ANCONA Per la sanità è la vertigine di una parete in verticale. Il 2025 si apre nel caos. Sospeso, dal Tar, anzi no: è il tira e molla del decreto tariffe, con cui il ministero della Salute indica i rimborsi per medici e operatori sanitari che eseguono visite specialistiche, test diagnostici, o impiantano protesi. Vale per il pubblico, non esclude il privato accreditato, quel documento che, in attesa di rinnovo dal 1996, aggiorna oltre 4.000 voci. Adottato lo scorso 26 novembre, pubblicato in gazzetta ufficiale il 27 dicembre, il 30 è stato bloccato dal Tribunale amministrativo, che ha revocato la decisione il giorno seguente. Sarà necessario arrivare al 28 gennaio per conoscere se e quali modifiche passeranno. Nell’attesa, in mezzo al guado burocratico che s’è generato ci sono cittadini, esigenze di salute. Disagi sulla pelle viva in molte regioni, nelle quali sono saltate prenotazione di esami e analisi. Il caos.
Il fuoco
Schiva l’indeterminatezza di quel limbo e sfrutta il vigore di una metafora, Massimo Magi. «È come mettere un coperchio su una pentola che bolle senza spegnere il fuoco». La fiamma che arde, per il presidente nazionale del Nusa, costola dedicata allo sviluppo e alla promozione della diagnostica e della digitalizzazione della Fimmg, l’associazione che rappresenta i medici di medicina generale, sono le liste d’attesa. Nessun salto logico o un andar fuori tema, il suo, ma un procede per macro-insiemi, integrati. «Questo decreto – spiega – non le depotenzia, poiché continua ad alimentare il criterio ospedalocentrico o delle strutture convenzionate. Remunera e valorizza un meccanismo che rimane lo stesso. Una lotta di retroguardia. Garantisce coperture là dove si genera la congestione, il secondo livello, trascurando le potenzialità del primo, quello territoriale, di cui noi medici di medicina generale siamo le sentinelle».
L’elenco
Chiarisce l’amarezza di un’occasione perduta: «Potremmo garantire le prestazioni più semplici, che ingolfano il sistema». Scorre l’elenco: holter pressorio, quello cardiaco, glicemia, creatinina, azotemia, elettrocardiogramma, radiografie. «Potremmo, con il nostro contributo – insiste – alleggerire del 30% le attese». Un tempo lungo, troppo, che alimenta la cifra della vergogna: nel 2023 quasi 4,5 milioni di persone hanno rinunciato alle cure. Classifica il tutto, Magi, alla voce «mancanza di visione». Parla a nome d’una categoria, la sua, che si dirada negli anni: «Siamo 958 contro i 1.207 del 2012». Torna a battere i percorsi accidentati del contesto nazionale: «Pensare che esiste una legge, approvata, che prevede 235 milioni a disposizione delle Regioni per acquistare dispositivi a favore della medicina territoriale. È ferma lì, con tutte le sue risorse». Ripropone l’immagine di coperchio&pentola, la converte sul campo: «Sei mesi per fare un elettrocardiogramma o una spirometria, magari a 100 chilometri da casa. Nei nostri studi sarebbe sufficiente mezz’ora».
Le acque si placano alla coordinata Azienda ospedaliero-universitaria delle Marche. Dal fronte di Torrette Claudio Martini, da direttore sanitario, smussa gli spigoli: «Eravamo pronti ad affrontare la novità, ci stavamo preparando da settimane. Siamo in linea con le decisioni del governo, non abbiamo registrato situazioni di difficoltà. Ho parlato anche questa mattina (ieri, ndr) con il direttore del laboratorio e mi ha assicurato che è tutto tranquillo». Telegrafico, resetta.
La spina
La calma piatta dura un battito d’ali. Riaccende special&polemiche Stefania Pellei. Niente orpelli per la segretaria regionale di Federbiologi, che rappresenta una parte dei 50 Lab privati convenzionati. Punta dritta al nucleo: «Sono state inserire nuove tipologie di analisi, specie quelle genetiche. Per alcune sono stati dimezzati i rimborsi, senza tener conto che in questi vent’anni sono aumentati i costi dell’energia e dei reagenti. Le nuove tariffe non coprono le spese». La sintesi è l’ennesima spina della sanità: «Alcuni esami verranno eliminati, non riusciremo a garantirli e questo vale anche per i laboratori ospedalieri». Accenna alla nota meno stonata: «Noi siamo una regione senza piano di rientro, con i conti in ordine, quindi abbiamo la possibilità di intervenire con ritocchi a livello locale. Abbiamo già incontrato il governatore Acquaroli, si è dimostrato disponibile. La priorità tuttavia è il passaggio al Tar del 28 gennaio. Vedremo». Si affida alle cifre. «In Lombardia è stata calcolata una contrazione di un miliardo. Per noi saranno necessari due, tre mesi per contabilizzare le conseguenze». Il guado.
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