Quante guerre ci sono nel mondo oggi e quali rischiano di peggiorare nel 2025

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Il 2025 non sarà l’anno della pace.

Mentre cala il sipario su un 2024 sanguinario, con i recenti bombardamenti di Kiev il giorno di Natale e il genocidio a Gaza che continua indisturbato e che ha portato alla morte di una neonata proprio la notte di Natale, in molti si interrogano timorosamente sul futuro.

Il mondo ha ormai assistito a un drammatico aumento dei conflitti armati, che hanno devastato intere regioni e causato enormi crisi umanitarie. In particolare, l’area MENA è stata epicentro di instabilità, con guerre che sembrano non avere fine e milioni di civili intrappolati in situazioni di estrema vulnerabilità. Secondo l’International Crisis Group, il numero di conflitti è aumentato significativamente dal 2011, lasciando oltre 400 milioni di bambini coinvolti nelle guerre, come denunciato dall’UNICEF l’anno scorso.

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Nonostante gli sforzi diplomatici, la pace resta un obiettivo lontano, mentre alcune crisi rischiano di aggravarsi ulteriormente nel 2025. È quindi opportuno comprendere quali siano e quali sono le responsabilità della politica internazionale.

Quante guerre ci sono oggi nel mondo nel 2024?

I conflitti armati in corso nel 2024 sono numerosi e coprono un ampio spettro geografico, dai teatri di guerra del Medio Oriente alle instabilità persistenti in Africa. Tra questi spiccano:

  • Libia, Yemen e Siria: Sebbene formalmente conclusi, questi conflitti non hanno raggiunto una pace duratura. In Libia, la frammentazione politica ha alimentato nuove tensioni nel Sahel, mentre in Yemen il cessate il fuoco e in Siria la cacciata di al-Assad aprono a scenari instabili e temporanei.
  • Etiopia e Tigray: Nonostante l’accordo per il cessate il fuoco del 2022, la regione del Tigray rimane instabile, e c’è il timore che nuove ostilità possano scoppiare, specie se il governo centrale cercherà uno sbocco sul Mar Rosso, coinvolgendo potenzialmente l’Eritrea.
  • Azerbaigian e Armenia: Dopo il conflitto del 2020 per il Nagorno-Karabakh, la situazione resta critica. Nel 2023, l’Azerbaigian ha consolidato il controllo sull’enclave, costringendo migliaia di armeni a fuggire, ma le tensioni etniche e territoriali non si sono attenuate nel 2024.
  • Russia e Ucraina: La guerra tra Mosca e Kiev è il più grande conflitto in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. Con il calo del sostegno occidentale, il rischio di un’escalation è alto, mentre la Russia continua a consolidare alleanze con paesi come la Corea del Nord e l’Iran.
  • Sudan: Questo conflitto, iniziato nella capitale Khartoum, si è rapidamente diffuso in tutto il paese. Le rivalità interne, alimentate da interessi economici internazionali, hanno prodotto una catastrofe umanitaria, con milioni di sfollati e civili uccisi.
  • Palestina e Israele: il genocidio nella Striscia di Gaza ha raggiunto livelli drammatici, con bombardamenti indiscriminati e migliaia di civili uccisi. Il rischio che questa crisi si estenda a tutto il Medio Oriente è sempre più concreto, con attori regionali come Iran e Yemen già coinvolti indirettamente.
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Quali conflitti sono a rischio escalation nel 2025

Se il 2024 presenta un bilancio grave, il 2025 – purtroppo – potrebbe essere segnato da un peggioramento di alcune guerre già in corso, con implicazioni globali devastanti. Tra i conflitti più a rischio troviamo quello in Sudan. La guerra civile rischia, infatti, di degenerare ulteriormente. Gli sforzi diplomatici di potenze come Stati Uniti e Arabia Saudita si sono rivelati inefficaci, lasciando spazio a nuove ondate di violenza e crisi umanitarie. La rivalità tra gruppi armati e il coinvolgimento di attori esterni con interessi economici nel Corno d’Africa rendono difficile ogni prospettiva di pace.

Ancora, precarie sono le sorti dell’Ucraina nel conflitto con la Russia. Con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, il sostegno degli Stati Uniti a Kiev potrebbe ridursi drasticamente, aumentando la pressione su un’Europa già indebolita da crisi interne. Nel frattempo, la Russia ha intensificato le minacce, adottando una nuova dottrina nucleare e rafforzando la collaborazione con regimi come quello nordcoreano. L’estensione del conflitto a nuove aree o l’uso di armi non convenzionali resta una preoccupazione concreta.

Infine, come si potrebbe immaginare, il conflitto in Palestina e Medio Oriente è tra quelli che rischia maggiormente di degenerare. L’escalation nella Striscia di Gaza ha già avuto ripercussioni su paesi vicini come il Libano e lo Yemen. Il coinvolgimento di Iran e Stati Uniti aumenta il rischio di un conflitto regionale su vasta scala, mentre la mancanza di un’azione diplomatica efficace lascia poche speranze per la pace.

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Guerra, le responsabilità della politica internazionale

Come sottolineato dall’International Crisis Group, molte di queste crisi dipendono dall’immobilismo della politica globale. Nonostante alcuni progressi diplomatici, come il riavvicinamento tra Iran e Arabia Saudita, le grandi potenze continuano a privilegiare interessi economici e geopolitici piuttosto che impegnarsi nella risoluzione dei conflitti.

Anche nelle crisi in cui non sono direttamente coinvolte, le grandi potenze si concentrano sulla diplomazia, rapporti con gli stati in guerra e interessi economici, piuttosto che impegnarsi a trovare soluzioni di pace.

La pace nel 2025 appare quindi un obiettivo difficile da raggiungere senza un cambiamento significativo nell’approccio delle potenze internazionali. Se la comunità globale continuerà a ignorare le cause profonde dei conflitti, il rischio di nuove escalation e di tragedie umanitarie rimarrà altissimo. L’unico percorso possibile passa attraverso una maggiore cooperazione internazionale e il superamento degli interessi di breve termine in favore di una visione globale di stabilità e sicurezza.



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