Danno ambientale.L’interesse a ricorrere dei comitati ambientalisti in relazione al criterio della vicinitas

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L’interesse a ricorrere dei comitati ambientalisti in relazione al criterio della vicinitas (commento a Cons. Stato, sez. IV, 7 agosto 2024, n. 7033)

di Gabriele TORELLI

pubblicato su giustiziainsieme.it. Si ringraziano Autore ed Editore

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Ai fini dell’ammissibilità del ricorso, il comitato ambientalista deve dimostrare di vantare un interesse ad agire, dipendente dalla concreta ed attuale lesione della propria posizione soggettiva. Tale interesse, che deve sussistere dal momento della proposizione della domanda giudiziale e permanere fino al momento della decisione, si configura nell’accertamento della rappresentatività del territorio di riferimento e nella effettiva lesività dei provvedimenti impugnati per l’area nella quale vivono gli associati.

Sommario: 1. Il fatto. – 2. I comitati quali soggetti titolari di autonome posizioni giuridiche soggettive. – 3. La legittimazione processuale dei comitati per vicende ambientali tra interesse a ricorrere e vicinitas. – 4. Interesse a ricorrere, profili di carattere soggettivo della giurisdizione e un (possibile) pericoloso arbitrio.  

1. Il fatto.

Il comitato ambientalista “Lasciateci respirare” (d’ora in avanti “il comitato) impugnava innanzi al TAR Veneto alcuni decreti adottati dalla direzione ambiente della Regione, con cui venivano rilasciati i provvedimenti di VIA ed AIA a favore della Società GEA per il progetto di ampliamento di una discarica di rifiuti misti non pericolosi.

Il TAR dichiarava inammissibile il ricorso proposto dal comitato, stante la mancata dimostrazione della titolarità di una posizione differenziata e qualificata nonché di un concreto interesse a ricorrere, peraltro già denegato in capo al ricorrente da alcuni precedenti pronunce dello stesso giudice su vicende analoghe.

Il comitato impugnava la sentenza innanzi al Consiglio di Stato riproponendo gli stessi motivi di doglianza già dedotti in primo grado. Si costituiva in giudizio il comune in cui è localizzata la discarica (già parte resistente in primo grado), eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’appello per erronea notificazione alla Regione Veneto, che non risultava costituita in giudizio. Ancora, il comune contestava ulteriori profili di inammissibilità del ricorso – che in questa sede non sono riproposti per motivi di brevità – oltre alla violazione del dovere di sinteticità con riguardo alla formulazione dei motivi aggiunti.

Chiamato a pronunciarsi sui profili sommariamente richiamati, il Consiglio di Stato in via preliminare condivide le eccezioni di inammissibilità di parte appellata per l’erronea notificazione dell’appello nei confronti della Regione Veneto (in particolare, l’errore riguardava il domicilio digitale utilizzato) che hanno impedito una rituale notifica dell’atto di appello. 

Tuttavia, anche a volersi ammettere la possibilità di rinnovazione della notifica stessa per scusabilità dell’errore – e questo è il rilievo del Collegio che in questa sede desta maggiore interesse – l’appello risulta in ogni caso carente delle condizioni dell’azione in capo al comitato, come correttamente rilevato dal TAR Veneto. Ciò in quanto, ai fini della configurabilità dell’interesse ad agire in giudizio, il comitato avrebbe dovuto dimostrare, da un lato, il rapporto di prossimità tra le proprie attività statutarie, l’opera oggetto del provvedimento impugnato e la relativa rappresentatività del territorio che si assume di rappresentare; dall’altro, avrebbe dovuto dedurre un danno ambientale per la zona, sia pure potenziale, che può derivare da tale provvedimento e dall’opera in questione.

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In breve, ai fini dell’ammissibilità della domanda giudiziale, i gruppi associativi informali che non sono iscritti nell’elenco di cui all’art. 18, comma 5, l. n. 349 del 1986, devono dimostrare la concreta ed attuale lesione della propria posizione soggettiva, che deve sussistere dal momento della proposizione del ricorso e permanere fino al momento della decisione. Nel caso di specie, il comitato non ha superato lo scrutinio concernente l’accertamento della rappresentatività del territorio di riferimento e della effettiva lesività dei provvedimenti impugnati per l’area in cui vivono gli associati, sostanzialmente perché la sede legale dista oltre dieci km dalla discarica. Il che ne ha appunto determinato la carenza di interesse a ricorrere.

