“Paese al collasso economico, i giovani scappano dall’esercito”

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L’Ucraina di Zelensky si prepara al quarto anno di guerra in una situazione di profonda crisi economica. Si espande il fenomeno dei giovani che fuggono dall’arruolamento dell’esercito. I prezzi sono alle stelle e la povertà dilaga.

Attività nel campo profughi di Sykhiv a Leopoli

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Il quarto anno di guerra per la popolazione dell’Ucraina è iniziato come previsto, con gli attacchi dei missili russi che hanno scandito la notte di Capodanno e i primi giorni del nuovo anno. Ma il 2025 rischia di portare con sé un disastroso collasso del paese, ormai in balia dell’inflazione, della crisi economica, completamente dipendente dai prestiti degli stati europei e degli Usa, con i giovani che non rispondono al reclutamento nell’esercito, nascondendosi, e lo stesso presidente Volodomyr Zelensky che ha ammesso di non avere la forza necessaria per riconquistare i territori invasi dai russi. Mediterranea Saving Humans è una delle poche associazioni italiane che mantiene ancora un intervento di sostegno al popolo ucraino, e come dall’inizio del conflitto, negli ultimi giorni una nuova carovana di aiuti umanitari è arrivata dall’Italia nell’oblast di Leopoli, dove sono rifugiati centinaia di migliaia di profughi di guerra, scappati dalle regioni dell’Est occupate dai russi ed ospitate nei campi profughi della città più ad ovest del paese.

Il collasso economico: “Una spesa costa 150 euro e le pensioni arrivano a 50 euro”

Mediterranea Saving Humans si occupa del sostegno ai profughi di guerra da ormai quasi dall’inizio della guerra nel 2022, portando aiuti umanitari nel più grande campo profughi di Leopoli, quello di Sykhiv, e in altri campi e strutture di rifugio dei profughi, come studentati e case coloniche. Il Capodanno per Leopoli è trascorso in maniera insolita, con molti militari in congedo che hanno affollato la città, nessun fuoco d’artificio, ma tantissima gente in strada a festeggiare. Soprattutto tanti uomini, che normalmente in città si vedono di rado, visto che sono tutti al fronte.

C’è ormai la normalizzazione della guerra – spiega Damiano Censi – nessuno va più nei rifugi quando suona l’allarme, i festeggiamenti della fine dell’anno si sono svolti in uno scenario surreale, con gente che festeggiava, nonostante i continui allarmi. Quando chiediamo alle persone che assistiamo se hanno paura della situazione ci spiegano che ormai non hanno più paura di niente, non hanno più una casa, non hanno una famiglia, il futuro è una scommessa per la sopravvivenza, di cosa dovrebbero ancora avere paura? I più anziani ci dicono che vogliono solo morire“. Sembrano lontanissimi i tempi in cui, con una fierezza impareggiabile, in tanti si sentivano in guerra a prescindere dalla partecipazione diretta al conflitto. Ora è il tempo della rassegnazione, ma soprattutto della crisi economica che sembra stringere l’Ucraina in maniera mortale.

Quando siamo arrivati qui tre anni fa – continua Censi – a Leopoli andavi a cena e pagavi 6-7 euro a testa, oggi se ne pagano 15-16, il doppio. Una spesa per 10 giorni per una famiglia di 3 persone costa 150 euro, è quella che abbiamo fatto a tre donne anziane che assistiamo da quando siamo qui dall’inizio della guerra, vivono in una piccola casa a Brukovichi a nord di Leopoli. Mai pagato così tanto. Oggi ad una delle nostre collaboratrici che ci fa da interprete, è arrivata la pensione, è l’equivalente di 50 euro. Una pensione ‘ricca’ può arrivare al massimo di 200 euro. Come si va a vivere in queste condizioni?“. La normalizzazione del conflitto accompagnata dalla crisi economica produce uno stato di rassegnazione e depressione senza precedenti.

Nei campi profughi la situazione è ancora peggiore. Nelle case prefabbricate donate dalla cooperazione internazionale, ormai ci sono gli arredi, gli orologi ai muri, la dimensione da alloggio provvisorio ha lasciato spazio ad una condizione di drammatica stabilità. Più che profughi queste persone sono da considerare come nuovi poveri. “C’è chi ha perso tutta la famiglia in guerra, chi non ha più nemmeno una casa nella regione da dove viene, c’è chi è cosciente che a casa sua non ci tornerà più, sono tutte storie che ti raccontano i profughi, ed a queste storie si aggiunge la stanchezza di non avere soldi e non avere prospettiva“.

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Il piazzale del cimitero di Lychakiv a Leopoli dove sono sepolti i militari caduti in guerra

Il piazzale del cimitero di Lychakiv a Leopoli dove sono sepolti i militari caduti in guerra

I giovani scappano dall’esercito: “Si nascondono, hanno paura di morire”

Il fenomeno che sta dilagando sempre di più è quello dei giovani, spesso giovanissimi, che non rispondono alla chiamata dell’esercito e si nascondono per sfuggire all’arruolamento forzato. Sembrano lontanissimi i tempi in cui “Slava Ukraini“, “Gloria agli Ucraini”, rimbombava in ogni via ed in ogni città. Oggi i ragazzi sono consapevoli che andare in guerra significa avere poche possibilità di tornare a casa, se non in una bara.

