in Sicilia il 20 per cento delle strutture non è ancora in regola

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In Sicilia il 20 per cento delle strutture ricettive per gli affitti brevi non è in regola con il Codice identificativo nazionale (Cin). Si tratta di un numero, introdotto dal governo, per mappare gli immobili che vengono messi in affitto, per un massimo di 30 giorni, sulle varie piattaforme online e non solo. Tutte le strutture che hanno chiesto e ottenuto il Cin vengono poi inserite in una banca dati nazionale, che a livello centrale viene gestita dal ministero del Turismo, retto dalla ministra Daniela Santanchè. La scadenza per richiedere il Cin era stata prorogata all’1 gennaio 2025, mentre il termine iniziale era stato fissato per l’1 settembre del 2024. Una volta ottenuto il Cin, per le persone che possiedono degli immobili c’è l’obbligo di esporre il numero identificato sia all’interno che all’esterno della struttura, così da dare la possibilità agli ospiti di verificare la corrispondenza del codice nella banca dati. Per chi non rispetta questa disposizione sono previste sanzioni da 800 a ottomila euro. L’obiettivo finale dichiarato è quello di contrastare il dilagante fenomeno dell’abusivismo.

Secondo i dati presenti sulla banca dati del ministero del Turismo, in Sicilia sono stati rilasciati 35.462 codici identificativi, pari al 79,85 per cento delle strutture totali. La provincia con il più alto numero di strutture abusive è quella di Siracusa, con quasi il 25 per cento di immobili non censiti. A Ragusa e provincia hanno ottenuto il Cin il 77,09 per cento delle strutture. Quasi il dato relativo alla provincia di Trapani, con il 76,72 per cento. La percentuale sale in quella di Messina e in quella di Agrigento. Nella prima il 79,98 per cento degli affitti brevi è in regola, mentre nella seconda si arriva al 79,77 per cento. In provincia di Caltanissetta la percentuale è dell’82,52 per cento. Un capitolo a parte è quello relativo alle province relative alle due città più grandi: Palermo e Catania. Nella prima le strutture registrate sono l’83,15 per cento, pari a 8755 immobili, mentre nella seconda la percentuale scende all’82,29 per cento, pari a 5458 strutture. La provincia con la percentuale più alta è quella di Enna, che arriva al 96,71 per cento di immobili registrati.

A livello nazionale la percentuale di strutture registrate è del 79,05 per cento, pari a 451.840. Tra le Regioni quelle messe meglio sono la Valle d’Aosta – 90,12 per cento di strutture registrate – la provincia autonoma di Bolzano – 93,10 per cento – e la Basilicata, che ha la percentuale più alta: il 93,41 per cento. Per ottenere il Cin bisogna rispettare alcune norme di sicurezza e fornire dei dati a livello catastale. Per gli affitti brevi, in forma imprenditoriale e non, è stato introdotto per esempio l’obbligo di munire le strutture di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e monossido di carbonio funzionanti, nonché di estintori portatili a norma di legge. Nei giorni scorsi proprio nell’Isola – a Cefalù in provincia di Palermo – un turista tedesco di 36 anni è morto intossicato e altre tre persone sono rimaste ferite. La comitiva era ospite di una residenza turistica.

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In Sicilia prima del Cin era stato introdotto, a livello regionale, il Cir, acronimo di Codice identificativo regionale. Anche in questo caso l’obiettivo è quello di mappare le strutture ricettive – non solo quelle legate agli affitti brevi – per evitare il diffuso fenomeno dell’abusivismo. Il provvedimento si applica infatti a tutti: agriturismi, alberghi diffusi, ma anche agli alloggi per uso turistico in affitto per brevi periodi, comprese le tanto in voga case vacanza. A livello locale è stata quindi creata una banca dati per la gestione dei flussi turistici chiamata Turist@t. Le persone proprietarie delle strutture hanno l’obbligo di registrare i visitatori per fini statistici, e il mancato adempimento può comportare una sanzione da 500 a cinquemila euro. Chi si occupa di ospitalità è anche tenuto a registrare gli ospiti su Alloggiati Web, il portale del ministero dell’Interno, e sui vari gestionali dei Comuni nei quali viene applicata la tassa di soggiorno.

Negli ultimi mesi, con una chiara volontà politica da parte del governo Meloni, sono stati applicati altri obblighi per chi si occupa di affitti brevi. Una circolare del ministero dell’Interno ha vietato il check-in a distanza tramite le key-box, ossia i contenitori che si sbloccano con un codice, al cui interno i proprietari lasciano le chiavi degli appartamenti. In alcune città, come Firenze, dal 2025 le key-box sono vietate negli edifici che si trovano nell’area Unesco del centro storico. Tra il 27 e il 28 dicembre 2024 in cinque città italiane è stata fatta una protesta contro le cassette che contengono le chiavi. Secondo alcuni attivisti e diverse associazioni, b&b e case vacanza sono il simbolo della crisi abitativa e una delle cause della mancanza di alloggi per le persone residenti. Una protesta che non riguarda solo l’Italia, ma anche il resto d’Europa. Emblematico il caso di Barcellona. Nella città spagnola è stata annunciata l’intenzione di vietare tutti gli appartamenti turistici entro novembre 2028





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