Osservazioni sugli interventi in materia di liberazione anticipata e misure in materia penitenziaria di cui al dl n. 178 del 2024

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Audizione presso la Commissione Giustizia del Senato in data 10.12.2024 in materia di D.L. 178 del 2024.

Osservazioni sugli interventi in materia di liberazione anticipata e misure in materia penitenziaria di cui al Decreto legge n. 178 del 29/11/2024 Disegno di legge n.1315/ 2024.

Per quanto di interesse in relazione al settore dell’Esecuzione penale, il Decreto legge n. 178 del 29/11/2024 introduce alcune importanti novità in materia edilizia penitenziaria e di lavoro di pubblica utilità sostitutivo, in relazione alle quali una prima lettura critica suggerisce le osservazioni di seguito esposte.

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Art.6 Disposizioni urgenti in materia di edilizia penitenziaria e per la funzionalità del sistema giudiziario

L’art. 6 del Decreto apporta una serie di modifiche all’art. 4 bis del Decreto legge n. 92 del 4 luglio 2024 che prevede un nuovo “Piano carceri” e la nomina del Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria indicata tra le misure necessarie ed urgenti per fronteggiare l’emergenza del sovraffollamento carcerario.

È doveroso osservare che siffatta misura non appare idonea né nel breve, né nel medio periodo idonea ad incidere sul sovraffollamento carcerario.

Secondo le rilevazioni statistiche del Ministero della Giustizia, alla data del 30.11.2024 il numero di detenuti presenti negli istituti penali italiani era complessivamente pari a 62.427.

Orbene, se si considera la serie storica delle presenze dei detenuti negli istituti di pena riportate nelle rilevazioni del Ministero della Giustizia, si nota come dal 2021 il tasso di sovraffollamento sia in costante crescita, assumendo carattere strutturale e non episodico: al 31.12.2021: n. 54.134,   al 31.12.2022: n. 56.196, al 31.12.2023: n.60.166, al 30.11.2024: n. 62.427.

Dal confronto dei dati pregressi con l’attuale tasso delle presenze, si evince come rispetto allo scorso anno si sia registrato un aumento di + 2261 unità, mentre dal 2022 l’aumento delle presenze alla data attuale è pari a + 5.231 unità, dal 2021 alla data attuale l’aumento ascende a + 8.293 unità.

Ne consegue che da qui a due anni, ossia nello spazio temporale del mandato del Commissario straordinario fissato al 31.12.2026, è realistico che il tasso delle presenze sarà ulteriormente implementato di non meno di 4000/5000 nuove unità; sicché, quando anche, nella più favorevole delle ipotesi sottese alla previsione normativa, il Commissario riuscisse a realizzare nel tempo del suo mandato alcune nuove carceri, realisticamente esse potrebbero assorbire al più una parte dei nuovi ingressi, ma in alcun modo potrebbero assorbire la parte restante delle 4/5000 nuove incarcerazioni e, ancor meno, incidere sul tasso attuale di sovraffollamento.

In assenza di interventi normativi realmente utili ad affrontare la drammatica crisi del sovraffollamento carcerario, questo è destinato a crescere come è avvenuto negli ultimi tre anni, sia perché i processi si stanno definendo più rapidamente e il numero delle definizioni penali è in crescita, sicché aumenta il numero delle sentenze in esecuzione; inoltre, la nuova penalità introdotta con le pene sostitutive sta avendo una modesta applicazione; infine, negli ultimi anni sono aumentati i casi di ostatività e gli automatismi che aprono la strada al carcere, spesso a prescindere dalla reale pericolosità del condannato; cresce, infine, il disagio sociale e la crisi del sistema sanitario con riduzione dell’offerta terapeutica sia per i malati psichiatrici, sia per i tossicodipendenti.

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La riforma della procedura per la concessione del beneficio della Liberazione anticipata di cui al D.L. 92/2024, indicata come misura utile ad abbattere in breve tempo il tasso di sovraffollamento carcerario, non ha sortito alcun effetto, mentre i Tribunali e gli Uffici di Sorveglianza sono in attesa del Regolamento ministeriale che dovrebbe garantire operatività alla riforma: sono ormai quasi trascorsi i sei mesi entro i quali per la previsione di cui al comma 4 dell’art. 5 del D.L. 92/2024 doveva essere adottato tale regolamento, ma di esso non si ha notizia e appare difficile che il termine, vista l’imminente scadenza del semestre al 4 gennaio 2025, venga rispettato.