2. I comitati quali soggetti titolari di autonome posizioni giuridiche soggettive.

Un commento alla sentenza, che tenga in debita considerazione la capacità di agire dei comitati in sede processuale, non può prescindere da un preliminare inquadramento del loro regime giuridico all’interno del nostro ordinamento.

Guardando alla disciplina del codice civile, si può notare che i comitati sono qualificati alla stregua di gruppi associativi informali composti da individui che vantano un comune interesse da preservare e/o promuovere; essi, inoltre, costituiscono un soggetto concettualmente distinto dalle associazioni non riconosciute, come confermato dal fatto che, mentre queste ultime trovano il proprio riferimento normativo nell’art. 36 c.c., per i primi la disposizione è l’art. 39 c.c. 

In base al dato di diritto positivo, e sebbene siano innegabili delle analogie tra i due gruppi associativi dovute al carattere informale della loro struttura rispetto all’associazione riconosciuta, non sarebbe dunque errato desumerne la diversità sul piano ontologico, come in effetti sembra emergere in primis dalla disciplina del patrimonio delle une e degli altri. Se le associazioni non riconosciute vantano un fondo comune sostanzialmente configurante un patrimonio autonomo rispetto a quello dei singoli associati (art. 37 c.c.), per i comitati la situazione è in parte diversa: essi non dispongono di un fondo comune, bensì di un patrimonio composto dai beni conferiti tramite le oblazioni dei sottoscrittori. Di conseguenza, mentre i componenti del comitato rispondono in modo immediato, personale e solidale delle obbligazioni assunte dall’ente indipendentemente dalla persona fisica che ha concretamente posto in essere l’attività giuridica (art. 41 c.c.), i creditori dell’associazione non riconosciuta non possono fare altrettanto proprio per la presenza del fondo comune.

In ragione di quanto appena osservato, in passato è stato sostenuto che i comitati sono soggetti privi di una effettiva personalità giuridica. Considerazione, questa, che però non è univoca o che perlomeno merita qualche precisazione, essendo rilevabili altre letture in senso difforme secondo cui tale mancanza non escluderebbe la legittimazione dei comitati a concludere un negozio giuridico (come sarebbe desumibile anche dall’art. 41 c.c.); senza dimenticare alcuni orientamenti della giurisprudenza che giungono a sostenerne una effettiva soggettività giuridica e le letture dottrinali che ne riconoscono la caratteristica di autonomo centro di imputazione di situazioni giuridiche soggettive oltre alla possibilità di disporre sostanzialmente di un proprio patrimonio.

Non pare dunque errato concluderne che il regime giuridico dei comitati è stato crescentemente assimilato a quello delle associazioni non riconosciute, perlomeno con riguardo alla loro soggettività giuridica, con evidenti riflessi anche sulla loro legittimazione processuale.

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 3. La legittimazione processuale dei comitati per vicende ambientali tra interesse a ricorrere e vicinitas.

Il tema della legittimazione a ricorrere da parte di gruppi associativi, anche a tutela di interessi diffusi, non è di per sé certamente nuovo, considerando che l’art. 18, comma 5, l. 8 luglio 1986, n. 349, in combinato disposto con l’art. 13 della medesima legge, consente alle associazioni riconosciute dal Ministero di ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi.

La questione è stata in passato ritenuta meno pacifica se riferita ai gruppi associativi dotati di maggiore informalità proprio a causa delle considerazioni sopra richiamate, che ne hanno messo in rilievo il difetto di un effettivo “schermo giuridico” rispetto alle persone fisiche che li compongono. 