Il cimitero di Lychakiv è la fotografia di questa situazione drammatica. Il piazzale davanti al cimitero, che viene utilizzato da 3 anni per seppellire i militari morti, è diventato una distesa gigantesca di croci e tombe. All’inizio erano poche decine, ora la distesa di morti si estende per tutto il piazzale. Un’immagine impressionante. “I ragazzi sanno che rispondere all’arruolamento significa morire – spiega l’attivista italiano di Mediterranea Saving Humans – al momento il governo non è in grado di fare i controlli casa per casa, perché non c’è personale, sono tutti al fronte. Quindi quando arriva la ‘cartolina’ di arruolamento a casa, non si risponde e ci si nasconde. Prima quando arrivava la chiamata alle armi era un orgoglio, oggi le famiglie la percepiscono come una disgrazia, e sono disposti a pagare tutto quello che c’è da pagare pur di tenere in vita i loro figli. Questo però genera anche delle situazioni grottesche, se litighi con un funzionario pubblico che sa che hai dei figli in età arruolabile, allora rischi che ti manda un militare a casa a prendere tuo figlio. È una situazione agghiacciante“.

Si vive quindi in una situazione di incertezza perenne, non sai mai cosa ti riserverà il giorno dopo. Si moltiplicano intanto le collette e le richieste di fondi per comprare giubbotti antiproiettile, tute, elmetti, anche addirittura macchine, per chi riceve la chiamata nell’esercito. “C’è una sorta di sfiducia nell’organizzazione dell’esercito in questo momento, ci sono sempre state le raccolte per comprare droni o materiale per l’esercito, ma ora si sono moltiplicate, ed il fatto che si faccia ricorso alla solidarietà per comprare protezioni o abbigliamento militare la dice lunga su come è lo stato dell’arte“.

Intanto se non si risponde alla chiamata di arruolamento vengono bloccati i conti correnti, non si può più lavorare, insomma si determina un isolamento sociale ma anche economico, il tutto inserito in un quadro di collasso economico dell’intero paese. “L’Ucraina è di fatto in bancarotta – dice Censi – non è una bancarotta dichiarata perché è in guerra e sopravvive grazie ai prestiti internazionali. Ma questi aiuti economici sono appunto dei prestiti, l’Ucraina si sta indebitando con gli Usa ed i paesi europei praticamente per sempre“.

Consegna di aiuti umanitari da parte degli attivisti di Mediterranea Saving Humans

Consegna di aiuti umanitari da parte degli attivisti di Mediterranea Saving Humans

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Sant’Egidio: “Tutti hanno un morto o un ferito in famiglia”

La comunità di Sant’Egidio è tra le organizzazioni più attive nel sostegno ai profughi di guerra e alla popolazione sfollata dalle regioni dell’Est. Attraverso le loro attività di distribuzione del cibo, di aiuti materiali, ma anche di attività ricreative e formative, hanno senza dubbio il polso di quello che sta avvenendo nelle città ucraine. “La situazione è sempre più difficile – spiega a Fanpage.it Yura Lifanse, responsabile della comunità di Sant’Egidio in Ucraina – molti profughi si sono integrati, ma tanti bambini non vanno a scuola, tante persone non lavorano. Poi sono diminuiti gli aiuti internazionali e sono finiti gli aiuti dello Stato, prima erano per tutti i profughi, ora i sussidi statali vanno solo alle categorie fragili“.

Una situazione di impoverimento progressivo quindi, che si abbina a uno stato d’animo delle persone rifugiate sempre più cupo. Ma non solo i rifugiati, anche i residenti. “Tutti hanno un ferito, un disperso, un morto, una persona che ha perso la casa in famiglia – sottolinea Lifanse – ci sono tanti feriti, tanti anche mutilati, che sono oggi a Leopoli il cui futuro è assolutamente incerto. Non potranno lavorare di certo“.

Anche dal punto di vista del reclutamento di massa l’esponente di Sant’Egidio ci descrive l’impatto devastante del fenomeno. “Ci sono sempre più persone chiamate al fronte, e sempre più giovani, questo è un rischio grandissimo. In comunità abbiamo molte persone che hanno figli al fronte o che sono caduti in guerra” spiega. Senza la solidarietà internazionale il collasso totale sarebbe già avvenuto. È grazie agli sforzi delle organizzazioni laiche e cattoliche che operano principalmente a sostegno dei profughi di guerra che la caduta della tenuta sociale in Ucraina è stata rallentata.

Il programma di aiuti di Sant’Egidio però prosegue, ad oggi abbiamo fatto 160 carichi di aiuti umanitari, per un valore complessivo di 30 milioni di euro, abbiamo dato da mangiare a mezzo milione di persone e fornito medicine a 2 milioni di ucraini. Facciamo di tutto per continuare a stare vicino al popolo ucraino” racconta Lifanse. Ma i contributi che arrivano dall’estero, sotto la forma degli aiuti umanitari sono sempre di meno.

A Roma quest’anno si terrà la conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, un paese che ha già debiti con paesi terzi per i prossimi due o tre decenni. Difficile immaginare che l’attenzione degli interessi economici internazionali vada nella direzione del sostegno alla popolazione civile piuttosto che alla possibilità di fare grandi affari a basso costo sulle infrastrutture strategiche del paese e sull’intera economia ucraina. A pagare il prezzo più alto, ancora una volta, saranno le persone.

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