“Cambiare le strategie. Prospettive condivise. Innovazione sostenibile”

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Monia Monni, assessora toscana all’Ambiente e alla Protezione civile, conosce molto bene la Piana tra Prato e Firenze. Ha visto con i suoi occhi il luogo della tragedia e ha ascoltato il dolore delle famiglie dei cinque lavoratori morti.

Assessora, dopo il disastro di Calenzano si è aperto il dibattito sul futuro dell’area. Si sono aperti gli occhi solo ora.

“Il disastro di Calenzano ha rappresentato una tragedia umana e sociale devastante che ha segnato profondamente la nostra comunità. Il mio pensiero va innanzitutto ai cinque lavoratori che hanno perso la vita e alle loro famiglie. Quando l’impianto fu realizzato, nel 1956, si operava in un contesto storico in cui la conoscenza dei rischi era limitata e mancavano normative specifiche come la direttiva Seveso. Calenzano era un’area depressa e paludosa e l’imperativo erano la crescita e la creazione di opportunità, senza ancora una matura consapevolezza delle sfide legate alla sicurezza e alla sostenibilità. Oggi abbiamo strumenti più efficaci per garantire una gestione rigorosa del rischio. Tuttavia, il progressivo sviluppo urbano ha portato l’abitato a crescere attorno all’impianto, aumentando il numero di persone potenzialmente esposte. Per questo è fondamentale assicurare il rispetto di piani di prevenzione, investire in tecnologie sicure e promuovere un dialogo con la comunità. Questo approccio deve andare di pari passo con una transizione complessa, ma necessaria verso un modello di sviluppo che metta al centro la dignità del lavoro, la tutela del territorio e il rispetto per la vita. In questo senso, l’impegno della Toscana nel promuovere le energie rinnovabili e accelerare il superamento delle fonti fossili rappresenta un passo cruciale verso un futuro più sicuro e sostenibile”.

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L’area Firenze-Prato-Pistoia è stata governata prevalentemente dal centrosinistra…

“Quest’area è un mosaico di comunità che, nel tempo, hanno lavorato con impegno per valorizzare le proprie specificità, rafforzando identità e capacità produttive. Ogni comune ha portato avanti questo percorso affrontando le proprie sfide, in un contesto in cui le priorità locali prevalevano su una visione d’insieme. Questo approccio, pur comprensibile, ha impedito lo sviluppo di una pianificazione condivisa e strategica, capace di coniugare le forze locali in un progetto unitario. Non mi pare che il centrodestra, pur avendo amministrato città di questo territorio, abbia contribuito a superarne la frammentazione. La mancanza di coordinamento ha lasciato irrisolte questioni cruciali come la mobilità, la sostenibilità ambientale e la lotta alle disuguaglianze, che richiedono un approccio di area vasta per essere affrontate efficacemente. Ora i tempi sono maturi per superare le logiche di isolamento, costruendo una governance unitaria che valorizzi i successi locali e operi in rete. Solo così sarà possibile affrontare sfide come la transizione ecologica, la rigenerazione degli spazi urbani e una mobilità sostenibile. L’area Firenze-Prato-Pistoia può diventare un modello di innovazione e sviluppo equilibrato, rispettando il suo patrimonio umano, produttivo e ambientale e integrando le singole identità in un progetto comune”.

Qui si determina il pil toscano. C’è da armonizzare funzioni, servizi e infrastrutture.

“La Piana è un motore economico fondamentale per la Toscana, con un ruolo produttivo strategico che contribuisce in modo significativo alla crescita regionale. Tuttavia, ridurre il suo valore al solo aspetto produttivo sarebbe ingeneroso. Quindi bene le infrastrutture, e penso alla tramvia e al Ponte tra Lastra e Signa ma anche al Parco della Piana, ma dobbiamo guardare a un sistema che integri in modo equilibrato le dimensioni economiche, sociali e ambientali”.

Quali strumenti mettere in campo. Vannino Chiti ha lanciato la proposta un tavolo operativo con Regione regista per evitare che i Comuni siano lasciati soli.

“La proposta di un tavolo operativo con la Regione come regista è cruciale per adottare una visione condivisa che integri le sfide ambientali, sociali ed economiche. È essenziale che la pianificazione sia collettiva, consderando che le opportunità e le problematiche riguardano l’intera area. La Piana ha un grande potenziale per diventare un laboratorio di innovazione, dove lo sviluppo economico si integri con la cura del territorio. Un passo fondamentale è accelerare la transizione verso le energie rinnovabili, rendendo l’area un modello di produzione e consumo responsabile. Parallelamente, l’economia circolare deve diventare il cuore del nostro sviluppo. I nostri settori produttivi sono tra i più avanzati in questo campo e sostenere i loro sforzi significa creare posti di lavoro verdi e promuovere un’economia più resiliente. Inoltre, la mobilità pubblica sostenibile, la riqualificazione energetica degli edifici e la valorizzazione delle risorse locali sono strumenti strategici per costruire un’economia che non solo stimoli la crescita, ma rispetti l’ambiente e migliori la qualità della vita di tutti. Infine, la difesa del suolo deve diventare una priorità nelle scelte pianificatorie. La Regione deve svolgere un ruolo centrale nel coordinare questo processo, ma è altrettanto fondamentale coinvolgere cittadini, associazioni e imprese per sviluppare una visione condivisa che metta al centro la giustizia sociale e la sostenibilità per costruire un modello di sviluppo equilibrato e inclusivo”.

Luigi Caroppo

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