«Sud hub energetico per l’Italia e l’Europa»

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Ministro Pichetto Fratin, partiamo dalla stretta attualità: l’Italia è al sicuro dopo il blocco dei flussi del gas russo via Ucraina?
«Il nostro Paese, grazie alle diversificazioni degli approvvigionamenti di gas messe in campo negli ultimi anni, si può dire ormai indipendente dal gas russo. Riteniamo di poterci definire al sicuro sulle quantità. Sotto osservazione restano le possibili oscillazioni di prezzo».

In cosa consistono le diversificazioni di cui parla?
«Diversificazione territoriale, prima di tutto. Basti pensare che, prima dell’attacco all’Ucraina, l’Italia riceveva dalla Russia circa il 40% del proprio fabbisogno di gas. Oggi ci siamo resi pressoché indipendenti da quella fornitura sostituendola con gas proveniente da Est, cioè dall’Azerbaigian, grazie al TAP, e da sud, in modo particolare da Algeria e Libia. Ma abbiamo fatto anche altro».

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Cosa?
«Stoccaggi, rigassificatori, accelerazione delle rinnovabili, idrogeno, nucleare».

Andiamo con ordine. A quanto siamo con gli stoccaggi?
«Nei mesi passati abbiamo lavorato per garantire il completo riempimento degli stoccaggi di gas al primo novembre. Ad oggi, dopo un autunno più freddo degli ultimi anni, siamo circa all’80% delle nostre capacità».

È tanto?
«In linea con le medie europee. Sebbene attualmente le scorte siano ancora ad un livello adeguato, stiamo valutando ulteriori misure quali la massimizzazione della giacenza negli stoccaggi con iniezione in controflusso e un’ulteriore sessione aggiuntiva dell’interrompibilità volontaria dei consumatori industriali, per affrontare con tranquillità la stagione invernale in corso».

E i rigassificatori quanto sono importanti?
«Sono essenziali perché danno al Paese la sicurezza di poter ricevere gas da ogni parte del mondo e ci consentono di non dipendere dai territori di origine o di transito dei gasdotti. Una garanzia di non poco conto nel panorama internazionale attuale, alle prese con numerose e complesse crisi geopolitiche. Il rigassificatore di Piombino garantisce la fornitura di cinque miliardi di metri cubi di gas l’anno. Altrettanto sarà la capacità dell’impianto di Ravenna, la cui nave si trova già in acque italiane e che, nel giro di pochi mesi, entrerà in funzione aumentando ancora di più la capacità di importazione di GNL nella nostra rete».

Ma i rigassificatori del Sud, quelli di Porto Empedocle e Gioia Tauro, si faranno?
«Il Governo li ha inseriti tra le opere definite strategiche per il Paese. Come il raddoppio della linea adriatica. Nel Piano Mattei il Mezzogiorno d’Italia sarà il centro di smistamento dell’energia verso le realtà produttive non solo del Nord Italia ma anche dell’Europa centrale».

E per quanto riguarda l’idrogeno?
«Ho firmato un accordo con Germania e Austria per l’idrogeno per una linea di 3300 chilometri che va dall’Africa alla Baviera: un corridoio ideale che vede come fulcro l’Italia del Sud. L’Italia, nel quadro delle politiche europee, riconosce nell’idrogeno una delle soluzioni fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, in coerenza con gli impegni assunti nel Piano Nazionale Integrato Energia e clima (PNIEC) al 2030 e nel Net Zero al 2050».

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Quindi anche la via dell’idrogeno passa per il Sud?
«Necessariamente, come per il gas. L’Italia, grazie alla sua posizione geografica nel Mediterraneo, ha l’opportunità di diventare un hub strategico per l’import, la produzione e l’export di idrogeno, soddisfacendo così anche parte della domanda europea di approvvigionamento di energia decarbonizzata».

Ma ci sono iniziative già in cantiere?
«A fine novembre abbiamo lanciato la Strategia Nazionale e posso annunciare che il 21 gennaio con il vicepresidente Tajani ospiteremo a Roma la ministeriale del Corridoio Sud dell’Idrogeno per la produzione di idrogeno verde in nord Africa per uso locale e in Europa».

Lei però ha parlato anche di nucleare nel nostro futuro mix energetico.
«Di fatto c’è già: ad oggi l’Italia importa energia elettrica prodotta da impianti nucleari dei paesi confinanti per quasi il 15% del proprio fabbisogno. Parliamo di energia prodotta da centrali di vecchia generazione collocate a poche centinaia di chilometri dai confini nazionali».

È il motivo per cui ha deciso di far tornare l’energia nucleare in Italia? Si tratta di un tema divisivo, non teme frenate e ostacoli?
«Il nuovo nucleare, pulito e sicuro, è un tema che non divide ma può unire i progressisti e i conservatori, la destra e la sinistra, perché è determinante per raggiungere due concetti molto importanti per entrambi gli schieramenti: gli obiettivi di decarbonizzazione così come la sicurezza energetica».

E dove saranno impiantate le centrali?
«Con i moduli nucleari di nuova generazione non ci saranno più le grandi centrali che conosciamo oggi: sarà il mercato a decidere, sarà la domanda a determinare l’offerta. Immagino che saranno i distretti industriali dei settori energivori i primi a richiederne l’adozione. Lo Stato farà da garante e da regolatore».

Di che tempi parliamo?
«Per quanto riguarda la parte legislativa italiana, presenterò la legge delega nei prossimi giorni. Sarà il mio primo atto ufficiale del 2025. Per avere invece la produzione di energia da moduli nucleari, penso ai primi anni Trenta. Le prime consegne in Canada mi dicono che siano previste per il 2029. La tecnologia corre e noi dobbiamo consentire al Paese di stare al passo con la ricerca e la sperimentazione a livello internazionale. Ricerca che, non dimentichiamolo, guidiamo come Italia dai tempi di Enrico Fermi».

Pagheremo ancora a lungo l’energia più degli altri Paesi europei?
«Entro la fine di questa legislatura contiamo di rovesciare questa condizione che mette le imprese e le famiglie italiane in una situazione di svantaggio competitivo rispetto agli altri grandi paesi europei. Abbiamo fatto quello che potevamo a livello nazionale approvando il gas release e l’energy release. Si tratta ora di trovare accordi tra economie molto diverse: la Francia che può contare sul nucleare, la Spagna su un sistema diffuso di rigassificatori, la Germania che continua a utilizzare molto carbone per la produzione di energia. Il nostro obiettivo intanto è di aumentare l’efficienza energetica dell’Italia sia con le rinnovabili sia, appunto, con il nucleare».

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Resta il problema del disaccoppiamento dei prezzi tra energia da fonti fossili e rinnovabili.
«Come Italia sosteniamo la necessità del disaccoppiamento ma non possiamo farlo da soli. Spero che la nuova Commissione spinga su questo tema. Avrà il nostro pieno appoggio».

La transizione green va rallentata?
«Ho ringraziato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che durante il suo messaggio di fine anno ha voluto richiamare l’attenzione di tutti noi sugli effetti dei cambiamenti climatici in atto. Servono azioni di mitigazione e adattamento, come quelle previste nel nostro PNACC, adottato appena un anno fa, nel dicembre del 2023. Di una cosa sono pienamente convinto: solo una transizione verde realistica e non ideologica potrà consentire al nostro Paese, all’Europa e al mondo di ottenere una transizione giusta, sostenibile, sicura e inclusiva».





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