La spesa per le armi continua ad aumentare

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Il difficile percorso verso un processo di disarmo globale

Papa Francesco, in previsione della 58ª Giornata mondiale della pace (1 gennaio 2025), ha rilasciato un messaggio dal titolo «Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace». Il Pontefice invita a riflettere sulla giustizia divina e sull’impegno individuale e collettivo per risolvere le ingiustizie e i mali che affliggono il mondo.
Nel messaggio si fa riferimento in maniera particolare, «alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare».
L’auspicio del Santo Padre è che il 2025, anno del Giubileo, porti una pace duratura che «non si ferma ai cavilli dei contratti o ai tavoli dei compromessi umani». Augurio che coincide con l’allarme lanciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, in occasione dell’incontro per gli auguri natalizi con il Corpo Diplomatico, ha dichiarato come «rilevazioni recenti fanno registrare ben 56 conflitti in atto – il numero più alto dal tempo della Seconda guerra mondiale – in un contesto di deterioramento generalizzato delle condizioni di sicurezza».
Il messaggio del Pontefice rilancia anche il tema del disarmo, «il disarmo del cuore è un gesto che coinvolge tutti, dai primi agli ultimi, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri». Tale richiamo non si limita alle parole ma va oltre: utilizzare una percentuale del denaro impiegato negli armamenti per creare un fondo mondiale per eliminare la fame, per l’educazione nei paesi poveri e lo sviluppo sostenibile per contrastare il cambiamento climatico.
Il tema del disarmo, come strumento per limitare le risorse destinate allo sviluppo e alla produzione di nuovi sistemi d’arma, ha le sue origini storiche nelle Convenzioni Navali di Washington del 1922. Tale trattato mirava a ridurre il riarmo navale, memori di come la costruzione della flotta imperiale tedesca e, il conseguente rafforzamento di quella inglese, fosse tra le cause della Prima guerra mondiale.
Da allora il tema del disarmo è diventato oggetto di dibattito pubblico, attraverso campagne di sensibilizzazione e dibattiti, oltre che come parte del sistema di regole internazionali che regolano il sistema internazionale mediante trattati sulla limitazione degli armamenti, sia nucleari che convenzionali.
Secondo i dati del Sipri, nel 2023 la spesa militare globale stimata è aumentata 6,8% su base annuale superando i 2,4 trilioni di dollari: è il nono anno di crescita consecutivo e l’aumento maggiore dal 2009. I governi stanno stanziano una media del 6,9% dei loro bilanci per le forze armate, 306 dollari a persona. Le spese militari stimate sono aumentate in tutte e cinque le regioni geografiche per la prima volta dal 2009, a causa del conflitto russo-ucraino e della cornice di sicurezza globale.
Questi dati evidenziano come il settore produttivo delle armi rappresenti oggi un mercato in crescita. Tale crescita arricchisce molteplici attori che, non sono limitati ai soli gruppi industriali direttamente coinvolti: ci sono le imprese dell’indotto, gli investitori finanziari, gli stati mediante le imposte e senza tralasciare gli addetti alla produzione di ogni genere e grado.
Storicamente, la produzione di sistemi d’arma serviva a garantire la sicurezza dello Stato, approccio che si è poi modificato nel corso dei secoli con l’evoluzione del commercio globale, rendendo le armi parte integrante dello scambio di beni. In questa prospettiva, è diventata centrale la figura del trafficante d’armi che opera in proprio o a volte come agente di uno stato, come rappresentato in pellicole cinematografiche come «Lord of War».
Le ricadute negative e in certi casi distruttive della produzione e del commercio di armi, sono le distruzioni materiali e le perdite umane dei numerosi conflitti che ancora oggi scuotono il mondo in cui viviamo.
Partendo da questo dato è comprensibile come da vasti settori dell’opinione pubblica si chieda una riduzione unilaterale degli stanziamenti per lo sviluppo e l’acquisto di armi, oltre a una riduzione sempre unilaterale delle strutture militari esistenti per risparmiare fondi da investire altrove.
Tuttavia, come ha suggerito il messaggio di papa Francesco, serve un approccio collettivo e condiviso al problema che garantisca una soluzione giusta e duratura della questione, a vantaggio della pace, della stabilità e dello sviluppo sostenibile del mondo.
Infatti, un vecchio canone politico avverte che la forza di uno stato è data da due elementi, la forza militare e la solidità finanziaria, due termini in un certo senso antitetici: ossia, c’è un limite oltre il quale gli armamenti non possono essere spinti, senza compromettere la prosperità economica e viceversa.
Va però ricordato, che uno stato non ha piena libertà di scelta. Esso deve tener conto delle forze degli altri Stati. In tal modo il problema del disarmo assume un aspetto internazionale, in quanto non può che essere risolto mediante accordi tra governi e all’interno di una cornice di garanzie comuni stabilite dalla struttura del sistema internazionale.
Il disarmo unilaterale, quando non sia preceduto o accompagnato da garanzie di sicurezza, non sopprime le guerre, la storia dell’umanità lo prova. Affinché praticamente la garanzia funzioni, occorre che nessuno stato disponga di armamenti tali da tenere sotto scacco le forze riunite della collettività internazionale. In caso contrario, la difesa dell’aggredito costituisce un’operazione impossibile o eccessivamente rischiosa.
Il disarmo non può essere quindi unilaterale ma, parte di un processo condiviso e reciproco, basato su mutue garanzie di sicurezza. La pressione perché simili processi vengano portati avanti deve essere pertanto esercitata su tutte le parti in causa, nel rispetto delle rispettive istanze e percezioni.



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