Il caso limite di Calle XXII Marzo, più cara di via Monte Napoleone a Milano
Venezia supera Milano per il costo al metro quadrato dei negozi. Nell’ultimo report di Engels&Völkers il prezzo medio di vendita in Calle XXII Marzo si attesta infatti dai 18 ai 200 mila euro al metro quadrato. Ed è quasi il doppio di quanto ha speso lo scorso aprile il gruppo Kering per acquistare il palazzo in via Monte Napoleone 8, pagato 1,3 miliardi di euro per 11.800 metri quadrati lordi (quindi 110 mila euro al metro quadrato), ed è considerata la più grande transazione mai fatta in Italia per un immobile. Se anche si volessero considerare solo i 5.000 metri quadrati della superficie commerciale dell’immobile milanese, si arriverebbe a 250 mila euro a metro quadrato, comunque poco di più di quanto è lo standard per un negozio in Calle XXII Marzo. Abbiamo chiesto a Giacomo Argenio, licence partner E&V Venezia, di illustrarci meglio il report.
Che cosa rende Venezia più unica Calle XXII Marzo rispetto a via Monte Napoleone?
«Stiamo parlando di medie al metro quadrato di negozi, ma se approfondiamo le cause in questo caso specifico possiamo dire che sicuramente via Monte Napoleone è nel Quadrilatero della moda, un posto iconico dove puoi trovare tutto quello che desideri in questo settore. A Venezia il costo è collegato all’immaginario della città e all’esclusività di Calle XXII Marzo, che è lunga circa 500 metri. Venezia è la città romantica e la città d’arte per eccellenza, dove passano ogni anno milioni di persone. E per i brand, come strategia di marketing, esserci fa la differenza. In questi posti particolari il valore al metro quadrato è molto più legato alla redditività dei negozi stessi. Gli acquirenti interessati in genere sono fondi di investimento, previdenziali e assicurativi, perché sono rendimenti più o meno a zero rischio nel senso che quando si affitta un immobile a un grande marchio difficilmente non paga, quindi hanno un appeal di sicurezza importante. Inoltre ora non c’è spazio per comprare nulla in Calle XXII Marzo, ma essendo tutto il mondo dei marchi interessato, nel momento in cui qualcuno volesse vendere, chiaramente i valori possono essere molto alti».
Lei ha detto che il mercato commerciale sta cambiando e che i marchi tenderanno sempre di più a voler essere in alcune città che fanno tendenza. Ci spiega meglio le sue previsioni?
«Quello che vedo è che sempre di più i marchi di alta moda e alto artigianato sono interessati a quelle che chiamo key location, in particolare centri storici rappresentativi, trainanti dal punto di vista del retail. Vedo un cambiamento anche per i centri commerciali, che sono sempre più destinati a perdere valore dal punto di vista dello shopping perché il mondo dell’acquisto online sta avanzando. Rimangono magari legati a una certa socialità o a chi compra prodotti legati alla persona. A Venezia per esempio si potrebbe fare ancora di più per quanto riguarda l’alto artigianato, come ha dimostrato il successo di Homo Faber, anche perché è in linea con la storia della città stessa, basti pensare ai Maestri del vetro».
Avete studiato le vie dello shopping. Che idea si è fatto della tipologia di negozi che ci sono?
«Come si può vedere nel report pubblicato nel nostro sito, abbiamo studiato sette vie dello shopping e per ognuna abbiamo fatto una fotografia dei negozi che vanno di più, gioiellerie e fashion. Il provvedimento anti-paccottiglia del Comune di Venezia ha aiutato molto a frenare il dilagare di quelli che abbiamo indicato come negozi bazar, quindi di souvenir a basso costo. La presenza di tante gioiellerie è in linea con quello che dicevamo all’inizio, ovvero con il fatto che Venezia è percepita come città romantica per eccellenza, l’ideale dove fare magari una proposta di matrimonio. Mi sento di dire che la gente è più attenta alla qualità e, per quanto riguarda il fashion, ci sono appunto molti marchi perché i brand vogliono esserci per un ritorno di immagine».
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