Nondimeno, l’avvenuto riconoscimento per via giurisprudenziale dei comitati quali enti sostanzialmente dotati di autonoma soggettività giuridica, unitamente alla previsione di cui all’art. 41, comma 2, c.c., ha determinato importanti conseguenze anche sul versante della legittimazione processuale e, per quanto in questa sede maggiormente interessa, della legittimazione e dell’interesse a ricorrere nel processo amministrativo, con particolare riguardo ai profili ambientali

Per averne conferma, è possibile richiamare un orientamento piuttosto consolidato del giudice amministrativo che ha riconosciuto la capacità di stare in giudizio dei comitati (e delle associazioni non riconosciute) in un’eventuale controversia con le amministrazioni[12], purché siano rispettate determinate condizioni: lo svolgimento di un’attività di interesse pubblico in modo organizzato; l’operatività in forma stabile, ossia reiterata nel tempo; un’azione apprezzabile e con un visibile radicamento sul territorio[13]. È bene poi specificare che il requisito della stabilità è stato in parte rivisto, perché il giudice amministrativo ha osservato come la legittimazione (e l’interesse) a ricorrere nel settore ambientale debbano riconoscersi anche ai c.d. “meri comitati”, ovvero a quei soggetti di ordine collettivo sorti spontaneamente, senza pretese di stabilità, ma operanti all’interno di un territorio circoscritto, e dunque sulla base del noto criterio della vicinitas[14]

Proprio il richiamo alla vicinitas incoraggia ulteriori riflessioni sulla vicenda dell’interesse a ricorrere. 

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Tale criterio, ammettendo al ricorso anche quei comitati non stabili ma comunque visibilmente attivi in un certo contesto geografico, sottintende un’evidente attenzione e sensibilità per le vicende del territorio, perché le attività impattanti sull’ambiente ivi compiute potrebbero arrecare un nocumento – anche di carattere non patrimoniale – ai residenti, che decidono appunto di associarsi. 

In breve, l’orientamento giurisprudenziale basato sulla vicinitas è sì indicativo della legittimazione a ricorrere, ma in particolare dell’interesse a ricorrere, perché congiunge la pretesa alla tutela di interessi diffusi e la loro localizzazione su un dato territorio, contribuendo così alla creazione di una posizione differenziata in capo al gruppo associativo.

Del resto, l’apertura alla vicinitas nel settore ambientale sembra un corollario di quelle “spinte” della sussidiarietà orizzontale già studiate in dottrina, che vanno a rafforzare posizioni legittimanti diffuse maggiormente consolidate.

 4. Interesse a ricorrere, profili di carattere soggettivo della giurisdizione e un (possibile) pericoloso arbitrio.

Quella appena sopra descritta è la prospettiva abbracciata anche dalla sentenza in commento. 

Il Consiglio di Stato, infatti, lega la verifica sulla sussistenza dell’interesse a ricorrere (e, invero, in linea più generale, anche della legittimazione) in materia ambientale alla necessaria dimostrazione, da un lato, del rapporto di prossimità tra chi agisce, l’opera oggetto del provvedimento impugnato e la relativa rappresentatività del territorio che si assume di rappresentare; dall’altro, della deduzione di un danno ambientale, anche solo potenziale, che può derivare da tale provvedimento e dall’opera in questione.

Anzi, il fatto che queste dimostrazioni siano necessarie differenzia la massima estensione della partecipazione nel settore ambientale che – come è noto – è garantita a chiunque dalle restrizioni esistenti sul versante giurisdizionale, dove si continua a pretendere quel minimum di giurisdizione soggettiva per accedere alle tutele processuali. In altre parole, sebbene l’ambiente possa considerarsi un “bene comune”, non tanto nel senso in cui veniva inteso dalla commissione Rodotà quanto piuttosto come “bene senza confini”, i profili di soggettività, inevitabilmente costruiti attorno ad un interesse inerente all’individuo o ad un gruppo determinato di individui, permangono ancora centrali nelle considerazioni della giurisprudenza, pure a fronte di spinte in senso contrario riscontrabili in letteratura.

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Altro profilo da sottolineare, poi, riguarda il fatto che l’interesse a ricorrere di cui il comitato deve dare concreta dimostrazione configura il punto di discrimine tra i gruppi associativi informali e quelli riconosciuti dal Ministero dell’ambiente ai sensi dell’art. 13, l. n. 349/1986: questi ultimi, a seguito del riconoscimento, vantano una legittimazione (ed un interesse) a ricorrere ex lege ai sensi dell’art. 18 della medesima legge che non richiede una particolare valutazione da parte del giudice per l’ammissione al giudizio sulla richiesta di annullamento di provvedimenti ritenuti illegittimi.

