Voi siete figli del diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui. Quando dice il falso, parla di quel che è suo, perché è bugiardo e padre della menzogna.
Giovanni 8, 44
Nell’immaginario collettivo il diavolo è un essere ripugnante. Ha il colore del sangue e le corna, brandisce il forcone e puzza di zolfo. Nel mondo reale, invece, oggi indossa la giacca e la cravatta, forse per questo non lo riconosciamo come tale. “Il diavolo è nei dettagli” recita un vecchio proverbio inglese. Si nasconde dietro nobili parvenze, dissimula la sua presenza e la sua azione esercitando l’inganno e la menzogna. Il diavolo è subdolo, non si palesa, non ama la luce del sole. Componendo l’etimo del termine diabàllo, colui che divide, con la locuzione latina che sintetizza la strategia sociopolitica per eccellenza, divide et impera, rimangono pochi dubbi su chi sia “il Re del mondo”. Quello che, secondo Franco Battiato, “ci tiene prigioniero il cuore”.
L’immagine che più mi è rimasta impressa durante la pandemia non è la sfilata dei mezzi militari che trasportavano le bare di Bergamo. È piuttosto l’immagine dei giornalisti che applaudono Mario Draghi durante le sue surreali conferenze stampa. È l’immagine di coloro i quali, anziché fare il loro mestiere, che è quello di smascherare la menzogna, la celebrano e con ciò la suggellano. A quattro anni di distanza, la frattura sociale provocata da questo cortocircuito deontologico è ancora scomposta e dolorante, come i recenti rigurgiti hanno dimostrato. L’emissario di colui che divide et impera è venuto a fare il lavoro sporco, quello che altri non sarebbero stati in grado di fare con tanta disinvoltura. Poi se ne è tornato a servire la fonte del suo potere in sedi più discrete.
L’aspetto che più mi colpisce del conflitto in Ucraina è la vocazione distruttiva dei suoi promotori, cioè del cosiddetto “deep state” statunitense, che detiene le redini della Casa Bianca e, guarda caso, annovera tra la sue fila – oltre a “big pharma” – i grandi armaioli a stelle e strisce. Mentre i comuni mortali sono terrorizzati dal rischio sempre più concreto di un conflitto nucleare globale, questi servitori di Satana – la fonte da cui traggono il loro potere – si adoperano a sobillare e provocare per condurci nell’inferno rovente delle radiazioni gamma, e in quello gelido dell’inverno nucleare. Il diavolo non teme la sofferenza e la distruzione, perché se ne nutre.
Mentre i media occidentali si trastullano con i cavilli che distinguono la pulizia etnica dal genocidio, i bambini palestinesi muoiono di sofferenze indicibili perché i loro arti maciullati vengono amputati senza anestesia. I sei milioni di ebrei sterminati dai tedeschi non sono tanti, sono troppi. Ma non sono troppi anche le decine – o centinaia? – di migliaia di palestinesi massacrati, affamati, assetati e ammalati dagli israeliani? O è forse l’ordine di grandezza del numero dei morti a fare la differenza, a offrire la sponda dalla quale continuare a mentire? Che il diavolo sia nell’aria, che sia lo spirito del nostro tempo, mi pare chiaro. Meno evidente è che cosa lo renda così potente.
La menzogna ha un potere enorme. A parità di bravura, tra due giocatori di scacchi vince chi bara, perché il baro può fare delle mosse che al giocatore onesto sono precluse. Per questo, precisamente per questo, al vertice del potere troviamo sistematicamente persone false e corrotte. L’onestà e la rettitudine sono dei perdenti. Per costruire un castello di carte – qui assunto a metafora della comunità – sono richieste le migliori virtù: visione, equilibrio, pazienza. Per distruggerlo basta l’intervento scomposto un idiota goffo e maldestro. Costruire, unire, è molto più difficile che distruggere, dividere. Per questo chi serve il diavolo, chi ha venduto l’anima alla menzogna, è così potente: ha il vento in poppa e la corrente a favore.
La salute e l’istruzione sono i settori strategici di ogni società che voglia dirsi civile e avere un futuro. La privatizzazione della sanità, e l’aziendalizzazione della scuola, sono obiettivi che in Italia vengono perseguiti da almeno vent’anni, un arco temporale che ha visto alternarsi governi di destra e di sinistra. Risulta quindi del tutto evidente che queste tendenze non hanno una matrice politica, proprio perché si sono manifestate indipendentemente dall’orientamento politico dei loro esecutori. Sono invece promosse da forze sovranazionali distruttive e divisive, che concedono i poteri istituzionali nazionali a chi – e nella misura in cui – è disposto a compiacerle e assecondarle.