In tale situazione, appare evidente che la realizzazione di nuove carceri, sempre che ciò possa avvenire in soli due anni, non costituisce una misura efficace rispetto all’obiettivo della riduzione del tasso di sovraffollamento e appare, invece, necessaria e improcrastinabile l’adozione di altre misure di carattere normativo.

Ci si permette di suggerire al riguardo l’elevazione del limite di concessione della detenzione domiciliare ordinaria, ora fissata in due anni, a quattro anni, così da omologare tale limite a quello previsto per la detenzione domiciliare sostitutiva e all’affidamento in prova, unitamente all’eliminazione del divieto di concessione della detenzione domiciliare ordinaria previsto per i reati cosiddetti ostativi.

Il divieto di concessione della detenzione domiciliare ordinaria oltre i due anni crea una disparità di trattamento irragionevole sia in relazione all’omologa pena sostitutiva concedibile fino a quattro anni di pena effettivamente irrogata, sia rispetto alla ben più ampia misura dell’affidamento in prova al servizio sociale; il superamento di tale irragionevole limite, allargherebbe notevolmente la platea di coloro che possono essere ammessi alla misura alternativa, peraltro in condizioni di più stringente controllo da parte dell’Autorità di P.s. e con maggiore sicurezza per i cittadini di quanto non avvenga nel caso dell’affidamento in prova; ciò eviterebbe un numero non modesto di carcerazioni e consentirebbe una più rapida fuoriuscita dagli istituti penitenziari di tutti coloro che non hanno una particolare pericolosità, specie di chi è ormai nella fase finale di esecuzione della pena.

Passando ora all’esame del testo della disposizione, una prima annotazione deve farsi con riferimento agli obiettivi posti al Commissario, i quali a mente della previsione del comma 2 dell’art. 6 del decreto, consistono nel compimento di tutti gli atti necessari a realizzare

1) interventi di manutenzione straordinaria, ristrutturazione, completamento e ampliamento delle strutture penitenziarie esistenti;

b) i nuovi istituti penitenziari e di alloggi di servizio per la polizia penitenziaria, al di fuori delle aree di notevole interesse pubblico sottoposte a vincolo ai sensi dell’articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

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c) destinazione e valorizzazione dei beni immobili penitenziari;

d) subentro negli interventi sulle infrastrutture programmati o in corso alla data del provvedimento di nomina, se esso non pregiudica la celerità degli interventi medesimi.

Tuttavia, tra gli obiettivi del Commissario, la norma non ne contempla alcuni che appaiono urgenti e, in particolare:

a) la realizzazione di luoghi nei quali il detenuto possa coltivare in modo riservato le relazioni affettive in coerenza con quanto stabilito dalla sentenza n. 10/2024 della Corte Costituzionale;

b) gli interventi di edilizia penitenziaria necessari a realizzare circuiti penali differenziati, come previsto dall’ordinamento penitenziario; uno dei problemi attuali del carcere e della sua funzionalità è nel fatto che la maggior parte di essi, specie quelli di grandi dimensioni, sono dei grandi contenitori in cui l’assegnazione delle persone alle sezioni persegue esclusivamente logiche legate alla sicurezza (alta/media), e non la condizioni dei detenuti ed i loro bisogni di cura e trattamentali: secondo le rilevazioni contenute nella Relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze, il 30/32% della popolazione carceraria è tossicodipendente, alto è il numero di soggetti con patologie psichiatriche e in doppia diagnosi; i soggetti in custodia cautelare in carcere sono ospitati nelle stesse celle dei definitivi. Sarebbe quindi indispensabile per recuperare una migliore qualità di vita in carcere e rendere efficace il trattamento, la realizzazione di quegli interventi, anche strutturali che consentano di realizzare i circuiti penali differenziati, prevedendo così l’apertura di Ser.D interni e delle Articolazioni di tutela della salute mentale, rendendo possibile l’assegnazione dei detenuti anche in relazione alla loro diversa posizione giuridica e, quindi, alla differente offerta trattamentale.

-Ampliare gli spazi destinati alle attività trattamentali: lavoro, istruzione, formazione, cultura, ricreazione, spazi oggi assolutamente carenti in tutti gli istituti e la cui mancanza preclude il compimento di quelle azioni che maggiormente favoriscono la rieducazione, la risocializzazione e il contrasto alla recidiva.