Questa lettura è condivisa dalla sentenza in commento che, evidenziando il differente regime delle associazioni riconosciute ex art. 18, l. n. 349/1986, intende rimarcare la distinta disciplina per tutte le altre associazioni, ivi compresi i comitati, appunto chiamati ad evidenziare una lesione della propria posizione giuridica soggettiva, il cui carattere diffuso è stato “canalizzato” nell’ente associativo. Tuttavia, con riguardo alla necessaria soggettività giuridica, il Collegio si spinge oltre affermando che il carattere corporativo caratterizzante l’ente esponenziale deve essere direttamente vagliato dal giudice nel caso concreto in quanto condizione imprescindibile per ammettere il ricorso, il quale non può in alcun modo riflettere questioni che riguardino esclusivamente i singoli associati

Se questa osservazione non pare in sé illogica, perché in mancanza del riconoscimento per via ministeriale l’interesse a ricorrere non può presumersi e deve giocoforza essere verificato caso per caso in base ad una effettiva lesione, desta qualche incertezza il ragionamento del Consiglio di Stato quando sostiene che il comitato «non ha superato, effettivamente, lo scrutinio concernente l’accertamento della rappresentatività del territorio di riferimento e della effettiva lesività dei provvedimenti impugnati per il territorio nel quale vivono gli associati». Più specificamente, è la motivazione che non convince appieno, perché il difetto di rappresentatività delle esigenze territoriali e la discontinuità geografico-ambientale sono giustificati in ragione della distanza di dieci km tra il comune in cui il comitato ha sede legale e quello di realizzazione della discarica

Non si nega che tale distanza potrebbe essere sufficiente per escludere una relazione di prossimità tra il sito e le azioni del comitato; piuttosto, si vuole evidenziare la genericità del concetto di vicinitas ambientale basato su uno spazio calcolato in chilometri perché, in mancanza di univoche indicazioni normative, si scorge il pericolo di decisioni giurisdizionali del tutto disomogenee ed incoerenti che potrebbero derivarne. Se dieci km sono troppi per giustificare il collegamento con il territorio e dunque l’interesse a ricorrere, non è chiaro quale potrebbe essere la distanza “giusta” per fare emergere la continuità geografico-ambientale.

Sebbene chi scrive ritenga evidente le difficoltà di individuare per via normativa dei criteri oggettivi e/o numerici basati sulla mera distanza chilometrica – motivo per cui neppure questa strada pare efficacemente perseguibile – l’impressione è che la soluzione scelta dal Consiglio di Stato in assenza di ulteriori specificazioni conduca, se applicata in un’ottica “di sistema”, ad un terreno piuttosto “scivoloso”, potendo portare a pronunce tra loro contraddittorie e finanche arbitrarie, con il rischio di una concreta lesione al principio di certezza del diritto.

 

  Analogia che, del resto, pare confermata dall’inclusione dell’art. 36 c.c. e dell’art. 39 c.c. nel medesimo Capo III del codice, Titolo II, Libro I del codice, appunto rubricato «Delle associazioni non riconosciute e dei comitati».

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 Seppure le associazioni non riconosciute difettino dello “schermo associativo”, che invece sussiste per quelle riconosciute e che impedisce a terzi creditori di rifarsi sul patrimonio dei singoli associati. Pertanto, in relazione ai rapporti obbligatori, gli associati rispondono nei limiti dei conferimenti al fondo associativo, salvo che poi questo risulti insufficiente per rifondere i creditori, i quali a quel punto potranno aggredire il patrimonio personale degli associati. 

 Con l’ulteriore specificazione che, nell’associazione non riconosciuta, sono responsabili personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto della stessa. Per maggiori dettagli sul confronto tra associazioni non riconosciute e comitati, R. Breda, L. Bugatti, V. Montani e G. Ponzanelli, Art. 36, in Le associazioni non riconosciuteArtt. 36-42, a cura di G. Ponzanelli, in Il Codice Civile. Commentario, diretto da D. Busnelli e fondato da P. Schlesinger, Milano, Giuffrè, 2016, pp. 50 ss. e ivi pp. 303-304; G. Iorio, Art. 39 – I comitati, in Delle persone artt. 11-73, a cura di A. Barba e S. Pagliantini, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, Utet, 2014, pp. 401 ss., spec. pp. 403-404, rileva come l’ulteriore differenza tra associazioni e comitati stia nella diversa struttura negoziale dei due istituti: mentre le prime perseguono gli interessi (non patrimoniali) dei propri componenti, i secondi gestiscono un interesse (sempre non patrimoniale) altrui, ovvero degli oblatori, offrendo al pubblico la propria opera. 

