Una recente pronuncia della Corte dei Conti evidenzia l’impossibilità per i Comuni di agevolare le aziende in crisi quando si parla di applicare i tributi locali: ecco i dettagli.
La Sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei conti, con la deliberazione 256/2024/PAR, si è pronunciata su un’annosa questione, relativa alla possibilità di concludere transazioni aventi ad oggetto i tributi locali.
Il caso esaminato
Il caso oggetto della pronuncia in esame trae origine da una richiesta di parere da parte del Sindaco del Comune di Castellucchio, il quale ha sollevato il quesito riguardante la possibilità per gli enti locali di sottoscrivere contratti o accordi transattivi in relazione ai tributi auto-amministrati.
In particolare, il Comune vantava un credito nei confronti di due imprese per un totale di 165.481 euro, a titolo di IMU. Le imprese, essendo entrambe in stato di crisi, avevano proposto un accordo di composizione negoziata, ai sensi dell’art. 23, co. 1 d.lgs. n. 14/2019, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, volto ad ottenere una riduzione del 30% del credito vantato dal Comune. Tale soluzione, oltre ad essere vantaggiosa rispetto alla riscossione in sede di liquidazione giudiziale, consentiva alle imprese proponenti di accedere alle misure protettive previste dall’art. 18 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), permettendo così l’avvio di un piano di risanamento per evitare una crisi irreversibile.
Il Comune, nella richiesta di parere inviata alla Corte dei Conti, ha precisato che la gestione dell’IMU non era oggetto di convenzione con l’Agenzia delle Entrate, per cui il tributo viene riscosso direttamente (in via ordinaria) dall’ente o tramite agenzie di riscossione (in via coattiva). Pertanto, il quesito posto alla Corte dei Conti concerne la legittimità di tali accordi nel contesto della composizione negoziata della crisi.
La normativa
La Sezione regionale Lombardia della Corte dei Conti ha pertanto provveduto ad analizzare la normativa vigente in materia.
I giudici contabili, in primo luogo, hanno osservato che la questione si colloca nell’ambito del principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, vincolata dal principio di legalità sancito dall’art. 23 della Costituzione, il quale subordina ogni imposizione patrimoniale o personale a una norma di legge. Ne deriva dunque che gli enti impositori non possono rinunciare a tributi o concedere agevolazioni non previste dalla legge, salvo specifiche disposizioni normative di deroga. Tali leggi eccezionali devono infatti bilanciare gli interessi tutelati dagli artt. 53 e 97 Cost. con gli altri interessi costituzionalmente rilevanti.
La transazione fiscale
La “transazione fiscale”, disciplinata originariamente dall’art. 182-ter della legge fallimentare (r.d. n. 267 del 1942) e successivamente ripresa dal CCII, rappresenta una deroga eccezionale, consentendo la riduzione o dilazione del debito tributario per finalità quali la deflazione del contenzioso e il recupero di crediti altrimenti difficilmente esigibili.
Tuttavia, la transazione fiscale, secondo un consolidato orientamento della Corte dei Conti, si applica esclusivamente ai tributi erariali e locali amministrati dalle agenzie fiscali e ai contributi previdenziali obbligatori.
Inoltre, la Corte precisa che, sebbene la legge delega fiscale (legge n. 111/2023) preveda la “possibilità di raggiungere un accordo sul pagamento parziale o dilazionato dei tributi, anche locali, nell’ambito della composizione negoziata”, tale disposto normativo non trova riscontro all’interno del recente decreto Correttivo ter (dlgs n. 136 del 13 settembre 2024) al Codice della Crisi. Invero, il co. 2bis dell’art. 23 del CCII si riferisce esclusivamente ai tributi amministrati dalle agenzie fiscali, senza menzionare i tributi locali. Tale previsione si conforma a quella del previgente art. 182-bis della Legge fallimentare.
Tanto premesso, i Comuni non possono concludere con le imprese transazioni fiscali per il pagamento ridotto di tributi locali nell’ambito delle procedure di composizione negoziata delle crisi d’impresa.
Di qui la richiesta di un intervento urgente del legislatore affinché superi “le contraddizioni di un sistema che continua ad escludere i tributi locali a dispetto delle istanze del c.d. federalismo fiscale”.
Tributi locali esclusi da questa disciplina
La mancata inclusione dei tributi locali auto-amministrati nella disciplina della transazione fiscale appare come una scelta deliberata del legislatore. Infatti, i giudici contabili richiamando il brocardo latino “ubi lex tacuit, noluit”, sottolineano che si tratterebbe “di un’omissione che, allo stato attuale, deve intendersi come voluta, ovvero equivalente ad una vera e propria preclusione tacita (ancorché, auspicabilmente, temporanea)”. Infatti, continua la Corte dei Conti, “il legislatore ben avrebbe potuto, nel ridisciplinare la materia, in sede di codificazione e dei successivi interventi correttivi, optare per un chiarimento che dottrina e giurisprudenza avevano ripetutamente sollecitato rispetto alla transigibilità fiscale anche dei tributi locali”.
Nonostante la legge delega n. 111/2023 avesse previsto l’estensione dell’istituto ai tributi locali, tale previsione non è stata attuata. Sul piano sistemico, il principio di indisponibilità della pretesa tributaria richiede una legge ordinaria per prevedere deroghe esplicite. La transazione fiscale, in quanto eccezione, non può essere estesa per analogia ai tributi locali auto-amministrati, necessitando di un intervento legislativo chiarificatore.
Le conclusioni dei giudici: i Comuni non possono ridurre i tributi locali alle aziende in crisi
In conclusione, alla luce della normativa vigente, risulta impossibile per i Comuni sottoscrivere accordi transattivi relativi ai tributi locali auto-amministrati nell’ambito della composizione negoziata della crisi. Tale impossibilità deriva dall’assenza di una previsione normativa esplicita, nonché dai principi di legalità e indisponibilità della pretesa tributaria. Si auspica, pertanto, un intervento legislativo che chiarisca e disciplini in modo organico la materia, includendo eventualmente i tributi locali auto-amministrati nelle ipotesi di transazione fiscale, in conformità con i principi e le finalità del diritto della crisi d’impresa.
Il testo della sentenza
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