Sotto il sole della Gallura s’affastellano progetti con gigantesche pale eoliche sparse in mare. Una cintura (in parte) visibile da terra, alta trecento metri, nelle acque dove oggi incrociano gli yacht dei miliardari – in dollari – del pianeta, una serie di enormi eliche contestate da sindaci e imprenditori che, se ottenessero le autorizzazioni, stringerebbero in una morsa anche il turismo dorato della Gallura. «Ne risentirebbe tutto ciò che è stato creato dall’Aga Khan e custodito nei decenni successivi», spiega Lorenzo Camillo, l’agente immobiliare australiano di nascita che dal 1972 a Porto Cervo lavorò con il principe ismaelita, «crollerebbe un mondo, trascinando centinaia di posti di lavoro e miliardi di quotazioni immobiliari. Perché è chiaro che sarebbe uno spartiacque tra un prima e un dopo: chi pagherebbe cifre record per acquistare una casa affacciata su acque che pullulano di pale eoliche? Vale per la Costa Smeralda e per il resto della Sardegna».
Se fosse dato il via libera agli impianti eolici in mare, quali conseguenze ci sarebbero per il turismo, il paesaggio e gli immobili?
«Bisogna partire dal principio base, cioè il concetto su cui poggia il successo della Costa Smeralda: la meticolosità nel proteggere la natura. In questo l’Aga Khan era maniacale, ma aveva ragione. Quando si crea un borgo meraviglioso con servizi di altissimo livello – negozi, ristoranti, cantiere navale – il successo arriva di sicuro. La gente che vive nelle città super inquinate, tutto cemento e catrame, traffico, intasamenti, arriva in Sardegna e trova un paradiso. È il motivo che consente di vendere le case a prezzi alti e alle imprese di lavorare a pieno ritmo, tutti guadagnano vendendo il bello. Villa Capaccia, per dire, è stata venduta a 105 milioni. Se fosse sottratto uno dei pilastri, il più importante, il progetto crollerebbe. Gli yacht blasonati àncorano nella baia, perché – al contrario della Costa Azzurra e della Costiera Amalfitana – non è cementificata. Se comparissero le pale nei terreni circostanti e in mare nessuno vorrebbe più venire. Un errore simile l’ha fatto Creta sfregiando la costa con queste brutture e ha pagato un prezzo alto in termini di turismo. Commetterlo da noi significherebbe che le case sarebbero messe in vendita, crollerebbero le quotazioni, finirebbe il sogno. Il valore sarebbe sicuramente più che dimezzato, diventerebbe l’eldorado di speculatori con soldi da riciclare. Il problema riguarda tutta la Sardegna, perché questi mostri svaluterebbero gli immobili in ogni angolo della nostra bellissima isola. Per capirci: sopra il Cala di Volpe hanno innalzato un palo per le telecomunicazioni infinitamente meno impattante di una torre eolica, ma è vicino a una villa: l’ha deprezzata rendendola invendibile, la proprietaria non sa che fare».
Dove produrrebbe l’energia rinnovabile?
«Ho i pannelli sulla barca e sul tetto di casa, è una scelta opportuna che sarebbe giusto fare dappertutto, a parte quelli neri, quelli proprio no. Come si fa a pensare di produrre energia in zone particolarmente pregiate devastando il patrimonio dei sardi più importante: l’ambiente. Molti Paesi stanno indirizzando i progetti verso il deserto del Sahara, luce e caldo garantiti 11 ore al giorno. L’Eni sta costruendo un grande impianto in Tunisia. Facciamo un piano Mattei 2, chiamiamolo così. Altrimenti il deserto economico invaderà la Sardegna».
Non le sembra una forma di colonizzazione?
«No, sarebbe un modo per fare business assieme, con reciproci vantaggi».
Nelle zone industriali dismesse?
«No, che senso avrebbe sostituire un obbrobrio con un’altra bruttura. Penso a Porto Torres, quelle ciminiere andrebbero abbattute, è robaccia. Va risanato per far posto a grandi cantieri navali, marina, iniziative di supporto al turismo».
Può avere un effetto la sola presentazione dei progetti?
«Produce dei danni perché fa passare l’idea che l’ambiente sardo sia a rischio, ma è giusto parlarne per affrontare il problema prima che sia tardi. Avevo due clienti tedeschi benestanti che volevano trasferirsi nell’isola per la qualità della vita, ce ne sono tanti, anche se poi hanno scelto Maiorca per una ragione slegata dal rischio eolico: era più adatta alle loro esigenze per i collegamenti aerei».
Cosa si può fare per bloccare i progetti impattanti?
«Innanzitutto informare correttamente i sardi: far capire loro che non coinvolge solo i ricchi della Costa Smeralda ma tutta la Sardegna, da Alghero a Pula, al Sinis e Carloforte, ovunque si sfregi il paesaggio per fini speculativi. I danni si rifletterebbero immediatamente sul vasto indotto. L’Aga Khan andava personalmente a comprare i tappeti di Mogoro per il suo ufficio. Dico questo perché le ripercussioni colpirebbero anche i piccoli paesi che producono ciò che i turisti comprano in Sardegna».
Mai contattato per terreni da destinare alle rinnovabili?
«Sì, ho fatto cadere la richiesta. Preferisco perdere la provvigione che la coscienza».
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