 Così Corte cass., sez. III, 8 maggio 2003, n. 6985; TAR Lazio, Roma, sez. III, 20 ottobre 1997, n. 2483, in cui appunto si legge che i comitati di cui agli art. 39 ss. c.c. sono privi della personalità giuridica.

 In dottrina, tramite il richiamo proprio all’art. 41 c.c., è stata anche sostenuta la possibilità per il comitato di ottenere il riconoscimento della personalità giuridica: cfr. R. Breda, L. Bugatti, V. Montani e G. Ponzanelli, Art. 39, in Le associazioni non riconosciuteArtt. 36-42, cit., p. 278, affermano: «non vi è dubbio che il comitato sia suscettibile di acquisire personalità giuridica». Così anche F. Galgano, Per una ipotesi sulla natura giuridica dei comitati, in Jus, 1958, pp. 69 ss.; Id., Diritto privato, Padova, Cedam, 2010, pp. 674-675. M. Bianca, La norma giuridica-I soggettiDiritto civile, I, 2002, Milano, Giuffré, p. 403, afferma che pur se non riconosciuti come persone giuridiche, i comitati sono egualmente soggetti di diritto, che godono di capacità giuridica generale e possono assolvere le loro funzioni senza preclusioni. 

 La soggettività giuridica dei comitati è stata già in passato riconosciuta anche da Corte cass., 23 giugno 1994, n. 6032; Corte cass., 29 novembre 1999, n. 13338; Corte cass., 8 maggio 2003, n. 6985; Corte cass., 22 giugno 2006, n. 14453; Corte cass, 26 luglio 2007, n. 16600. Più di recente, sulla soggettività giuridica dei comitati, Cons. Stato, sez. III, 18 maggio 2022, n. 3921; TAR Lombardia, Milano, sez. sez. III, 18 luglio 2019, n. 1661; seppure in via incidentale, TAR Lazio, Roma, sez. III, 3 giugno 2019, n. 7114.

Ed in effetti, la stessa Corte cass. n. 6985/2003 sopra citata alla nota 4, pur rilevando il difetto della personalità giuridica dei comitati, non ne esclude il carattere di autonomi centri di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, potendo ad essi attribuirsi la titolarità di diritti sia obbligatori che reali. Nello stesso senso anche il sopra citato TAR Lazio, Roma, n. 2483/1997, che giunge appunto a riconoscere la possibilità per i comitati di disporre di un proprio patrimonio. In dottrina, riconosce l’autonoma imputazione di situazioni giuridiche soggettive ai comitati, nonché l’equiparazione alle associazioni non riconosciute, anche M. Bianca, La norma giuridica-I soggetti, cit., pp. 401-402; A. Zoppini, Le fondazioni: dalla tipicità alle tipologie, Napoli, Jovene, 1995, p. 295, attribuisce al comitato «un’autonoma forma giuridica»; F. Galgano, Art. 39, in Commentario compatto al codice civile, Piacenza, Celt, pp. 275-276.

 Per motivare quest’ultima affermazione, sia consentito il rinvio a G. Torelli, Deroghe alla concorrenza per attività di rilevanza sociale: l’affidamento degli immobili pubblici ai comitati, in Riv. giur. edil., 2020, n. 3, pp. 191 ss., pp. 195 ss. 

