La celebrazione del Te Deum: un inno di ringraziamento per l’anno trascorso | Arcidiocesi di Sassari

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Martedì 31 dicembre, nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la tradizionale liturgia del Te Deum: un momento di preghiera e riflessione che, a conclusione dell’anno civile, ha riunito i fedeli per elevare a Dio lodi e ringraziamenti per il dono del tempo e della vita.

Nell’omelia l’Arcivescovo ha detto:

<< Celebriamo questa sera la liturgia della Santissima Madre di Dio, Maria Santissima. La tradizione, tuttavia, indica questa liturgia come la liturgia del Te Deum, poiché, a conclusione dell’anno civile, vogliamo elevare a Dio la lode e la gloria per il dono del tempo e per il dono della vita. Le due celebrazioni non sono certamente in contrapposizione, ma, come abbiamo potuto ascoltare nel testo della lettera dell’Apostolo Paolo ai Galati: «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, quando venne la pienezza del tempo».

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Noi sostiamo nello scorrere del tempo, non semplicemente per sfogliare pagine di calendario, ma per leggere la presenza di Dio nella nostra vita e la nostra vita nella vita di Dio. Questa sera, quindi, con Maria, che è stata la serva, l’ancella di questo dono, eleviamo il nostro Te Deum, il nostro inno di lode alla Santissima Trinità per questo ineffabile dono. Il tempo è colmo della pienezza di una presenza: la presenza di Dio.

Naturalmente, questa presenza è una presenza nel mistero, che necessita del nostro pellegrinaggio nella fede. Proprio pochi giorni fa, iniziando il cammino dell’Anno Santo, abbiamo voluto sottolineare che un elemento caratteristico, e forse il più significativo dell’Anno Santo, è il nostro pellegrinaggio nella fede, che ha una duplice dimensione: quella di Cristo che viene incontro a noi e quella nostra che andiamo incontro a Cristo.

Che cos’è, dunque, il tempo per noi? Che cosa desideriamo che sia lo scorrere del tempo, se non un incontro con Cristo? Un camminare con Cristo, incontrare Cristo, abbracciare Cristo. La liturgia della Parola ci colloca proprio dentro questo mistero della fede come pellegrinaggio.

I pastori di Betlemme ricevettero l’annuncio da una schiera luminosa di angeli che cantava la gloria di Dio, annunciava la presenza di Dio e li invitava a compiere un cammino. Ed essi si misero in cammino. L’evangelista Luca descrive questo cammino sia verso la grotta, verso la mangiatoia di Betlemme, sia nel ritorno a casa.

Questa sera, mentre ringraziamo il Signore per il dono di un anno che ci lasciamo alle spalle, lo lodiamo e lo benediciamo per tutto ciò che Egli ha compiuto nelle nostre esistenze. 

Proseguiamo, però, il cammino, accogliendo l’invito di metterci in pellegrinaggio verso Colui che è adagiato nella mangiatoia.

Il Santo Padre ha disposto che in ogni chiesa cattedrale, in quest’Anno Santo, Cristo Crocifisso sia esposto per l’incontro con i fedeli. Anche noi viviamo questa esperienza, questo cammino, questa dimensione dell’Anno Santo. L’abbiamo iniziata con gioia, partecipazione, fede ed entusiasmo, ma siamo chiamati a coltivare l’entusiasmo, a coltivare l’impegno del cammino: il cammino verso Cristo.

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Abbiamo un orientamento: il nostro tempo, la nostra vita, è un cammino verso Cristo, ma è anche un cammino con Cristo, che è presente nella nostra vita. I pastori, ci ricorda Luca, andarono senza indugio; si fidarono. Non l’avevano incontrato, ma ricevettero un annuncio e iniziarono un cammino. Anche noi abbiamo ricevuto l’invito a vivere la grazia particolare di un Anno Santo. Ci siamo messi in cammino senza indugio, senza remore, resistendo a tutto ciò che avrebbe potuto ostacolare il senso del nostro cammino.

I pastori trovarono Maria, Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia. Chi cammina nella fede trova i segni della presenza di Dio. Dio non delude, Dio non abbandona, ma si lascia trovare. Egli è presente perché desidera farsi incontrare. Essi lo videro. Non solo lo trovarono, ma lo videro. È un mistero di incontro: non basta trovare qualcuno; vedere qualcuno lo mette in una relazione molto più intima, più profonda. È quello sguardo con Cristo che smuove la nostra vita, i nostri cammini. Dopo averlo visto, poterono riferirlo.

Luca parla certamente del mistero dell’Incarnazione nella sua manifestazione storica, ma qui parla anche della logica della vita delle prime comunità cristiane, insegnandoci come essere cristiani. La fede si riceve da un annuncio, è dono di un annuncioche implica un cammino, una ricerca, un incrocio di sguardi tra Dio e noi, un lasciarsi penetrare dalla sua presenza. Questo riattiva un movimento nuovo. Il primo movimento è quello di chi si mette in cammino per cercarlo; il secondo, quello dei pastori, è il ritorno a casa, riferendo ciò che del bambino era stato detto loro. Essi annunciano!

Questa è la Chiesa, questa è la vita cristiana: una trasmissione costante dell’incontro con Cristo. Anche per noi sarà un Anno Santo, come singoli e come Chiesa, se entreremo in questa dinamica della fede. L’Anno Santo, rispetto ad altre attività ecclesiali, si connota principalmente non per il fare delle cose, per il camminare, per mettere in moto un dinamismo nuovo: il dinamismo dell’incontro con Cristo, per sostare con Lui.

Questo Anno Santo si innesta nel cammino che la Chiesa sta vivendo: il cammino sinodale e, per la nostra Chiesa, il cammino della Visita pastorale. È un cammino di conversione pastorale.Ecco, allora, il programma dell’Anno Santo: accogliere l’invito, non indugiare. Chissà quante domande i pastori ebbero nel loro animo riguardo a quegli annunci, a quell’invito. Non tutti gli inviti sono chiari all’inizio; necessitano di un cammino, di un percorso.Così è anche per noi: lasciarci toccare dalla Parola, che attiva il cammino per divenire una Chiesa che contempla Cristo, lo trova e lo annuncia. Questo annuncio è rivolto a tutti.

Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. È l’obiettivo di Luca: che ciascuno arrivi allo stupore della fede, alla meraviglia della fede, che la sua vita si apra all’inedito, all’inesplorato, a ciò che ci fa camminare oltre, che ci fa uscire. Tutto il progetto di Luca è questo, ma non è un progetto astratto o teorico: è l’esperienza delle prime comunità. Deve esserlo anche per noi nell’esperienza della nostra Chiesa: arrivare allo stupore del mistero di Cristo in noi. Cristo donato, Cristo annunciato, Cristo conosciuto e amato per essere annunciato. Questo apre il cuore alla gloria, alla lode, alla gioia; ci libera dalle angosce, dagli affanni, anche dal peso del tempo.

Possa la gioia dell’annuncio del Vangelo risuonare nei nostri cammini, per rendere la vita di ciascuno di noi e di tante persone che attendono il rinnovato annuncio che Cristo è morto e risorto per noi, per una vita piena di speranza e fede >>.

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