GIOVANI E POLITICA. DUE MONDI AGLI ANTIPODI?

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Dati che si commentano da soli, quelli relativi all’affluenza delle elezioni regionali tenutesi in Emilia-Romagna il 17 e il 18 novembre scorsi: ad andare a votare è stato il 46,42% di tutti gli aventi diritto. Esattamente: meno della metà di quanti ne avevano la possibilità hanno espresso la propria preferenza politica. A Rimini oltretutto si parla di soglie ancora più basse: a votare è stato il 40,73%, valore che posiziona la Provincia all’ultimo posto regione e a -22,8% rispetto all’affluenza delle ultime regionali (2020). Percentuali in linea con il generale calo che si sta registrando negli ultimi anni, che vede progressivamente diminuire in maniera allarmante l’interesse e la partecipazione della popolazione italiana a quello che dovrebbe di fatto essere il momento più importante di una democrazia rappresentativa, ma che in pratica al giorno d’oggi non rappresenta nemmeno la metà di coloro per conto dei quali dovrebbe operare.

Quali sono le ragioni dietro questo astensionismo dilagante? Che ne pensano a proposito i giovani, e qual è oggi il loro rapporto con la politica, sempre più incrinato nella società contemporanea?

Per scoprirlo abbiamo intervistato due ragazzi riminesi, Lucia, di 20 anni, e Marco, 17enne, che ancora non ha l’età per votare ma che presto sarà anche lui chiamato alle urne, e che per questo si sta preparando. “ Credo che le motivazioni per cui le persone non vanno più a votare possano essere molteplici. – riflette Lucia In primis, penso che gradualmente si stiano perdendo la fiducia e la speranza nella possibilità di incidere e dare il proprio contributo tramite la politica, che effettivamente alle volte sembra più che altro un mondo caotico, piuttosto che una realtà grado di segnare il nostro futuro. Suppongo che tutti abbiamo in mente i classici servizi da telegiornale in cui si vedono parlamentari urlare da una parte all’altra dell’aula: pensare decisioni di vitale importanza vengano discusse in un ambiente del genere che non è in grado nemmeno di confrontarsi pacificamente e con rispetto non è sicuramente un fattore rassicurante. Sto chiaramente un po’ esagerando e generalizzando, ma secondo me l’idea della politica che le nuove generazioni stanno sviluppando è questa. A mio parere, però, la ragione più profonda dell’astensionismo potrebbe non essere semplicemente attribuibile a una sfiducia nella politica di oggi: durante le scorse settimane, nella mia università si sono svolte le elezioni studentesche dei rappresentati negli organi universitari, e l’affluenza generale rilevata è stata circa il 20%. Io mi sarei aspettata una percentuale molto maggiore, contando che si tratta di un ambito che riguarda molto da vicino le vite degli studenti e di conseguenza meno distante rispetto alla politica. Tutto ciò mi ha lasciato piuttosto stupefatta: mi è sembrato che a mancare sia proprio la consapevolezza di base che il proprio intervento abbia un peso e che l’istituzione sia uno strumento attivo per migliorare la realtà che ci circonda”.

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Qual è il loro rapporto con il voto e la rappresentanza politica? Le riflessioni di due giovani riminesi, tra sfiducia nelle istituzioni e la ricerca di modelli positivi

L’idea che a breve anch’io avrò la possibilità di votare un po’ mi spaventa. – racconta Marco Penso che sia una grande responsabilità e credo sia facile fare le scelte giuste. Uno dei punti più critici secondo me sta nell’informarsi adeguatamente, cosa non semplice soprattutto nell’era dei social, in cui tutto ci passa davanti agli occhi in maniera rapida, superficiale, poco approfondita, e spesso anche mirata nel polarizzare le opinioni. Non siamo più tanto abituati ad approfondire, e questo può portare o a votare poco consapevolmente oppure a decidere di non votare perché non ci si è documentati a sufficienza e non si ritiene di poter scegliere con criterio. Oltretutto penso che il clima predominante nei confronti della politica sia generale insoddisfazione, accompagnata dall’idea che l’avvicendarsi di vari governi non migliori la situazione, sentenziando quindi una sua sostanziale inefficacia. Il che chiaramente si rispecchia nella fiducia che le nuove generazioni possono avere riguardo il proprio voto e la possibilità di cambiare le cose”. Abbiamo chiesto a Marco se stia contemplando la possibilità di astenersi dalle elezioni una volta che avrà diritto di voto: “

Onestamente mi è capitato di pensarci, ma nel tempo ho maturato l’idea che non sia una scelta tanto ragionevole. Ho avuto modo di confrontarmi con persone che decidono di non votare perché non si sentono rappresentate, e che piuttosto che votare il ‘meno peggio’ preferiscono non esprimersi. Secondo me invece, soprattutto quando idee contrarie alle nostre e che consideriamo deleterie stanno andando per la maggiore, è opportuno far riferimento a questo ‘meno peggio’, piuttosto che lasciare piede libero a princìpi completamente contrari alla nostra ideologia. E non per fare il moralista, ma ci sono voluti anni di lotte e rivolte per raggiungere un governo democratico che dia la possibilità a tutti di esprimere la propria opinione e di essere parte attiva in quelle decisioni che prima venivano prese da pochi per il bene di pochi: non avvalersi di un diritto come il voto mi sembra una scelta tutt’altro che saggia”. Insomma, semba emergere che, un po’ per sfiducia, un po’ per poca consapevolezza di quanto un voto possa fare la differenza, i giovani non si sentono più tanto protagonisti della politica contemporanea. E non solo loro. Come fare a rinnovare l’interesse? Una domanda da cui dipende anche il nostro futuro.

Andrea Pasini



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