Dieci cose (gastronomiche) da buttare a Capodanno, e un bonus

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Tra le usanze più antiche e radicate per la notte di San Silvestro c’è quella di buttare (non dalla finestra, possibilmente) le cose vecchie e inutili. Cose brutte, a volte dannose, che ci tengono legati a un passato di cui vogliamo disfarci. Un gesto simbolico, che vuole lasciare nell’anno vecchio la sfortuna e tutto il brutto per far entrare nell’anno nuovo solo freschezza e bellezza. Abbiamo provato a farlo anche noi, guardando il mondo del cibo con un pizzico di ironia.

  1. Lo zenzero dappertutto
    Niente contro lo zenzero in sé, ma a tutto c’è un limite, e la presenza di quello che dovrebbe essere un “complemento” sta diventando davvero invadente. Toast allo zenzero, panature allo zenzero, salami allo zenzero. Zenzero fresco, zenzero secco, zenzero candito, zenzero in salamoia e zenzero sottolio.
  2. La parola iconico
    Ci sono tante parole troppo usate o usate a sproposito, soprattutto nel settore della gastronomia, ma una fra tutte è davvero iconica: iconico. Vini iconici, formaggi iconici, prosciutti iconici, oltre naturalmente a location iconiche, cornici iconiche, eccellenze iconiche, in un cortocircuito che rischia di diventare iconico.
  3. Le cannucce di carta
    Nella ricerca (lodevole) di soluzioni ecologiche e modi per ridurre la plastica usa e getta a volte si perde il lume della ragione. Le cannucce di carta sono un esempio di questo smarrimento: contengono Pfas, dannoso per la salute e per l’ambiente, e rendono ogni bibita disgustosa, dai succhi di frutta alla semplice acqua.
  4. La maleducazione
    Di tutti. Quella dei camerieri che si manifesta in una sorta di aggressività nei confronti dei clienti. Esempio di vita vissuta? Si chiama un ristorante e si chiede di riservare un tavolo per sei per l’indomani sera; la risposta è che il locale non prende prenotazioni ma che i clienti vengono semplicemente accolti man mano che arrivano; giunta la sera dopo, i clienti arrivano, ma non ci sono tavoli disponibili: quelli che vedono liberi sono già prenotati. Ma se non prendevate prenotazioni? Sul fronte opposto la maleducazione dei clienti. Esempio di vita vissuta? I clienti arrivano, si siedono, aprono i grissini e li sgranocchiano mentre leggono il menu (peraltro esposto anche fuori dal ristorante), sbocconcellano il pane, sbriciolano, sporcano ma non trovano nulla di loro gusto; si alzano e se ne vanno dal locale, senza neanche salutare il cameriere impietrito.
  5. Gli scontri su Tripadvisor
    La recensione negativa con commenti pesanti sul locale è una pessima abitudine, che diventa ancor più sgradevole quando il titolare risponde con ironia sgradevole e commenti pesanti sui fruitori che l’hanno lasciata. Uno scontro che sembra creare una barricata tra ristoratori e clienti, come se fossimo su fronti opposti in guerra.
  6. Gli schieramenti belligeranti
    In Italia ormai tutto è fazione, tutto diventa oggetto di polemiche e tifo da stadio. Tutto è polarizzato e polarizzante. Già Gaber trent’anni fa cantava che «il culatello è di destra, la mortadella è di sinistra», ma ora le cose si stanno complicando. Perché tutta la tradizione gastronomica è di destra, con pericolose derive gastronazionaliste, mentre a sinistra stanno vini naturali (lo ha detto anche Vinicio Capossela) e verdure a chilometro zero, oltre alla temutissima farina di grilli. Se ognuno mangiasse quello che gli piace?
  7. Il nostro menu
    La nostra insalatina di stagione, la nostra cotoletta alla milanese, la nostra cacio e pepe. Perché mettere nostro nel menu? È inquietante. Di chi deve essere se no la cotoletta, di qualcun altro?
  8. La pizza cattiva
    Partiamo da un assunto. La pizza è come il caffè: se non è buona che piacere è? Quindi deve essere buona. Ma non è necessario fare la pizza napoletana a tutti i costi. Anche quando non la si sa fare. Cornicione alto, okay, ma un cordolo gonfio come un gommone che si ammoscia appena messo nel piatto diventando colloso e appiccicoso, una salsa acida, una mozzarella che sembra calcestruzzo… no. Meglio un toast.
  9.  Il pane cattivo
    Vale quanto detto sopra. Se si dice «buono come il pane» ci sarà un motivo. Ma trovare il pane buono è sempre più difficile, tra baguette preparate con prodotti chimici, filoni talmente umidi da essere bagnati, pagnotte indigeribili: è più facile trovare pani aromatizzati in mille modi (ovviamente anche allo zenzero) che un francesino o una rosetta fatti bene.
  10. #luxurylifestyle
    E in generale le foto con hashtag eccessivi. Andate a cena in un ristorante pluristellato e volete postare la foto, perfetto, ma la catalogazione del lusso è di nuovo il troppo che stroppia. Così come dal lato opposto la foto della trippa (a volte più simile alla pappa del gatto che a una genuina minestra homemade) con hashtag #innessunpostocomeacasa.
  11. Quello che dà fastidio a voi
    Una casella extra in bianco, da riempire a piacere. Con la rucola anche nei dessert, con la rotella tagliapizza che non taglia, con l’odore di palude che esce dalla finestra del vostro vicino quando cucina, con i regali inutili di vostra zia, con i manicaretti di vostra suocera che proprio non sopportate, con i piatti costosissimi del ristorante preferito di vostra moglie, con la colazione proteica a base di yogurt greco e frittata di albumi che dovete fare da quando siete a dieta, con la carbonara che a voi non piace ma non lo potete dire se no vi deportano. Una casella bianca, perché il bello del cibo è che si tratta di una questione di gusti.

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