Più che dimezzati. Crollano gli sbarchi di migranti sulle coste italiane: nel 2024, gli arrivi nel nostro Paese attraverso la rotta del Mediterraneo centrale si sono fermati a quota 66.615, contro gli oltre 157mila dell’anno precedente. In pratica, il 58% in meno in dodici mesi. È il bilancio contenuto nell’ultimo cruscotto statistico diffuso dal Viminale, che presenta i dati consolidati dell’anno appena chiuso. E i numeri scattano una fotografia positiva, per il ministero guidato da Matteo Piantedosi. Perché il calo si registra non soltanto confrontando i numeri del 2024 con quelli del 2023 (un anno record in fatto di sbarchi, superato soltanto dai picchi di arrivi via mare del 2014 e del 2016), ma anche in relazione al 2022, quando ad approdare sulle coste italiane furono poco più di 105mila persone. Il 38% in più rispetto all’anno appena trascorso, chiuso sui livelli del 2021.
I DISPERSI
Crolla, di pari passo, anche il numero dei minori non accompagnati sbarcati: 14mila nel 2022, quasi 19mila l’anno seguente, 8.043 nel 2024. Al governo, insomma, è forte la convinzione che «la strada intrapresa è quella giusta: fermare le partenze – ripetono fonti dell’esecutivo – è l’unico modo per contrastare i trafficanti di esseri umani e ridurre le morti in mare». Su quest’ultimo fronte, però, il quadro resta a tinte fosche. A lanciare l’allarme è l’Unicef, secondo cui negli scorsi dodici mesi il bilancio delle vittime nel Mediterraneo ha toccato quota 2.279 dispersi. Ancora più dei 2.271 registrati a fine 2023. E in un caso su cinque, denuncia ancora l’organizzazione delle Nazioni unite per la protezione dell’infanzia, si tratta di bambine e bambini. L’ultimo caso la notte di Capodanno, quando un barchino che trasportava una trentina di migranti è affondato a largo di Lampedusa. Più di venti i dispersi, tra cui donne e bambini, soltanto sette i sopravvissuti. La rotta del Mediterraneo centrale resta la più pericolosa: secondo i dati (al ribasso) raccolti dal progetto Missing migrants dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, quasi 8 dispersi su 10 hanno perso la vita proprio nella rotta dall’Africa settentrionale al Sud dell’Europa e in particolare all’Italia: 1.695 persone. Altri 172, invece, sono morti cercando di raggiungere la Grecia o Cipro da Medio Oriente e Turchia, mentre in 412 sono risultati dispersi sulla rotta del Mediterraneo occidentale, ossia dal Marocco alla Spagna. Una tratta che è letteralmente esplosa nei mesi scorsi, dopo che i governi di Tunisia e Libia hanno messo un freno alle partenze.
Ed è proprio su questo fronte, il calo dei viaggi della speranza da Tunisia e Libia dopo gli accordi e il lavorìo diplomatico tessuto da Italia e Ue, che al Viminale guardano con soddisfazione. Perché secondo i numeri del ministero dell’Interno, negli ultimi due anni i due Paesi del Nordafrica sono riusciti a bloccare 192.500 partenze, che solo dalla Tunisia sono crollate infatti di quasi il 60% (18mila arrivi nel 2022, 7mila nel 2024). Numero a cui vanno aggiunti i quasi 22mila rimpatri volontari effettuati in collaborazione con l’Oim, ossia quelli di chi torna nel proprio Paese d’origine prima ancora di imbarcarsi. Ma – spiegano ancora dal Viminale – crescono anche i rimpatri effettuati dall’Italia: al 25 dicembre erano circa 5.400, in aumento del 16% rispetto all’anno prima (e, viene fatto notare, «in costante crescita dal 2022»). Numeri, quegli degli sbarchi, che l’esecutivo confida diminuiranno ancora, anche per l’effetto deterrenza del progetto degli hotspot albanesi.
MODELLO ALBANIA
I due centri a Gjader e Shengjin per il momento restano vuoti, anche per via dei bassi numeri degli sbarchi delle ultime settimane. Ma il piano «rimane operativo»: l’intenzione è quella di far ripartire i trasferimenti di chi proviene da Paesi considerati «sicuri» appena si renderà necessario. Del resto proprio ieri Giorgia Meloni è tornata a difendere il protocollo albanese dalle colonne di Sette: «Una soluzione molto innovativa» che «sta facendo scuola in Europa e non solo», le parole della premier, perché «può infliggere un colpo mortale alle organizzazioni criminali che speculano sui migranti per ingrassare i loro profitti». Un piano su cui Palazzo Chigi ha registrato l’interesse del premier britannico Keir Starmer. Con il quale, ha sottolineato Meloni, «siamo d’accordo che bisogna intensificare la lotta ai trafficanti, lavorare ad una maggiore cooperazione tra le nostre forze di polizia, rafforzare l’impegno sui rimpatri volontari assistiti e non aver timore di esplorare anche soluzioni innovative, come il protocollo con l’Albania».
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