Ammortamento “alla francese”: tasso fisso o tasso variabile per il Tribunale di Torino «pari sono».

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Nel contratto di mutuo attenzionato e, segnatamente, all’art. 2 dell’allegato B, veniva riportata la clausola sottoscritta da entrambe le parti contrattuali: “Ammortamento: dalla data di erogazione le rate (comprensive di interessi e capitale) saranno calcolate con il sistema noto nella tecnica finanziaria come “ammortamento francese””. Si può, dunque, scientemente sostenere come il cliente e la Banca avessero raggiunto una pattuizione sul sistema di calcolo matematico finanziario da applicarsi nel contratto. Tuttavia, nonostante il raggiungimento di un accordo sul punto, parte resistente ritiene che tale indicazione non risulti sufficiente per individuare, in maniera determinata, il regime finanziario da applicarsi nel rapporto contrattuale. Proprio la mancanza di determinatezza legittimerebbe il ricorso ad un piano di ammortamento ricalcolato applicando il tasso “sostitutivo” BOT vigente nei 12 mesi precedenti alla stipula del contratto, a seguito della violazione dell’art. 117, comma 4, TUB, e della consequenziale attuazione della previsione normativa di cui al comma 7 della medesima norma.

Per il giudice sabaudo, la domanda deve essere rigettata.

In materia, deve essere richiamato il recente pronunciamento delle Sezioni Unite, le quali hanno espresso il principio per cui «In tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento “alla francese” di tipo standardizzato tradizionale, la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori non è causa di nullità parziale del contratto, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti»[1].

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Sebbene parte ricorrente ritenga non applicabile tale principio di diritto nel caso concreto, essendo il contratto oggetto di giudizio non a tasso fisso, non vi è alcuna ragionevole preclusione al riconoscimento della validità della stessa pronuncia anche per i mutui bancari a tasso variabile. Difatti, la Suprema Corte, ai fini della legittimità di un contratto avente tale peculiarità, ritiene fondamentale l’indicazione di determinati elementi quali l’importo erogato, la durata del prestito, il tasso di interesse annuale (TAN) ed effettivo (TAEG), la periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi. Tali elementi sono tutti presenti e riscontrabili nel contratto de quo.

In aggiunta, condividendo l’orientamento della giurisprudenza di merito, prescindendo dalla pattuizione di un tasso di interessi fisso ovvero variabile, la cognizione di tali elementi giuridici ed economici permette al mutuatario di ricostruire l’esborso finale al quale è tenuto[2], in ottemperanza ai criteri dettati dalle norme di trasparenza e, segnatamente, dall’art. 117 comma 4 TUB.

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Tali argomentazioni permettono di proseguire con la trattazione dell’ulteriore questione sollevata da parte attrice relativa alla sostituzione, nel rapporto contrattuale di specie, del regime di capitalizzazione “composto” ipoteticamente attuato dall’istituto bancario con un regime di capitalizzazione “semplice”. Secondo l’opinione della ricorrente, l’applicazione di tale regime si giustificherebbe: per l’omessa indicazione del TAE nel testo contrattuale in esplicita contraddizione a quanto esposto dall’art. 6 Delibera CICR 09.02.2000 per cui «I contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo l’entrata in vigore della presente delibera indicano la periodicità di capitalizzazione degli interessi e il tasso di interesse applicato. Nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto», circostanza che legittima il ricorso al regime normativo di cui all’art. 1284 comma 3 c.c.; e per la mancanza di pattuizione specifica delle parti sulla previsione di un regime di capitalizzazione “composta”.

Le domande risultano infondate.

Sul punto, va osservato che le Sezioni Unite, nella pronuncia summenzionata, hanno richiamato quell’orientamento giurisprudenziale di legittimità per cui, con la previsione di un piano di ammortamento “alla francese”, «gli interessi dovuti sull’intero finanziamento vengono ripartiti nelle singole rate e sono calcolati sul capitale residuo, non ancora restituito, senza quindi che si verifichi l’addebito di interessi sugli interessi maturati»[3]. Del pari, nella giurisprudenza di merito si è affermato come «nei mutui con ammortamento alla francese (…) non esiste alcuna capitalizzazione infrannuale degli interessi ma solo il frazionamento dell’obbligo restitutorio. Ogni rata è composta da una quota di capitale ed una quota di interessi e, siccome la rata è di importo costante, nel corso del tempo la quota capitale contenuta in ciascuna rata progressivamente aumenta e la quota interessi proporzionalmente diminuisce. Il meccanismo restitutorio assicura che gli interessi contenuti in ciascuna rata siano calcolati sul capitale residuo, che via via decresce, senza alcuna capitalizzazione degli interessi»[4].

Atteso che una forma di capitalizzazione infrannuale nel rapporto contrattuale dedotto in giudizio non risulta essersi integrata, l’omessa indicazione del TAE non contrasta con la previsione di cui all’art. 6 Delibera CICR 09.02.2000 e, di conseguenza, non è predicabile la nullità parziale del medesimo contratto. L’infondatezza della domanda rende superfluo il ricalcolo formulato da parte attrice attuato tramite il ricorso ad un regime di capitalizzazione “semplice”.

 

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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., n. 15130/2024.

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[2] Cfr. Trib. Padova, 12.06.2022.

[3] Cfr. Cass. n. 13144/2023.

[4] Cfr. App. Torino n. 464/2020.



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