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 Tra gli studi più significativi in ordine alla legittimazione a ricorrere a tutela di interessi diffusi, A. Romano, Il giudice amministrativo di fronte al problema della tutela degli interessi diffusi, in Il Foro it., 1978, n. 1, pp. 8 ss.; R. Ferrara, Interessi collettivi e diffusi (ricorso giurisdizionale amministrativo), in Dig. pubbl., vol. VIII, Torino, Utet, 1993; F.G. Scoca, La tutela degli interessi collettivi nel processo amministrativo, in Aa.Vv., Le azioni a tutela di interessi collettivi, Padova, Cedam, 1976, pp. 78 ss.; G. Santaniello, La tutela degli interessi diffusi dinanzi al giudice amministrativo, in Riv. amm. Rep. it., 1980, n. 12, pp. 821 ss.; B. Caravita, Elaborazione giurisprudenziale e intervento legislativo nella tutela degli interessi diffusi, in Riv., giur. amb., 1986, n. 1, pp. 132 ss.; M. Nigro, Giustizia amministrativa, Bologna, il Mulino, 1983, pp. 138 ss., G. Berti, Il giudizio amministrativo e l’interesse diffuso, in Jus, 1982, pp. 68-81; R. Rota, Gli interessi diffusi nell’azione amministrativa, Milano, Giuffrè, 1998; G. Alpa, Interessi diffusi, in Dig. civ., vol. IX, Torino, Utet, 1993, pp. 611 ss.; R. Donzelli, La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi, Napoli, Jovene, 2008.

 Sul tema della legittimazione a ricorrere nel processo amministrativo, per tutti, S. Mirate, La legittimazione a ricorrere nel processo amministrativo, Milano, Franco Angeli, 2018.

 Norma per cui, si ricorda, «Il comitato può stare in giudizio nella persona del presidente».

 Sul tema, in ultimo, G. Mannucci, Legittimazione e interesse a ricorrere delle associazioni ambientaliste, in federalismi.it, 2023, n. 13, spec. par. 3 nota 28 con riguardo ai comitati.

 Tra le tante, di recente, TAR Lazio, Roma, sez. III, 5 gennaio 2024, n. 264; in precedenza, Cons. Stato, 5 settembre 2016, n. 3805, afferma che sussiste la legittimazione e l’interesse ad agire anche delle associazioni di protezione ambientale non riconosciute, laddove esse siano costituite in forza di valido statuto e svolgano attività di protezione ambientale, in modo non occasionale in un determinato territorio. Con specifico riferimento alla legittimazione attiva dei comitati, si v. Cons. Stato, sez. IV, 16 giugno 2011 n. 3662, il quale ha riconosciuto tale legittimazione anche in favore di «comitati spontanei che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti» su un territorio circoscritto, oppure di «sodalizi che, pur se articolati, o non possiedono strutture locali, o s’incentrino in forma non occasionale su dati settori di mercato o per argomenti o esigenze consumistiche stabili, e via di seguito». Nello stesso senso, si richiamano anche Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2010 n. 6554 e 23 maggio 2011 n. 3107; sez. III, 8 agosto 2012 n. 4532; Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2014 n. 36; Cons. Stato., sez. IV, 23 giugno 2015 n. 3162. Sul tema, in dottrina, si segnalano i contributi di G. Calabrò, La legittimazione ad agire a tutela delle risorse ambientali: la prospettiva dei beni comuni, in Dir. e soc., 2016, n. 4, pp. 807 ss.; cfr. anche R. Leonardi, La legittimazione processuale delle associazioni ambientaliste: alcune questioni ancora giurisprudenziali, in Riv. giur. edil., 2011, 1, pt. II, pp. 3 ss.; L’esclusione della legittimazione ad agire degli enti locali nell’azione risarcitoria in tema di danno ambientale: la negazione del «federalismo ambientale», in Foro amm. TAR, 2013, pp. 2925 ss.; F. Romano, La legittimazione ad agire a tutela dell’ambiente: verso una rivisitazione del sistema processuale amministrativo, in Riv. giur. edil., 2014, n. 3, pt. I, pp. 552 ss.; F. Giglioni, La legittimazione processuale attiva per la tutela dell’ambiente alla luce del principio di sussidiarietà orizzontale, in Dir. proc. amm., 2015, n. 1, pp. 413 ss. Si veda inoltre anche il lavoro monografico di W. Giulietti, Danno ambientale e azione amministrativa, Napoli, Editoriale scientifica, 2012, in particolare pp. 141 ss. Nell’ambito civilistico, in merito al riconoscimento della capacità processuale dei comitati, anche non riconosciuti, si veda M. Bianca, La norma giuridica-I soggetti, cit., p. 408; G. Iorio, Art. 38 – I comitati, cit., p. 432, ricorda che nella relazione al Re n. 46 del c.c., veniva precisato che il comitato debba intendersi come una unità organizzata dotata di capacità processuale.