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Di converso, gli obiettivi posti al Commissario appaiono forse eccessivamente ambiziosi, ove si tenga conto del limitato tempo del mandato e della mancata allocazione di risorse straordinarie aggiuntive: aprire nuove carceri in due anni appare un obiettivo francamente irrealistico ove si consideri la complessità dell’impresa, che va dalla ricognizione dei bisogni, l’individuazione dei progettisti, l’iter progettuale, l’espletamento delle procedure amministrative, urbanistico-edilizie e paesaggistiche, gli espropri da realizzare, la realizzazione, il collaudo, etc.

Basta al riguardo rinviare all’iter del precedente “Piano carceri” che aveva visto nel 2008 la nomina del Commissario Straordinario e la delibera del “Piano” nel giugno 2010, con la previsione della creazione di nuovi 9.150 posti detentivi (le previsioni iniziali prevedevano nuovi 18.000 posti) con risorse pari a 675 milioni di euro. Come è noto l’apertura delle nuove carceri avvenne solo diversi anni dopo, in alcuni casi ben oltre il 2013 e con un piano di investimenti predeterminato e congruo, laddove, nel caso attuale come si evince dal successivo comma.

Alla luce di tali considerazioni, sarebbe opportuno conferire un mandato su obiettivi realistici e fattibili, con l’ indicazione di precisi ordini di priorità da individuare nella realizzazione degli interventi di edilizia penitenziaria destinati al restauro degli edifici, molti dei quali anche per le nuove strutture sono già ammalorati, e la ristrutturazione dei più vecchi istituti penitenziari, il recupero dei carceri mandamentali, oggi chiusi, nonché il perseguimento di quegli obiettivi più sopraindicati, oggi non previsti dal decreto e che sono indispensabili per assicurare una migliore qualità di vita ai detenuti.

Nella previsione dell’apertura di nuove carceri, oltre a non essere chiaro se e in quale misura vi sia copertura finanziaria, non si tiene conto in alcun modo di un aspetto fondamentale, che sono le dotazioni di personale di Polizia penitenziaria, del ruolo dei direttori, educatori, assistenti sociali ed esperti psicologi, figure già oggi gravemente carenti e che sono indispensabili per aprire nuove carceri. Lo scorrimento delle graduatorie per i soli direttori, già previsto nel D.L. 92/2024, basterà forse a colmare i vuoti in organico già oggi esistenti.

Il contingente di mille unità di agenti di Polizia penitenziaria (peraltro in due tranches di 500 unità + 500 unità al 2025 /2026), tenuto conto delle attuali scoperture della Polizia penitenziaria (al gennaio 2024 secondo i dati diffusi dal Dipartimento mancavano oltre 7000 persone), saranno forse sufficienti a compensare i pensionamenti, ma non certo a consentire l’apertura di nuove carceri.

Quanto alla struttura commissariale, il confronto con la precedente e assai meglio strutturata previsione del Piano carceri 2010, evidenzia una complessiva fragilità del progetto odierno e suscita più di una perplessità in ordine alla effettiva idoneità di esso alla realizzazione degli ambiziosi obiettivi prefissati.

Forti perplessità suscita la disciplina delle procedure per la realizzazione degli obiettivi. Al di là dei tempi, che appaiono irrealistici, la previsione dello strumento del silenzio assenso e la contrazione dei tempi per le procedure autorizzatorie per la tutela di beni di rilievo ambientale, paesaggistico e culturale (che non si esauriscono nelle aree di notevole interesse pubblico sottoposte a vincolo ai sensi dell’articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) e, soprattutto, la soppressione nel testo dell’attuale comma 4 delle Intese con i Presidenti delle regioni previsto, invece, nell’originario testo del D.L. 92/2024, si espone a rilievo di incostituzionalità per violazione delle prerogative delle Regioni territorialmente competenti, alcune delle quali, come le regioni a statuto speciale, non solo hanno in materia urbanistico-edilizia competenza legislativa primaria, ma prevedono nel loro Statuto, che ha rango di norma costituzionale, l’obbligatorietà dell’Intesa Stato-Regione per le materie di concorrenti ambiti competenziali.

