Riforma Dalla rata dimezzata alla nuova imposta comunale

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Delle 9 «ipotesi di intervento» dell’Imu sulla prima casa, una sola interessa il 2013 ed è proprio l’ultima.

Riguarda l’abolizione del pagamento della prima rata Imu con un costo di poco superiore a 2,4 miliardi tra abitazioni principali (2,1 miliardi) e terreni e fabbricati rurali (300 milioni). Il ministro dell’Economia lascia dunque in piedi il pagamento della seconda rata Imu a fine anno per non avere buchi di gettito e mantenere il vincolo del pareggio di bilancio. L’abolizione totale dell’Imu, che costerebbe 4 miliardi solo per la prima casa, è ipotizzata unicamente per il 2014 ma «non sembra pienamente giustificabile – annota il ministero dell’Economia – sul piano dell’equità e dell’efficienza del tributo». SPINTA FEDERALE Guardando dunque alla riforma complessiva del prelievo sugli immobili per il prossimo anno, il Tesoro mette in campo otto interventi ma fa capire di preferirne uno, il numero 8. È quello della «derubricazione della revisione dell’Imu a un problema di finanza locale». In pratica, si tratta dell’imposta unica locale. Come realizzarla? Attribuendo ai Comuni un allentamento al patto di stabilità interno (in ipotesi: 2 miliardi) e lasciando a loro la decisione su quale aliquota Imu applicare sulla prima casa e come farlo. La proposta numero 8 include infatti anche la Tares: viene potenziata la discrezionalità dei Comuni e prevista la possibilità di introdurre una service tax per la copertura dei servizi indivisibili (illuminazione, asfalto stradale, etc) fino ad un potenziale gettito di 2 miliardi, per restare nell’esempio. In pratica, sarebbero i Comuni a stabilire se ridurre le aliquote fino ad azzerare l’imposta sulla prima casa o ancora a decidere quanta parte di Imu e di Tares conservare per i servizi offerti ai cittadini. Lo scenario numero 8 è il solo, fa rilevare il Mef, in cui «la prospettiva della totale esenzione dell’abitazione principale resta in piedi». Infine, le imprese. La proposta, in linea con il risultato dell’indagine conoscitiva da poco conclusa dal Senato, prevede la deducibilità dall’Ires e Irpef (ma con l’eventuale estensione anche all’Irap) dell’Imu pagata su capannoni e beni strumentali. Il costo (una deducibilità del 50% avrebbe un onere di 850 milioni a regime) sarebbe coperto con la reintroduzione dell’Irpef figurativa sulle case sfitte: oggi a pagarla sono solo i proprietari che danno in locazione i propri immobili; per gli altri è stata cancellata proprio con l’introduzione dell’Imu. Ma questa «asimmetria», ha già fatto rilevare Saccomanni in Parlamento, non trova giustificazione «né sul piano equitativo né sul piano economico». REDDITO E DETRAZIONI Rispetto al Rapporto sulla revisione della tassazione immobiliare che il Messaggero ha già anticipato il 30 luglio e che è stato consegnato ai partiti della maggioranza il 23 luglio scorso, questi sono gli aggiustamenti più significativi. Per il resto, le sette proposte che i tecnici del Mef hanno puntualmente esaminato nelle 105 pagine di cui è composto il documento, sono rimaste sostanzialmente invariate. Si va dall’abolizione totale dell’Imu per la prima casa chiesta dal Pdl che costerebbe 4 miliardi ad un incremento secco delle detrazioni fino a 500 euro che costerebbe da 1,31 a 2,72 miliardi ma finirebbe per agevolare i proprietari con rendite catastali più elevate. Ci sono poi le ipotesi di «rimodulazione selettiva» chieste dal Pd che articolano l’aumento delle detrazioni in base al reddito dichiarato (rischiando di favorire chi evade); oppure in base al livello della rendita catastale (lontana dai valori di mercato); oppure attraverso l’Isee (che però già include una valutazione patrimoniale) oppure ancora con l’applicazione dei valori dell’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle Entrate (che però sono stime). Costo in termini di mancato gettito: si va da 560 milioni a 2,3 miliardi. La copertura del costo dell’esenzione dall’Imu con altre tasse (Irpef e altri tributi) va da un’invarianza di gettito ad un aumento del prelievo che può arrivare fino a 4,3 miliardi a carico dell’Ires. Infine, la deducibilità dell’Imu per le imprese costerebbe 1,25 miliardi mentre la restituzione ai Comuni del gettito, oggi percepito dallo Stato, sugli immobili ad uso produttivo (gruppo catastale D) costa 4,6 miliardi.

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