 Sulla stabilità dei comitati, di recente: Cons. Stato, sez. IV, 2 maggio 2023, n. 4445; Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2022, n. 3921; TAR Lazio, Latina, sez. I, 20 aprile 2021, n. 250; TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 31 dicembre 2020, n. 554; Cons. St., sez. IV, 22 marzo 2018, n. 1838, che insistono in particolare sulla necessità della condizione del carattere “non occasionale” del comitato. Per una panoramica più generale sulle tre condizioni sopra descritte, TAR Lazio, Roma, sez. III, 5 gennaio 2023, n. 264; TAR Toscana, 30 gennaio 2018, n. 156, secondo cui il comitato (costituito nella specie genericamente da cittadini), ai fini della legittimazione a proporre ricorso giurisdizionale, deve provare: a) il proprio collegamento stabile col territorio di riferimento; b) l’apprezzabile consistenza della propria azione tenuto anche conto del numero e della qualità degli associati; c) la protrazione nel tempo della propria attività. Ed ancora, in termini sostanzialmente identici, Analoga lettura si rinviene anche in TAR Lombardia, Milano, sez. III, 26 agosto 2016, n. 1607, in cui le condizioni per la legittimazione ad agire di comitati stabili ed associazioni non riconosciute sono pressoché identiche; negli stessi termini anche TAR Liguria, sez. II, 10 febbraio 2017, n. 95. Nella giurisprudenza civile, si segnalano Corte cass., 23 giugno 1994, n. 6032, con commento di V. Lenoci, Comitati duraturi ed accertamento della titolarità degli acquisti immobiliari dei loro componenti, in Foro it., 1995, IV, pp. 1268 ss.; e, seppur più risalente nel tempo, Corte cass., 12 novembre 1977, n. 4902. In dottrina, R. Breda, L. Bugatti, V. Montani, G. Ponzanelli, Art. 39, cit., pp. 268-271, evidenziano come, di regola, i comitati abbiano carattere transitorio, il che tuttavia non esclude affatto la loro configurabilità a struttura stabile e permanente, non occasionale né temporanea; così anche P. Forchielli, Saggio sulla natura giuridica dei comitati, cit., p. 108; G. Tamburrino, Persone giuridicheAssociazioni non riconosciute. Comitati, Torino, Utet, 1997, pp. 537 ss, spec. p. 541; G. Iorio, Art. 39 – I comitati, cit., p. 402; F. Galgano, Art. 39, in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 274; Id., Delle associazioni non riconosciute e dei comitati: artt. 36-42 c.c., in Commentario del codice civile. Delle persone-della famiglia, I, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, Zanichelli, 1967, pp. 261 ss., spec. p. 262; E. Ferraris, La nozione di comitato, in Nuova giur. civ. comm., 1996, II, pp. 289 ss.

 Sul rilievo della vicinitas, TAR Lazio, Roma, sez. V, 5 ottobre 2022, n. 12639; TAR Lazio, Latina, sez.  I, 13 novembre 2018, n. 584; Cons. Stato, sez. IV, 21 agosto 2013 n. 4233; TAR Sardegna, sez. I, 11 luglio 2014, n. 599; Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2011, n. 5986, secondo cui la legittimazione ad impugnare i provvedimenti lesivi di interessi ambientali deve essere riconosciuta non soltanto alle associazioni e ai comitati stabili, cui tale facoltà è stata conferita dall’art. 13, l. 8 luglio 1986, n. 349, ma anche ai soggetti, da questi ultimi diversi, siano essi singoli o collettivi, e in quest’ultimo caso, sia che si tratti di meri comitati sorti spontaneamente al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su un circoscritto territorio, sia che si tratti di singole persone fisiche in posizione differenziata sulla base del criterio della vicinitas quale elemento qualificante dell’interesse a ricorrere. Più di recente, ammettono la legittimazione e l’interesse a ricorrere dei “meri comitati” sorti spontaneamente anche TAR Sardegna, 11 luglio 2014, n. 599, secondo cui la legittimazione ad impugnare è riconosciuta anche ai comitati spontanei che svolgano un’attività con un significativo impatto su un territorio circoscritto, rivolti a proteggere la qualità della vita delle popolazioni ivi residenti, ed alle ulteriori condizioni che vantino un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva per cui ricorrono. Così anche TAR Campania, Salerno, sez. III, 20 novembre 2023, n. 2661; più risalente nel tempo, TAR Umbria, 23 maggio 2013, n. 303. TAR Toscana, sez. II, 13 luglio 2015, n. 1071; TAR Sicilia, Catania, sez. II, 2 ottobre 2013, n. 2384. In letteratura, G. Mannucci, Legittimazione e interesse a ricorrere delle associazioni ambientaliste, in federalismi.it, 2023, n. 13, nota 28.