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La mancata previsione dell’intesa, prevista nel Piano carceri 2010 e richiamata nel precedente testo dell’art. 4 D.L. 92/2024 appare poi integrare violazione del principio di copianificazione che obbliga al suo rispetto non solo le Regioni, ma lo stesso Stato, anche per le opere strategiche.

Non a caso, il Piano carceri 2010 prevedeva espressamente momenti e spazi di intesa tra il Commissario straordinario e i presidenti delle Regioni, che in tal modo non venivano esautorati dalla procedura; ciò che, invece, sembra prospettarsi nel caso odierno, in cui proprio tale mancanza potrebbe condurre le Regioni all’impugnazione con successo della legge davanti alla Corte.

Il richiamo, contenuto nel successivo comma 5 all’art. 17 ter del Decreto legge 195/2009, norma che nel disciplinare i poteri del Commissario straordinario nominato nel 2008 richiamava le intese con le regioni, nel quadro di una interpretazione testuale e sistematica non pare riferibile anche alla materia regolata dal comma 4 del D.l. 92/2024 che ha una sua autonomia e non rinvia in alcun punto all’art. 17 ter citato, a differenza di quanto fa il successivo comma 5 dello stesso art. 6 del D.L.178/2024. 

Parimenti, suscita più di una perplessità il potere generalizzato conferito dal comma 5 al Commissario di agire in deroga, con la sola esclusione delle norme, penali, antimafia, anticorruzione, costituzionali e convenzionali. Il richiamo contenuto nella parte finale della norma all’art. 17 ter del D.L.195/2009 convertito dalla legge n. 26/2010, finisce con l’aggiungere un elemento di ambiguità, giacché tale disposizione, oltre a prevedere, come già illustrato, lo strumento dell’intesa con i Presidenti delle regioni, specificava correttamente gli ambiti normativi oggetto della deroga. Legittimo il dubbio interpretativo: il richiamo al 17 ter citato vale a limitare i poteri in deroga del nuovo commissario straordinario o i poteri di questi, come descritti dalla prima parte del comma 5 sono (straordinariamente) più ampi di quelli del 17 ter? E in quest’ultimo caso sarebbe legittima sul piano costituzionale una norma che attribuisce ad un Commissario straordinario incaricato di realizzare interventi di edilizia penitenziaria pressoché indiscriminati poteri in deroga persino rispetto alle norme sanitarie e di sicurezza sul lavoro, dei diritti soggettivi dei terzi, etc.?

Quanto, infine, alle risorse finanziarie, salvo errore, la lettura del comma 11 parrebbe indicare il mancato stanziamento di risorse aggiuntive oltre quelle previste per gli stanziamenti annualmente disponibili per l’edilizia penitenziaria; ove così fosse, si appalesa un ulteriore e grave elemento di maggiore fragilità rispetto al precedente Piano carceri 2010.

Invero, le uniche risorse aggiuntive previste sono quelle relative al compenso del Commissario e della sua struttura composta da dieci collaboratori, per un costo complessivo asceso, rispetto al precedente testo, ad oltre un milione e trecentomila euro.

2) Art. 9 Copertura assicurativa di determinati soggetti impegnati n lavori di pubblica utilità

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La previsione che estende l’accesso al Fondo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il pagamento degli oneri Inail anche in favore dei soggetti che svolgono i lavori di pubblica utilità come pena sostituiva è certamente apprezzabile, perché interviene a colmare una grave lacuna del sistema, che costituiva una delle ragioni della resistenza dei datori di lavoro pubblici e del terzo settore al ricorso al L.p.u. sostitutivo.

La misura, peraltro, pur intervenendo su un aspetto certo importante, non è da sola sufficiente a favorire l’accesso a tale misura, che risulta a tutt’oggi ancora piuttosto deludente. Alla rilevazione statistica del Ministero della Giustizia alla data del 31.7.2024, i soggetti in carico in L.p.u. sostitutivo erano appena 3.224.

Il funzionamento della nuova penalità richiede l’adozione di misure strutturali e di innovazione organizzativa, nonché politiche attive del lavoro estese a tale settore.

Fonte Statistiche Ministero giustizia in https://www.giustizia.it

Non contraddice tale ipotesi la sentenza n.176/2024 della Corte Costituzionale, da cui non pare in alcun modo inferirsi l’illegittimità costituzionale di una norma di legge che elevasse la detenzione domiciliare ordinaria a quattro anni

Relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze Fonte www.governo.it

Fonte https://leg16.camera.it 

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