Tra le usanze più antiche e radicate per la notte di San Silvestro c’è quella di buttare (non dalla finestra, possibilmente) le cose vecchie e inutili. Cose brutte, a volte dannose, che ci tengono legati a un passato di cui vogliamo disfarci. Un gesto simbolico, che vuole lasciare nell’anno vecchio la sfortuna e tutto il brutto per far entrare nell’anno nuovo solo freschezza e bellezza. Abbiamo provato a farlo anche noi, guardando il mondo del cibo con un pizzico di ironia.
- Lo zenzero dappertutto
Niente contro lo zenzero in sé, ma a tutto c’è un limite, e la presenza di quello che dovrebbe essere un “complemento” sta diventando davvero invadente. Toast allo zenzero, panature allo zenzero, salami allo zenzero. Zenzero fresco, zenzero secco, zenzero candito, zenzero in salamoia e zenzero sottolio. - La parola iconico
Ci sono tante parole troppo usate o usate a sproposito, soprattutto nel settore della gastronomia, ma una fra tutte è davvero iconica: iconico. Vini iconici, formaggi iconici, prosciutti iconici, oltre naturalmente a location iconiche, cornici iconiche, eccellenze iconiche, in un cortocircuito che rischia di diventare iconico. - Le cannucce di carta
Nella ricerca (lodevole) di soluzioni ecologiche e modi per ridurre la plastica usa e getta a volte si perde il lume della ragione. Le cannucce di carta sono un esempio di questo smarrimento: contengono Pfas, dannoso per la salute e per l’ambiente, e rendono ogni bibita disgustosa, dai succhi di frutta alla semplice acqua. - La maleducazione
Di tutti. Quella dei camerieri che si manifesta in una sorta di aggressività nei confronti dei clienti. Esempio di vita vissuta? Si chiama un ristorante e si chiede di riservare un tavolo per sei per l’indomani sera; la risposta è che il locale non prende prenotazioni ma che i clienti vengono semplicemente accolti man mano che arrivano; giunta la sera dopo, i clienti arrivano, ma non ci sono tavoli disponibili: quelli che vedono liberi sono già prenotati. Ma se non prendevate prenotazioni? Sul fronte opposto la maleducazione dei clienti. Esempio di vita vissuta? I clienti arrivano, si siedono, aprono i grissini e li sgranocchiano mentre leggono il menu (peraltro esposto anche fuori dal ristorante), sbocconcellano il pane, sbriciolano, sporcano ma non trovano nulla di loro gusto; si alzano e se ne vanno dal locale, senza neanche salutare il cameriere impietrito. - Gli scontri su Tripadvisor
La recensione negativa con commenti pesanti sul locale è una pessima abitudine, che diventa ancor più sgradevole quando il titolare risponde con ironia sgradevole e commenti pesanti sui fruitori che l’hanno lasciata. Uno scontro che sembra creare una barricata tra ristoratori e clienti, come se fossimo su fronti opposti in guerra. - Gli schieramenti belligeranti
In Italia ormai tutto è fazione, tutto diventa oggetto di polemiche e tifo da stadio. Tutto è polarizzato e polarizzante. Già Gaber trent’anni fa cantava che «il culatello è di destra, la mortadella è di sinistra», ma ora le cose si stanno complicando. Perché tutta la tradizione gastronomica è di destra, con pericolose derive gastronazionaliste, mentre a sinistra stanno vini naturali (lo ha detto anche Vinicio Capossela) e verdure a chilometro zero, oltre alla temutissima farina di grilli. Se ognuno mangiasse quello che gli piace? - Il nostro menu
La nostra insalatina di stagione, la nostra cotoletta alla milanese, la nostra cacio e pepe. Perché mettere nostro nel menu? È inquietante. Di chi deve essere se no la cotoletta, di qualcun altro? - La pizza cattiva
Partiamo da un assunto. La pizza è come il caffè: se non è buona che piacere è? Quindi deve essere buona. Ma non è necessario fare la pizza napoletana a tutti i costi. Anche quando non la si sa fare. Cornicione alto, okay, ma un cordolo gonfio come un gommone che si ammoscia appena messo nel piatto diventando colloso e appiccicoso, una salsa acida, una mozzarella che sembra calcestruzzo… no. Meglio un toast. - Il pane cattivo
Vale quanto detto sopra. Se si dice «buono come il pane» ci sarà un motivo. Ma trovare il pane buono è sempre più difficile, tra baguette preparate con prodotti chimici, filoni talmente umidi da essere bagnati, pagnotte indigeribili: è più facile trovare pani aromatizzati in mille modi (ovviamente anche allo zenzero) che un francesino o una rosetta fatti bene. - #luxurylifestyle
E in generale le foto con hashtag eccessivi. Andate a cena in un ristorante pluristellato e volete postare la foto, perfetto, ma la catalogazione del lusso è di nuovo il troppo che stroppia. Così come dal lato opposto la foto della trippa (a volte più simile alla pappa del gatto che a una genuina minestra homemade) con hashtag #innessunpostocomeacasa. - Quello che dà fastidio a voi
Una casella extra in bianco, da riempire a piacere. Con la rucola anche nei dessert, con la rotella tagliapizza che non taglia, con l’odore di palude che esce dalla finestra del vostro vicino quando cucina, con i regali inutili di vostra zia, con i manicaretti di vostra suocera che proprio non sopportate, con i piatti costosissimi del ristorante preferito di vostra moglie, con la colazione proteica a base di yogurt greco e frittata di albumi che dovete fare da quando siete a dieta, con la carbonara che a voi non piace ma non lo potete dire se no vi deportano. Una casella bianca, perché il bello del cibo è che si tratta di una questione di gusti.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link