Neanche stavolta mettiamo al sicuro il territorio da siccità e alluvioni

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Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 


Se non siamo in grado di riconoscere nelle nostre spese la vulnerabilità che l’economia ha dimostrato in questi due anni a fronte di eventi che sappiamo diventeranno più comuni, le finanziarie dei prossimi anni rischiano di riempirsi di rimborsi o gettito fiscale perso


Carta di credito con fido

Procedura celere

 

“Follow the money” – segui i soldi, dicono gli americani – e scoprirai le vere intenzioni di chiunque. La finanziaria è stata approvata. Un migliaio di commi nel linguaggio fintamente preciso delle leggi italiane, che assicura che qualcuno debba poi interpretare cosa c’è scritto, assistendo i cittadini nella miriade di conseguenze impreviste dalle varie interpretazioni. Ma persino l’opacità legislativa italiana non può eludere una legge universale superiore: alla fine, i soldi da qualche parte vanno spesi, e questa allocazione reale, voluta o accidentale che sia, riflette le vere priorità del paese. Ed è questa allocazione che ci comunica chiaramente che al momento, allo stato italiano, non importa mettere in sicurezza da alluvioni e siccità il proprio territorio. 

 

Mi si dirà che la finanziaria non è il testo nel quale si affrontano questo tipo di problemi. Falso. Lo dimostra la diga di Campolattaro, unica infrastruttura idraulica identificata esplicitamente in un comma della finanziaria – rappresentativa di una spesa di poco oltre i 400 milioni di euro per infrastrutture idrauliche. (Come riferimento teniamo presente che l’alluvione del solo maggio 2023 è costata più di 8 miliardi di euro e che mettere in sicurezza la Romagna si stima richieda circa 4.7 miliardi. Da allora quella stessa zona ha subìto due ulteriori alluvioni).

 

Vale la pena riflettere sul caso singolare della diga campana perché ci dà la misura del problema. L’opera “strategica” prevista anche dal Pnrr è finanziata per i “fabbisogni residui”. La storia di questa diga parte da un piano concepito nel lontano 1962 che intendeva assicurare al sud il fabbisogno idrico fino al 2000 – evidentemente non tanto tempo fa l’Italia si poneva il problema della resilienza futura del paese. Si decise di costruire un invaso sul fiume Tammaro. Il progetto esecutivo fu autorizzato sedici anni dopo, e nel 1980 la Cassa del Mezzogiorno assegnò 70 miliardi di lire per la costruzione. I lavori andarono avanti fino al 1993, quando di lire la diga ne aveva impegnate 270 miliardi. Fatta l’infrastruttura, però, la scomparsa della Cassa del Mezzogiorno aveva lasciato un vuoto amministrativo. Nel 1995 la gestione fu data alla Provincia di Benevento e nel 1997 furono stanziati tre miliardi di lire per completare l’opera. 

 

La diga non entrò in funzione, però, a causa di una frana. Il costo per mettere in sicurezza il crinale fu inizialmente stimato in altri cento miliardi di lire. Troppo.  Il cantiere fu riaperto nel 2004 e, messo in sicurezza il versante, si sarebbe potuti partire con il collaudo, ma a quel punto ci si pose la domanda di cosa fare di quest’acqua. Il 2000, anno obiettivo del piano originale, era ormai passato. Quel mondo non esisteva più. Si pensò ad un’ulteriore diramazione, e così ripartirono i lavori che fecero di questo invaso una “opera strategica” appunto. Tra Pnrr e fondi regionali, si tratta di varie centinaia di milioni di euro. Ma la diga, finalmente collaudata nel 2022, necessita di ulteriori lavori. E così siamo arrivati ai 36 milioni su due anni in finanziaria. 

 

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Il progetto sarà anche strategico, ma val la pena chiarirsi sul contesto: la diga è stata immaginata quando c’era ancora Mao Zedong in Cina. Nel frattempo, è nato internet, la telefonia mobile, l’elettrificazione dell’economia sulle rinnovabili, di cui la Cina è leader mondiale, e l’intelligenza artificiale. Negli ultimi vent’anni, la crescita cinese è stata alimentata anche da 120 Gw di potenza installata di dighe idroelettriche sullo Yangtse (più dell’intera potenza italiana). Tra queste, l’enorme diga delle Tre Gole costruita in tempi record e a costi inferiori del previsto tra il 1997 e il 2009. La diga di Campolattaro invasa circa 100 milioni di metri cubi. La diga delle Tre Gole, costruita in un terzo del tempo, ne tiene circa 40 miliardi, e ha potenza istallata di oltre 20 Gw. Entrambe sono infrastrutture “strategiche” ma è evidente che diamo al termine un significato diverso. 

 

Dico tutto questo non per sminuire gli sforzi (per altro necessari) della regione Campania per recuperare questa infrastruttura, ma per ricordarci che viviamo in un mondo nel quale un paese come la Cina, dove il reddito pro capite è ancora oggi un terzo di quello italiano, definisce il ritmo dei tempi strategici. Mi si dirà che il problema è che la finanziaria non è dove si affronta la strategia. Ma in realtà una strategia nazionale può solo esprimersi nell’uso delle risorse dello stato. E infatti, nella legge di Bilancio ci si occupa delle alluvioni, prorogando i termini per la ricostruzione del 2023. Peccato che da allora abbiamo imparato nuove cose. Per esempio, nel giro di due anni abbiamo visto tre eventi in Emilia-Romagna con tempi di ritorno di oltre cent’anni. Si è quindi chiarito che il problema non è gestire un’emergenza ma adattare una delle economie più produttive del mondo a condizioni materiali che stanno già cambiando. Abbiamo visto la Sicilia in ginocchio per la siccità del 2024. A bilancio abbiamo il “collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”, con stime di spesa oltre il 2030 di svariati miliardi (dimostrando tra l’altro che progetti di lungo periodo li sappiamo ancora immaginare). Ma se poi l’agricoltura in Sicilia perde oltre due miliardi di euro in un anno a fronte della siccità e se i turisti vanno altrove per paura di non riuscire a farsi la doccia, poi sul ponte che aumenta e velocizza gli scambi, cosa ci si trasporta? 

 

La finanziaria è dove le priorità si scontrano con la realtà, e le scelte difficili diventano inevitabili. Non dico che alluvioni e siccità siano più importanti di sanità, cuneo fiscale, o difesa. Ci mancherebbe. Ma se non siamo in grado di riconoscere nelle nostre spese l’evidente vulnerabilità che la nostra economia ha dimostrato in questi due anni a fronte di eventi che sappiamo diventeranno più comuni, le finanziarie dei prossimi anni rischiano di riempirsi di rimborsi o gettito fiscale perso, da importanti settori economici incapaci di gestire una nuova normalità. Speriamo, quindi, che il 2025 porti meno danni dal cielo e più consiglio a noi tutti.





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