Ferrara «Il cliente ci deve mettere la faccia come facciamo noi. Se ti recensisce con una stellina viene condizionato il giudizio complessivo sul tuo locale. Quindi si deve assumere la responsabilità di quello che ha scritto», dicono i ristoratori ferraresi. Difficile trovare qualcuno che non sia d’accordo, al massimo la differenza sta in alcune sfumature.
Il tema, in una società in cui viaggiare e mangiare in compagnia è diventato un segno dei tempi, si è passati in pochi anni dal passaparola, raccolto la sera a cena con gli amici, al “cicerone” digitale, disponibile 24 ore su 24 con stelle e giudizi già pronti per scegliere dove fermarsi a mangiare. Così un sito web come Tripadvisor, solo per citare una delle piattaforme digitali più conosciute al mondo, è diventato un gigante del settore in poco tempo, offre centinaia di milioni di recensioni e viene consultata mensilmente da centinaia di milioni di visitatori.
Per ristoratori e clienti, sulla carta, un affarone. Clic sul nome del ristorante o della trattoria con le recensioni più convincenti, poi il navigatore che guida il cliente fino locale. Senza bisogno di fare pubblicità. Per il cliente, una volta pagato il conto, il “giro” può ripartire e può indossare, a sua volta, i panni del recensore.
Nel tempo le cose si sono complicate: le statistiche confermano che il cliente può gettare discredito sul locale mosso da un interesse economico o semplicemente per ripicca. Quei giudizi, dicono alcune ricerche, possono condizionare nel bene e nel male fino al 30% del fatturato di un albergo, ristorante o di un’altra società e 3-4 utenti su 5 tengono i commenti in buona considerazione. C’è quindi chi si tutela. Il tribunale di Milano ha imposto alcuni mesi fa la chiusura di un sito di recensioni pilotate, mentre un giudice di Roma – notizia recente – ha ordinato di oscurare i commenti fake espressi su una società che opera nel settore finanziario. Giudizi veri, nel senso di sinceri, oppure prodotti ad arte con intenzioni malevole si mescolano in un mare magnum di pareri e stelline. Anche per i ristoratori ferraresi, come per molti colleghi del resto d’Italia, è giunta l’ora di regolamentare con maggior rigore la possibilità di esprimere quei giudizi.
Intanto il governo ha iniziato ad esaminare la questione e il parlamento si appresta a discutere, a breve, nuove disposizioni che puntano a imporre una stretta in materia. «Giusta, perché ormai è difficile capire se il parere del cliente riflette davvero la sua esperienza. Ho ricevuto personalmente l’offerta di recensioni a pagamento che ho immediatamente rigirato al servizio che me le aveva inviate – racconta Giacomo Garutti, titolare del ristorante “Molto più che Centrale” – È corretto che io non possa emettere giudizi on line su attività che si trovano nel raggio di alcuni chilometri dalla mia per evitare conflitti di interesse, ma lasciare al cliente libertà senza regole può riflettersi in un danno per l’attività e per motivi che non c’entrano niente con la qualità del cibo o del servizio. Dovrebbero tutti avere un account verificato». Ennio Occhiali, lo storico timoniere di “Cusina e Butega”, concorda sulla «presenza, fra le tante recensioni che vengono scritte on line, di commenti interessati. Se qualcuno dà un giudizio negativo, comunque, noi rispondiamo sempre, abbiamo una persona che cura il sito. È chiaro che qualche volta sbagliamo anche noi. Una sera abbiamo ospitato una compagnia particolarmente chiassosa e diversi clienti si sono lamentati. Ci siamo scusati e li abbiamo invitati di nuovo. Lo dico sempre: quando accontentiamo l’80% direi che abbiamo fatto tanto, difficile andare oltre. Cerchiamo di non abboccare alle provocazioni, questo sì. E se vedo che un locale su poche decine di recensioni ottiene una raffica di cinque stelle tendo ad essere un po’ scettico». È giusto recensire i clienti? «Noi replichiamo alle osservazioni che possono essere fondate – conclude Occhiali – Non metteremo stelline ai clienti, non ne vale la pena».
Masterchef, il talent show culinario, non è il preferito dei ristoratori: «Da quando va in onda – scherza, ma non del tutto, Pasquale Travagli, dell’Osteria degli Ulivi – sono diventati tutti cuochi provetti. Comunque sappiamo che non è possibile accontentare ognuno, ma da qualche tempo facciamo molta fatica a parlare con i clienti. Uno ha pagato il conto senza fare nessuna osservazione, poi si è fermato qui fuori e dopo due minuti sono comparse le sue 2 stelle. Una volta venivano alla cassa per avere lo sconto. Altre volte scrivono un giudizio buono e poi danno 1 o 2 stelle. Mah. Su alcuni giudizi “sospetti” ho fatto ricerche, c’è chi si spaccia per cliente ma non è stato qui. Dialogare con le piattaforme è difficile, imporre un’identità accertata all’avventore è una buona soluzione».
Afra Borgazzi, al Mandolino da 26 anni, è convinta che «questo sistema è stato utile soprattutto all’inizio. Oggi è un po’ un guazzabuglio e non si può rispondere a tutto. La vedo così: finché il locale si riempie tutti i giorni…». Mario Stella, del Gatto Bianco, si è imbattuto in un avventore che «ha mangiato il filetto e fatto la scarpetta. Ha pagato ma poi ha scritto che il filetto era duro. Poteva dirlo mentre era al tavolo, si poteva rimediare. Credo che il giudizio certificato possa scoraggiare i clienti meno seri e qualche malintenzionato». Anche Edoardo Vannucci, il cui Portovino, aperto al posto dell’ex “Romantica”, ha aperto i battenti un mese fa, ricorda che «qualche cliente ci ha dato recensioni negative nel giorno in cui eravamo chiusi. È un sistema che sta diventando un po’ una spada di damocle, c’è anche chi si offre per farti delle recensioni positive. È chiaro che bisogna regolamentare meglio».
Spesso la recensione «è il primo biglietto da visita del locale – conclude Alessandro Martone, della pizzeria “Da Michele” – Ormai è un terno al lotto. Cerchi di fare il meglio, il cliente gradisce e poi ti ritrovi con 1 o 2 stelle perché il parcheggio non è vicino. Ma cosa c’entra con il servizio? Credo che sia giusto responsabilizzare il cliente, chiedergli di motivare il giudizio. Non è un gioco, è un’attività economica, posti di lavoro». l
Gioele Caccia
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