo dell’ex procurato Neil Barofsky

Ora, come riporta il WSJ, l’ex procuratore degli Stati Uniti Neil Barofsky sta passando al setaccio 3.600 scatole di documenti che non sono stati visionati da due commissioni d’inchiesta negli anni Novanta. Nel 2021, lo stesso Credit Suisse aveva nominato Barofsky come difensore civico indipendente per indagare proprio sui legami con il periodo nazista, ma in seguito lo aveva rimosso dall’incarico. Secondo la Commissione Bilancio del Senato degli Stati Uniti, che ha aperto un’inchiesta, Credit Suisse, prima di allontanare Barofsky, «aveva fatto pressione su di lui affinché limitasse le sue indagini». Il Wall Street Journal dichiara di aver visionato una lettera inviata nel dicembre scorso al Senato Usa e scritta di pugno da Barofsky, che nel 2023 è stato reintegrato nelle sue funzioni dalla banca svizzera, dopo l’acquisizione da parte della rivale Ubs.

Le accuse della Commissione Bilancio del Senato Usa

Proprio in seguito alle conclusioni di Neil Barofsky, il Senato degli Stati Uniti ha potuto muovere la sua accusa. In una nota, infatti, è stato messo nero su bianco che «decine di migliaia di documenti scoperti in seguito all’indagine della Commissione forniscono nuove prove sull’esistenza di conti collegati ai nazisti che finora erano sconosciuti o solo parzialmente noti». Secondo la Commissione, «la banca non ha rivelato l’esistenza di questi conti nel corso delle indagini precedenti».

Ubs: «Massima collaborazione»

Come detto, nel 1998, Credit Suisse e Ubs hanno accettato di pagare 1,25 miliardi di dollari (1,14 miliardi di franchi svizzeri) ai superstiti della Shoah o ai loro eredi come parte di un accordo con il World Jewish Congress, che aveva intentato una causa negli Stati Uniti. Contattata dall’Afp, Ubs ha dichiarato di essersi «impegnata a contribuire a un censimento completo degli ex conti collegati ai nazisti, precedentemente detenuti presso le banche predecessore di Credit Suisse». Inoltre, la banca ha dichiarato che fornirà «tutta l’assistenza necessaria» a Neil Barofsky «affinché possa continuare a far luce su questo tragico periodo della storia attraverso questa indagine». 

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5 gennaio 2025 ( modifica il 5 gennaio 2025 | 12:49)

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