La menzogna ha un potere divisivo che si esercita su due livelli. A livello superficiale divide chi ci crede da chi la riconosce come tale. Un esempio lampante è la menzogna dispensata a reti unificate durante la pandemia. Nel D.L. 44 del 2021, che ha introdotto l’obbligo vaccinale per alcune categorie di lavoratori, si legge che questa misura è necessaria alla “prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2“, mentre sul foglio illustrativo del vaccino approvato da AIFA nel 2021 si legge che il farmaco è indicato per la” prevenzione di COVID-19, malattia causata dal virus SARS-CoV-2“. In buona sostanza, l’obbligo vaccinale è stato introdotto attribuendo al farmaco proprietà farmacologiche che non risultano dal suo foglio illustrativo. La menzogna è evidente: il vaccino non previene la causa (l’infezione da SARS-CoV-2, il virus), come affermato dalla legge, ma l’effetto (i sintomi da COVID-19, la malattia), come dichiarato dal foglio illustrativo. Solo sulla base di questa menzogna si è potuto rendere obbligatoria la vaccinazione. E questa menzogna ha diviso la popolazione, così come hanno fatto le menzogne sulla guerra in Ucraina e in Palestina.
A un livello più profondo la menzogna è divisiva in quanto ci allontana dal vero, falsifica la “mappa” che utilizziamo per muoverci nel “territorio”, manomette la bussola alla quale ci affidiamo per orientarci nel mondo. C’è una menzogna che più delle altre ci ha presi per mano e ci sta conducendo sulla strada che porta all’inferno, notoriamente lastricata di buone intenzioni. È la menzogna più divisiva che sia mai stata pronunciata, e in seno alla quale le menzogne minori – come quelle sopra accennate – hanno trovato terreno fertile. È la menzogna biblica della creazione. In questo falso storico, in questo “dettaglio”, il diavolo alberga e opera più che in ogni altro. La sofferenza e la distruzione che questa idea malsana ha ingenerato è senza uguali.
La Natura è stata creata da qualcosa di Sovrannaturale? Oppure è ingenerata e imperitura, e basta a sé stessa? Se adottiamo una visione antropocentrica, se cioè assumiamo come sistema di riferimento la nostra insignificante – nell’economia dell’universo – vita individuale, tendiamo a proiettare la nostra nascita, la nostra vita e la nostra morte su tutto il resto. “Chi ha un martello in testa vede chiodi dappertutto” diceva Mark Twain. Se invece allarghiamo un poco i nostri orizzonti, se ci rendiamo conto che non siamo il centro del mondo, che siamo manifestazioni effimere dell’Essere, una sorta di muffa cresciuta su un granello di polvere cosmica che orbita attorno a una stella come ce ne sono tante altre nella nostra galassia, che a sua volta è una delle tante nell’universo visibile, allora la prospettiva cambia.
Le civiltà antiche, tanto in Grecia quanto in Oriente e nelle Americhe, avevano una concezione ciclica del tempo. Del resto, un uomo la cui mente non sia stata inquinata da idee malsane, osservando il ciclo delle nascite e delle morti, il susseguirsi delle stagioni, i moti planetari, non può che sviluppare una concezione ciclica del tempo.
Si potrebbe obiettare che, secondo la scienza, il tempo naturale non è ciclico: si pensi alla teoria del Big Bang, o al secondo principio della termodinamica. L’obiezione non può essere accolta. Non tutti i fisici concordano sul fatto che il “Big Bang” abbia segnato l’inizio dell’universo. Alcuni lo interpretano come fase singolare di un processo ciclico (si consideri, per esempio, la “cosmologia ciclica conforme” di Roger Penrose). Del resto, l’idea che l’universo abbia avuto un “inizio”, prima del quale non ha senso chiedersi che cosa ci sia stato, né perché ciò sia avvenuto, è difficilmente sostenibile, per non dire patologica. Per quello che può valere il mio parere, l’idea del “Big Bang” come “inizio” altro non è che un retaggio del creazionismo biblico, cioè un’idea malata di antropocentrismo. Anche l’aumento dell’entropia sancito dal secondo principio della termodinamica potrebbe soffrire dello stesso male. Tutto sommato, da quando Sadi Carnot e Rudolf Clausius hanno introdotto il concetto di entropia, sono passati due secoli, cioè una frazione infinitesimale del tempo cosmico. Per quanto ne sappiamo, l’aumento dell’entropia potrebbe essere una prerogativa della fase del ciclo cosmico che inscrive la nostra esistenza. Possiamo escludere fasi cosmologiche in cui l’entropia diminuisce, e che potrebbero anche essere incompatibili con la vita come la conosciamo? Non direi. Infine, le equazioni della fisica fondamentale mantengono la stessa forma invertendo il segno del tempo. La cosiddetta “freccia del tempo” non sussiste a livello microfisico.
