Tagli, blocchi e definanziamenti. E’ la strategia che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha chiamato ieri dei «conti in ordine». Ordine secondo il patto di stabilità europeo di cui è la guardiana. La legge di bilancio varata in maniera definitiva dal Senato prevede in realtà un triplice attacco alla spesa sociale, all’assistenza e al lavoro nella sanità. Lo si vede dalle prime reazioni dei sindaci, delle organizzazione del terzo settore e dei sindacati dei medici e degli infermieri che hanno lanciato allarmi e nuove mobilitazioni.
Ci sono le politiche di austerità (si tagliano oltre 13 miliardi di euro nel triennio 2025 – 2027 ai Ministeri, (tra cui Industria, Istruzione, Università e ricerca, Cultura), Regioni ed Enti locali; si blocca il Terzo settore con un vincolo sulle spese e sugli investimenti (misura da collegare al già avvenuto massacro dei fondi contro la povertà: almeno 1 miliardo in meno); si definanzia pesantemente il Servizio sanitario nazionale in prospettiva finanziando nei fatti la sanità privata (secondo il Gimbe mancano 19 miliardi da oggi al 2030).
Il presidente dell’Anci e sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha ribadito ieri ciò che aveva detto nel giorno del suo insediamento: «Non c’è dubbio che andiamo verso maggiori vincoli sulla spesa pubblica. Gli accantonamenti della parte corrente per i prossimi cinque anni sono di 1 miliardo e 350 milioni, a partire da 130 milioni quest’anno. Gli investimenti ridotti nei prossimi cinque anni sono pari a 3,2 miliardi. Colpirà tutti, perché i comuni che forniscono più servizi, ovvero quelli del Nord, risentiranno dell’aumento dei costi».
«Si rischia di ridurre la capacità dei Comuni di garantire e ampliare servizi essenziali per i cittadini, in particolare nei centri più piccoli» ha detto Il sindaco di Imola Marco Panieri (Anci Emilia Romagna). «È la politica del “tirare la cinghia” a cui i Comuni italiani sono sottoposti ormai da troppo tempo – ha aggiunto il sindaco di Rimini Juri Magrini – Gli effetti di questi tagli e vincoli non si vedranno nell’immediato, ma a partire dal 2027, dopo il Pnrr». «Tutto questo avviene mentre i cittadini si aspettano dai Comuni sempre maggiori servizi come quelli per la popolazione che invecchia, per la non autosufficienza o per la casa, così come quelli che riguardano educazione, coesione sociale e politiche giovanili» ha detto il sindaco di Modena Massimo Mezzetti che ha scritto una lettera a Meloni e Giorgetti in cui ha ricordato che «non hanno neppure tenuto conto dei recenti appelli del presidente Mattarella».
La richiesta dell’Anci è un tavolo con il governo. Per ora ai comuni è stato risparmiato il blocco del turnover ed è stato dato un contentino di 100 milioni per l’assistenza ai minori. Dalla maggioranza hanno sostenuto che questa è una «forma di attenzione». Nelle sue dichiarazioni di voto ieri al Senato Maurizio Gasparri (Forza Italia) ha detto a Manfredi di «chiedere scusa». La maggioranza non ama che qualcuno dica cosa sta facendo veramente.
«Quasi nessuna delle nostre proposte è stata accolta – ha detto Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore – Si colpiscono i soggetti della solidarietà e i più fragili. È incomprensibile e inaccettabile vincolo sulle spese e sugli investimenti. Questo porterà a meno servizi e di minore qualità. Sono servizi che spesso nemmeno lo Stato è in grado di offrire. Non è stato inserito il necessario aumento del tetto al 5 per mille: in questo modo non viene rispettata la volontà dei contribuenti. Per la povertà educativa minorile non viene rifinanziato il Fondo nazionale».
Grande disappunto è quello dei sindacati dei medici e degli infermieri che hanno scioperato il 20 novembre. «Ci sono poche risorse frantumate tra innumerevoli capitoli di spesa che servono solo ad accontentare qualche centro d’interesse – sostengono Pierino Di Silverio (Anaao Assomed), Guido Quici (Cimo-Fesmed), e Antonio De Palma (Nursing Up) – Per i medici c’è un aumento offensivo dell’indennità di specificità (circa 17 euro netti al mese), gli infermieri ottengono un irrisorio aumento mensile di circa 7 euro netti. Nonostante le promesse, le belle parole, gli apprezzamenti: nulla. Ci prepariamo a un 2025 denso di battaglie sindacali da combattere su più fronti».
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