 M. Delsignore, La legittimazione delle associazioni ambientali nel giudizio amministrativo: spunti dalla comparazione con lo standing a tutela di enviromental interests nella judicial review statunitense, in Dir. proc. amm., 2013, pp. 734 ss., spec. p. 781.

 Cfr. F. Giglioni, La legittimazione processuale attiva per la tutela dell’ambiente alla luce del principio di sussidiarietà orizzontale, cit., pp. 432 ss.

 Cons. Stato n. 7033/2024, par. 10.1. delle considerazioni in fatto e diritto, dove si possono rinvenire anche alcuni precedenti dello stesso giudice.

 La bibliografia sul tema della partecipazione ambientale è estesissima. Per tutti, in una lettura manualistica che tende a conferire oggettività alla materia, G. Rossi, Funzioni e procedimenti, in Diritto dell’ambiente, a cura di G. Rossi, Torino, Giappichelli, 2011, pp. 63 ss.

 Non è certamente questa la sede per riaprire l’annoso dibattito tra legittimazione soggettiva e oggettiva ampiamente indagato dalla dottrina. Sia qui sufficiente richiamare, per tutti, il lavoro di V. Cerulli Irelli, Legittimazione “soggettiva” e legittimazione “oggettiva” ad agire nel processo amministrativo, 2014, 341 ss., che pur evidenziando l’esistenza di alcune “contaminazioni” di giurisdizione oggettiva nel nostro ordinamento, riconosce come regola la persistenza di una giurisdizione a carattere soggettivo; nonché gli studi di Aa.Vv., Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa, a cura di F. Francario e M.A. Sandulli, Napoli, Editoriale scientifica, 2017.

 Per un’analisi dettagliata del tema, M. Renna, Le prospettive di riforma delle norme del codice civile sui beni pubblici, in Aa.Vv., I beni pubblici tra regole di mercato e interessi generali. Profili di diritto interno e internazionale, a cura di G. Colombini, Napoli, Jovene, 2009, pp. 29 ss.

 Ossia un danno che si produce su un territorio può ragionevolmente causare effetti in un altro, persino in uno Stato differente da quello di origine (c.d. principio del no transboundary harm).

 F. Giglioni, La legittimazione processuale attiva per la tutela dell’ambiente alla luce del principio di sussidiarietà orizzontale, cit., 432, sostiene una lettura per cui il processo dovrebbe muoversi verso la direzione di garantire un accertamento effettivo sulla legalità, intesa non solo come mera legittimità dell’azione ma anche come giustizia sostanziale, soprattutto in relazione a beni che implicano interessi diffusi, su tutti l’ambiente.

 Cons. Stato, n. 7033/2024, par. 10.1.

 Cons. Stato, n. 7033/2024, par. 10.1.

 Come ribadito, di recente, anche da TAR Lazio, Roma, sez. I, 5 ottobre 2022, n. 12639; TAR Liguria, sez. I, 15 dicembre 2022, n. 1087; TAR Aosta, sez. I, 20 aprile 2022, n. 23.

 Anche se, per completezza, va rilevato che il Collegio esclude l’interesse a ricorrere del comitato anche per un secondo motivo: la mancata impugnazione della valutazione di impatto ambientale, che aveva individuato quale ulteriore comune interessato agli effetti della discarica uno diverso da quello in cui il comitato ha la propria sede legale. 

Per di più il Consiglio di Stato ritiene che detta distanza sia amplificata dalla presenza del fiume Adige «la cui presenta “taglia” il territorio».

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