Trump-Musk, dalla globalizzazione alla messianica oligarchia tecnologica

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Microcredito

per le aziende

 


L’anno che arriva ci porta speranze di pace, anche se persistono guerre, rivalità commerciali, drammatici cambiamenti ambientali. Se l’“ordine neoliberale” sembra al tramonto, non altrettanto può dirsi di vari elementi del neoliberismo che mostrano una particolare resilienza ibridandosi con molti aspetti dei populismi. Si profila la ridefinizione congiunta del neoliberismo, della globalizzazione e dello stesso capitalismo, che è sempre meno animato da deterministiche «leggi di movimento».

Wolfgang Streeck rilegge il “tardo neoliberismo” concentrandosi sulle conseguenze dell’iperglobalizzazione sulla democrazia, squassata da movimenti populisti e lacerazioni sociali. L’unico rimedio potrebbero essere, secondo lui, una deglobalizzazione marcata, una deconcentrazione

del potere dalle mani di un’élite globalizzata, un ritorno allo Stato nazionale nella forma della microstatualità. Ma è davvero questa una strada alternativa? L’impiego che fa Streeck del pensiero di Keynes a sostegno della propria tesi “nazionalistica” è capzioso, poiché la ricchezza di Keynes consiste anche nella sua multiformità, tale che da essa possono essere tratte tesi divergenti, e correttezza vorrebbe che ci si attenga ai testi e agli atti più impegnativi e più impegnati, anche politicamente, come la Teoria Generale del 1936 – che tratta la contraddittorietà del capitalismo come un sistema mondiale – e il contributo dato agli accordi di Bretton Woods del 1944, anche nelle parti che non vi furono recepite, come la proposta internazionalista del Bancor per garantire la pace e gli equilibri commerciali ed economici mondiali.

Prestito personale

Delibera veloce

 

Inoltre, anche coloro che hanno sottoposto a forti critiche la globalizzazione non hanno mai sostenuto una “deglobalizzazione drastica”. Dani Rodrik, che definì il “trilemma” della globalizzazione (secondo cui è impossibile la coesistenza di “iperglobalizzazione/Stato nazionale/democrazia” e per questo bisogna ridurre l’”iperglobalizzazione” in modo da rendere compatibile la democrazia e lo Stato nazionale con un maggior ruolo regolativo di quest’ultimo), chiama «globalizzazione intelligente» quella che scaturirebbe da un tale processo di contrazione.

Delle difficoltà e insieme del furore odierno del capitalismo è testimonianza il ricorrere della parola disruption nei discorsi del duo Donald Trump/Elon Musk. La volontà di “rottura” degli equilibri e delle regole attuali è sempre all’insegna del liberismo economico e dell’iniziativa individuale. Ma, mentre Trump persegue, assieme alla deregolamentazione ambientale e della finanza, un rovesciamento delle strategie globaliste in contraddizione con i principi neoliberisti e annuncia dazi e tariffe a protezione dell’economia nazionale, Musk sposa una visione dell’innovazione demolitrice delle idee sulla concorrenza e della responsabilità verso il pubblico e un’immagine della tecnologia come surrogato dell’umano.

Il connubio Trump/Musk – oltre a riproporre l’enfasi sull’identità autoctona, il suprematismo bianco, l’ossessione fallica ipermaschilista, la deumanizzazione degli avversari descritti come carogne, parassiti, fecce – incarna la scesa in campo di una nuova “oligarchia tecnologica” al fianco dei fondamentalisti evangelici, di cui Emmanuel Todd, che è un antropologo e storico hegeliano e weberiano, dice che non hanno nulla a che fare con il protestantesimo classico perché il loro boom, oltre ad aver consentito ai suoi ispiratori di fare molti soldi, ha fatto emergere una mentalità genericamente antiscientifica e un narcisismo patologico.

«Apocalittici» e «tecno-utopisti» stringono una sorta di alleanza tecno-integralista, i primi in nome della «dottrina del ‘domininionism’» che considera dovere cristiano uniformare le istituzioni laiche all’‘ordine biblico’, i secondi in nome dello spostamento della Silicon Valley – la serpe, «ebbra di denaro e di potere», cresciuta nel seno dai democratici – su una generazione di disruptor che assieme alle fortune vertiginose hanno accumulato un senso di «onnipotenza» infinito.

Todd attribuisce un decadimento democratico, culturale, industriale all’intero Occidente, non tanto minacciato da aggressori esterni quanto afflitto da una crisi endogena, determinata dalla «completa scomparsa del substrato cristiano protestante». Come il protestantesimo aveva generato la forza economica dell’Occidente – attraverso l’alfabetizzazione delle popolazioni indotte alla lettura diretta delle Sacre Scritture e allo spirito critico e rese capaci di progredire tanto a livello tecnologico che economico – la sua scomparsa genera un nichilismo distruttivo.

La “iperglobalizzazione”, gli andamenti dell’inflazione, la finanziarizzazione sono stati per il capitalismo un modo fondamentale per contrastare la stagnazione e cercare fonti alternative di profitto mediante la repressione della forza lavoro, che era stata la promotrice delle straordinarie conquiste dei “trent’anni gloriosi” del secondo dopoguerra ispirati dalla riflessione keynesiana. Ora, di fronte alle distruzioni e al sangue della guerra, il capitalismo cerca strade diverse.

Invece che accettarne la spinta in atto verso gli armamenti, si deve tentare di agire sulle “finestre di opportunità” che si sono aperte, anche grazie a un’evoluzione tecnologica che andrebbe guidata politicamente e istituzionalmente.



Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link