Per evitare la demolizione e sostituirla con una sanzione pecuniaria è necessario dimostrare, sulla base di un motivato accertamento tecnico, che un’eventuale messa in pristino pregiudicherebbe la parte conforme dell’immobile, e che quindi sussiste un vero e proprio stato di pericolo per la stabilità dell’edificio, che si può evitare solo con la fiscalizzazione dell’abuso.
Ci sono dei casi nei quali è possibile ‘salvarsi’ dalla demolizione conseguente ad un abuso edilizio, pagando una multa (anche molto salata) che si sostituisce alla messa in pristino: è il caso della fiscalizzazione dell’abuso edilizio, fattispecie regolata dagli articoli 33 e 34 del Testo Unico Edilizia.
Abusi edilizi: la demolizione è una logica conseguenza
Nel caso della sentenza 21693/2024 del Tar Lazio, ci imbattiamo nel ricorso contro l’ingiunzione a rimuovere o demolire alcuni interventi di ristrutturazione edilizia abusivi, consistenti in un ampliamento di circa 30 mq con chiusura di una loggia ai fini residenziali e nell’aggiunta di un ulteriore volume adiacente all’esistente, realizzato sulla terrazza, il tutto senza permesso di costruire.
Quindi, il primo passaggio è piuttosto semplice: abuso edilizio, rilievo del comune, ingiunzione di demolizione.
Il ricorso: c’era pregiudizio per la parte conforme?
Il ricorrente non contesta l’abusività del suddetto intervento ma deduce che lo stesso sarebbe stato realizzato negli anni 70 dalla propria dante causa e che egli ne è venuto a conoscenza solo in occasione della presentazione della SCIA per l’ammodernamento dell’appartamento.
Inoltre, contesta quanto rappresentato dal comune in ordine al fatto che la demolizione dell’intervento non recherebbe pregiudizio alla restante parte dell’immobile.
Ordinanza di demolizione: è legittimo anche a distanza di tempo
In primis, il TAR ricorda che il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso.
Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino, non maturando alcun legittimo affidamento in capo al privato «di poter conservare, anche nel lungo periodo, le opere abusivamente realizzate; di conseguenza non v’è ragione per obbligare l’Amministrazione ad effettuare una valutazione comparata tra l’interesse privato e quello pubblico, al ripristino della legalità violata, e a darne conto con specifica motivazione» (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 23 gennaio 2024, n. 729).
Fiscalizzazione dell’abuso: il privato deve fornire prove certe
Passando all’esame della richiesta di fiscalizzazione ‘bannata’ dal comune, si evidenzia che il potere di disporre questo istituto, disciplinato dall’art. 34 del dpr 380/2001 e che consente di ‘trasformare’ la demolizione in semplice ammenda pecuniaria, ha valore eccezionale e derogatorio e dev’essere inteso nel senso che non compete all’Amministrazione procedente valutare, prima dell’emissione dell’ordine di demolizione dell’abuso, se la misura possa essere applicata, incombendo, piuttosto, sul privato interessato, la dimostrazione, in modo rigoroso e nella fase esecutiva, della obiettiva impossibilità di ottemperare all’ordine stesso senza pregiudizio per la parte conforme.
Parte conforme? Serve una parziale difformità
La prima osservazione da fare è che affinché ci sia una parte conforme, deve sussistere una parziale difformità dal titolo abilitativo, mentre qui siamo in presenza di una difformità totale, in quanto l’intervento è stato eseguito senza alcun permesso di costruire.
Manca, quindi, la prima prerogativa dell’art.34 del Testo Unico Edilizia, in quanto in realtà l’art.33 consentirebbe la fiscalizzazione anche per le totali difformità.
Nello specifico, per poter ottenere la fiscalizzazione dell’abuso:
- si deve trattare di parziale difformità dal titolo abilitativo (art.34);
- si può trattare di totale difformità dal permesso di costruire o ristrutturazione in assenza di permesso di costruire (art.33);
- deve sussistere l’oggettiva impossibilità di demolire l’abuso edilizio (ripristino dello stato dei luoghi, art.33) o, nel caso dell’art.34, l’impossibilità di demolire la parte non conforme senza pregiudizio della parte conforme (cio deve sussistere il concreto rischio di danneggiare la parte realizzata in conformità).
Demolizione e pregiudizio della parte conforme: quando si decide la fiscalizzazione
Pertanto – prosegue il TAR -, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, secondo condiviso e consolidato arresto giurisprudenziale “la valutazione della sussistenza delle condizioni per la c.d. fiscalizzazione dell’abuso non costituisce condizione di legittimità dell’ordinanza di demolizione. Invero, l‘applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria va decisa in fase esecutiva dell’ordine di demolizione, nella quale gli interessati ben possono dedurre lo stato di pericolo per la stabilità dell’edificio, e sulla base di un motivato accertamento tecnico. In ogni caso, non spetta all’Amministrazione, bensì al destinatario dell’ordine di demolizione che invochi l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva, dare piena prova della sussistenza dei presupposti fissati dall’art. 34, d.P.R. n. 380/2001 per accedere al beneficio in questione. In particolare, spetta all’istante dimostrare il pregiudizio sulla struttura e sulla fruibilità arrecato alla parte non abusiva dell’immobile dalla demolizione della parte abusiva e che tale pregiudizio sia evitabile esclusivamente con la fiscalizzazione dell’abuso“.
Fiscalizzazione dell’abuso edilizio: è il privato che deve provare l’impossibilità di demolire
Spetta all’istante dimostrare il pregiudizio sulla struttura e sulla fruibilità arrecato alla parte non abusiva dell’immobile dalla demolizione della parte abusiva e che tale pregiudizio sia evitabile esclusivamente con la fiscalizzazione dell’abuso.
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La fiscalizzazione è successiva all’ordine di demolizione
In pratica, una volta che viene accertata la sussistenza dei presupposti per la legittima adozione dell’ordine di demolizione, il ricorrente potrà, nella di esecuzione dell’ordine di demolizione, fornire idonea dimostrazione del pregiudizio che la demolizione della parte abusiva dell’immobile recherebbe alla restante parte.
In questo caso, le prove non sono state fornite per cui la fiscalizzazione non è applicabile.
LA SENTENZA E’ SCARICABILE IN ALLEGATO
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