Con l’avvento dei monoteismi di matrice biblica, e in particolare con l’insinuarsi dell’idea aberrante di “creazione”, il tempo dell’uomo è diventato lineare, e con ciò si è congedato dal tempo naturale. Questa cesura, questa divisione, è quanto di più diabolico si possa immaginare. Per rendersene conto, si pensi anche solamente al capitalismo, e alle sue ricadute nefaste in termini sociali e ambientali: una civiltà che abbia una concezione autenticamente ciclica del tempo, potrebbe mai concepire un’economia capitalistica, cioè un’economia strutturalmente incrementale? No, per la semplice ragione che il tempo naturale, cioè il tempo ciclico, è incompatibile con quelle che i matematici chiamano “funzioni monotone”, cioè con funzioni che continuano a crescere (o a diminuire), e l’esponenziale positivo che descrive la relazione tra capitale e interesse è una di queste. La matrice diabolica del capitalismo è ben espressa da Anselm Jappe: «Per trasformare ogni somma di denaro in una somma più grande, il capitalismo consuma il mondo intero – sul piano sociale, ecologico, estetico, etico. Dietro la merce e il suo feticismo si nasconde una vera e propria pulsione di morte, una tendenza, incosciente ma potente, verso l’annientamento del mondo».
Il carattere diabolico, divisivo, dell’idea di creazione è rinforzato da un altro passo del Vecchio Testamento. “Crescete e moltiplicatevi, riempite la terra e rendetevela soggetta, e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra” (Genesi 1,26-31). L’idea di dominio è diabolica proprio perché divide gli esseri in dominanti e dominati. È un’idea che approfondisce la divisione tra l’uomo e il suo prossimo. Quando questa divisione viene interiorizzata e naturalizzata, si fa breve il passo che conduce a considerare “animali” i propri simili, e dunque a disporne a proprio piacimento, come la vicenda nazista – e più recentemente quella palestinese – ha ampiamente dimostrato. Che si tratti di un’idea diabolica si intuisce anche da un passaggio del Nuovo Testamento. “Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:«Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai».Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana!» (Matteo 4,8-10)”.
Non ho mai letto la Bibbia, e con Rino Gaetano convengo che “mio fratello è figlio unico perché non ha mai giudicato un film senza prima vederlo”. Pertanto, non mi spingo ad affermare che il Vecchio Testamento è il libro del diavolo. Mi limito a rilevare che alcuni suoi passaggi sono profondamente divisivi.
Già Prometeo ci aveva avvertiti che «la necessità è di gran lunga più forte della tecnica”. L’uomo non può cambiare la legge naturale, quella che gli antichi greci chiamavano “necessità”. Può solo sfruttarla a proprio vantaggio: in questo consiste la “tecnica”. Come metafora del tempo naturale, che è ciclico, si può immaginare un campo di pattinaggio, nel quale i pattinatori girano in tondo. Il pattinatore che ha in testa il tempo lineare, invece, percorre il campo da un capo all’altro, con l’inevitabile risultato di fare del male a sé stesso e agli altri.
Su “La Fionda”, ultimamente, si è parlato molto di “rivoluzione”. Credo che la rivoluzione, prima ancora che socio-politica, debba essere di natura spirituale, e che richieda di passare dalla spiritualità della trascendenza a una spiritualità dell’immanente. Ho discusso i possibili prolegomeni fisici e filosofici di una tale spiritualità in un breve saggio che ho recentemente pubblicato, intitolato “Oscillazioni dell’Essere – L’autodeterminazione come principio fisico”.
Penso che la prima rivoluzione consista nel liberarsi dall’idea diabolica di tempo lineare, cioè da quella scansione teleologica del tempo in cui la salvezza è sempre domani, e dalla connessa e conseguente idea di dominio, cioè da quella “volontà di potenza” che ci ha resi impotenti proprio perché ci ha consegnati al diavolo.
Tutte le cose hanno origine l’una dall’altra e periscono l’una nell’altra, secondo la necessità.
Esse si rendono l’un l’altra giustizia, e si ricompensano per l’ingiustizia, in conformità con l’ordine del tempo.
Anassimandro
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