Il nuovo anno potrebbe vedere un ulteriore restringimento dello spread fra il rendimento dei titoli di Stato italiani e francesi con quelli tedeschi. Questo pensano, almeno, gli analisti di Raiffeisen Capital Management nel loro outlook per il 2025: «Prevediamo che i rendimenti dei titoli di Stato in euro continueranno a scendere e rimaniamo ottimisti per questa categoria di obbligazioni», osserva Karin Kunrath, chief investment officer di Raiffeisen. «Ci posizioniamo non solo in vista di un calo dei rendimenti dei titoli di Stato tedeschi, ma anche in previsione di una diminuzione dei premi per il rischio dei titoli di Stato italiani e francesi rispetto a quelli tedeschi». Il contesto, infatti, è quello di una politica monetaria della Banca centrale europea che si preannuncia più accomodante, che dovrebbe tornare a raffreddare il costo del debito in Europa per cercare di rivitalizzare un’economia in rallentamento. Una buona notizia per l’Italia, che già nel corso del 2024 – facendo leva su stabilità politica e prudenza nelle politiche di bilancio – ha visto notevolmente ridurre il differenziale di rendimento tra il suo decennale e l’omologo tedesco: ora a 116 punti base, ma che all’inizio dell’anno scorso era di 50 punti base superiore. Uno scenario promettente per il nostro Paese che nel corso dell’anno appena iniziato – stima il Centro Studi di Unimpresa – avrà quasi 350 miliardi di euro di debito pubblico da rinnovare. Mentre fino al termine della legislatura i Bot, i Btp e i Cct in scadenza valgono, complessivamente, 839 miliardi. Evidentemente, più i rendimenti saranno bassi (oggi un Btp a dieci anni rende il 3,5%) e più i costi da pagare per interessi caleranno. Una politica che è stata una priorità per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e che grazie ai risultati già ottenuti (secondo le stime dell’Ufficio Parlamentare di bilancio) porterà a risparmiare 17,1 miliardi da qui al 2029 su un debito che complessivamente ha raggiunto la cifra di 2.981,3 miliardi.
Salvo choc imprevisti, ora lo scenario dovrebbe comunque rimanere favorevole: «Nonostante i Treasury americani offrano un netto vantaggio di rendimento sui Bund tedeschi, le obbligazioni europee saranno probabilmente protette da una politica monetaria più accomodante nel 2025, con la Bce che potrebbe tagliare i tassi più frequentemente rispetto alla Fed», affermano gli analisti di Banor nel loro outlook per il 2025, «il mercato del credito continua a sovraperformare i governativi. Sebbene la crescita economica rimanga deludente, è comunque positiva, con un numero di default contenuto». Insomma, per Banor il credito alle aziende dovrebbe offrire prospettive interessanti anche il prossimo anno: «Sebbene nel 2025 sarà più difficile replicare l’apprezzamento registrato dal novembre 2023, i rendimenti rimangono buoni e superiori all’inflazione».
Durante il 2025, con l’insediamento del presidente Donald Trump, con la Federal Reserve più cauta sui tassi e per la paura di un colpo di coda dell’inflazione i mercati «diventeranno più turbolenti e altalenanti», anche se alla fine molto probabilmente non smetteranno di essere positivi. Questo è, in sintesi il pensiero di Corrado Cominotto, responsabile delle gestioni patrimoniali attive di Banca Generali. Secondo l’esperto, sul fronte azionario sono da prediligere «le società in forte crescita, cioè il tech Usa e quelle a sconto ma solide, cioè i bancari europei» mentre «sull’obbligazionario preferirei l’Italia a Germania e Francia, poichè da noi in questo momento c’è più stabilità politica e darei fiducia al corporate finanziario, cioè ai bancari, che garantiscono ritorni interessanti tra il 4-5% e il 6%». Del resto, gli istituti di credito italiani si segnalano come tra i più solidi e meglio capitalizzati d’Europa e quindi rendimenti così interessanti associati a performance economiche di rilievo non possono che essere un connubio interessante per l’investitore. Ma quali potrebbero essere i fattori in grado di influire sui mercati? Secondo Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte con il suo arrivo Trump alzerà la tensione con l’Europa sul fronte dazi per poi mediare: «Credo che l’impatto sui bond sarà meno forte di quello che adesso temiamo.
Il mercato lavora molto sulle percezioni e l’impressione dei mercati è che, come avvenne nel 2016, Trump arrivi, rialzi i dazi, tagli le tasse ed emetta una valanga di bond, facendo salire l’inflazione e impennando i rendimenti dei Treasury. Credo però che alla prova dei fatti le scelte di Trump saranno meno forti di quanto temuto».
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