Necessario il rispetto del termine di stipula del contratto

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Deve essere rispettata la disposizione che impone la stipula del contratto entro il termine di 60 giorni (30 per gli appalti sotto soglia).

A rammentarlo è il T.A.R. Lazio-Roma, Sez. V Ter, con la sentenza 20 dicembre 2024, n. 23183, ove si sottolinea che il termine previsto dal legislatore debba essere letto alla luce della normativa nella materia dei contratti pubblici che converge univocamente nel senso di ritenere la conclusione del contratto un adempimento da definirsi nel tempo più rapido possibile.

Il caso trattato

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Nel caso esaminato dai giudici un operatore economico impugnava la revoca dell’aggiudicazione inerente una procedura negoziata per l’affidamento dei lavori pubblici, a causa della mancata stipula del contratto per fatto imputabile all’Impresa.

L’Amministrazione resistente, nella memoria di costituzione, aveva rappresentato che aveva chiesto all’aggiudicataria di trasmettere entro dieci giorni i documenti propedeutici alla firma del contratto, ivi incluso il nominativo della persona che in sede di stipula avrebbe sottoscritto il contratto.

La richiesta di produzione documentale veniva riscontrata a distanza di quindici giorni, senza l’indicazione del nominativo della persona che avrebbe sottoscritto il contratto, più volte sollecitata.

Infine, l’indicazione del nominativo richiesto (ovverosia, quello del rappresentante legale) perveniva a distanza di quasi due mesi, ma contestualmente la Società adduceva, più volte, altri impegni che non consentivano la sottoscrizione del contratto.

A questo punto, la stazione appaltante trasmetteva la comunicazione di avvio del procedimento di revoca, attribuendo alla Società ricorrente “un atteggiamento manifestamente ritardatario tale da superare il termine previsto dall’art. 18, comma 6, D.Lgs. n. 36/2023”, che avrebbe “compromesso il positivo raggiungimento del risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione previsto, con la massima tempestività dall’art. 1 del D.lgs. n. 36/2023”, in assenza di “legittimi e comprovati impedimenti” idonei a giustificare “il modus agendi dilatorio”.

Seguiva, infine, la revoca dell’aggiudicazione e poi il ricorso della Società.

Le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza

I giudici hanno evidenziato che il termine di sessanta giorni per la stipulazione del contratto di appalto o di concessione, sebbene non abbia natura perentoria, deve essere letto alla luce della normativa nella materia dei contratti pubblici che converge univocamente nel senso di ritenere la conclusione del contratto un adempimento da definirsi nel tempo più rapido possibile (Cons. Stato, sez. III, 21 giugno 2023, n. 6074).

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A parere dei giudici il termine in questione deve considerarsi derogabile solo in via di eccezione, con conseguenziale obbligo di motivazione per la stazione appaltante, in ordine al preminente interesse pubblico che giustifichi l’eventuale dilazione quale deroga alla spedita conclusione del contratto, “in potenziale contrasto con l’interesse prevalente alla esecuzione puntuale dei connessi adempimenti contrattuali, in una dinamica improntata sempre più a criteri di massima accelerazione” (Cons. Stato, n. 6074/2023, cit.).

Del resto, secondo i giudici, la procedura di cui al d.lgs. n. 36/2023 è finalizzata a mettere l’Amministrazione nelle condizioni di esercitare al meglio le proprie funzioni, sicché sarebbe paradossale affermare che, espletata la procedura e selezionato l’operatore economico, non vi sia poi alcun termine cogente entro il quale l’appalto debba essere effettivamente e compiutamente eseguito sulla base di un regolare contratto.

Secondo la giurisprudenza “consentire termini indeterminati e liberi per l’esecuzione del contratto, dopo l’esperimento della procedura, significherebbe negare contraddittoriamente quel bisogno che ha mosso l’amministrazione a procedere (secondo un dovere funzionale, peraltro, di razionale programmazione e che ha giustificato l’indizione della procedura. Il che cozzerebbe frontalmente con il principio di buona amministrazione e con i principi di economicità, efficacia, tempestività ripetutamente richiamati nel codice dei contratti pubblici” (cfr. Cons. Stato, n. 6074/2023).

Conclusioni

I giudici hanno ricordato che “il procedimento di evidenza pubblica ha, in effetti, scopi e valenza unitari, fino al momento della stipula del contratto, che non solo consentono – ma anzi impongono, nell’interesse pubblico, anche ai fini della revoca dell’aggiudicazione – la valutazione di tutte le circostanze e gli elementi concernenti il raggiungimento in concreto dell’obiettivo di scegliere l’operatore economico più serio ed affidabile per la migliore e tempestiva esecuzione dell’appalto” (Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2019, n. 5354; cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 3 giugno 2021, n. 4248).

Nel caso di specie, alla luce delle circostanze esposte, secondo i giudici non potevano reputarsi irragionevoli le considerazioni rassegnate dall’Amministrazione intimata, che – nell’operare un apprezzamento complessivo dell’atteggiamento tenuto, in più occasioni, dalla Società ricorrente rispetto agli obblighi preliminari alla stipula del contratto e alla stessa stipula – abbia ritenuto tale condotta dilatoria, non pienamente cooperativa, nonché idonea a ritardare la conclusione del contratto e a compromettere, in definitiva, il positivo raggiungimento del risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione, con la massima tempestività.

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