No Name Kitchen e la difesa dei diritti umani lungo la rotta balcanica

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Non si parla spesso di rotta balcanica, specialmente dopo che i numeri sono diminuiti dopo il record di arrivi nell’Unione Europea nel 2015. Eppure questa rotta che tende a essere meno conosciuta rimane ad oggi molto attiva. Considerando l’ultimo report pubblicato da International Rescue Committee, attiva sul territorio a Trieste dal 2021, i dati parlano di un totale di 16.052 persone arrivate dalla rotta balcanica dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023. La media è di 44 persone al giorno. Sono per lo più uomini, provenienti da Afghanistan, Pakistan, e Turchia.[1] La maggioranza delle persone in movimento che attraversano i Balcani sono giovani afghani che scappano da un Paese in completa crisi umanitaria, cercando asilo in Europa e sperando in un futuro migliore. Non è però da ignorare anche il crescente numero di persone in movimento di origine marocchina e il costante movimento di profughi siriani.[2]Secondo i dati pubblicati dall’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera Frontex nell’agosto 2024, nei primi sette mesi del 2024 si sono verificati 12.407 rilevamenti lungo la rotta.[3]

Nonostante i dati registrino delle diminuzioni nei numeri, dunque, il quadro sulla rotta balcanica rimane preoccupante, soprattutto per la pericolosità del tragitto, che le persone compiono principalmente a piedi. In questo quadro si inseriscono organizzazioni non governative attive nei vari Paesi attraversati lungo la rotta, per fornire aiuti umanitari alle persone che ogni giorno fuggono da conflitti armati, discriminazione e povertà in cerca di un futuro migliore in Europa.

No Name Kitchen è un movimento indipendente che lavora lungo le rotte dei Balcani e del Mediterraneo per promuovere aiuti umanitari e azioni politiche a favore di chi subisce le difficoltà di viaggi estremi e violenti respingimenti. Attualmente, NNK è presente in sette frontiere diverse, in particolare nelle città di Ceuta, Ventimiglia, Trieste, Bihac, Belgrado, Sjenica e Harmanli. Le attività di NNK si suddividono in tre categorie principali: assistenza medica, distribuzione di cibo e vestiti e supporto legale e lavoro di denuncia degli abusi alle frontiere. NNK fornisce un servizio di primo soccorso in loco alle persone che non possono accedere ai sistemi sanitari pubblici, prevenendo le malattie tramite la distribuzione di kit igienici, confezioni contro la scabbia e servizi di lavanderia e coprendo anche i costi del trattamento nei casi che necessitano di specialisti come dentisti, dermatologi o oculisti. Le attività di distribuzione consistono principalmente in cibo e vestiti caldi, tra cui scarpe, coperte o sacchi a pelo, per fornire alle persone i mezzi dei quali hanno bisogno per sopravvivere sulla rotta. L’ultimo aspetto, ma non per importanza, è quello sul lavoro di advocacy e denuncia degli abusi sui confini, che vede NNK costantemente impegnata nella raccolta di testimonianze delle persone che subiscono abusi. Come co-fondatrice di Border Violence Monitoring Network, l’organizzazione poi produce rapporti mensili e speciali sui respingimenti illegali, con l’obiettivo di sensibilizzare e sostenere un cambiamento nelle politiche a livello nazionale e dell’UE.

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No Name Kitchen è un progetto basato sul lavoro di volontari e volontarie, mosso da persone che, motivate dal bisogno di vedere e dare un contributo, si muovono da diversi Paesi e raggiungono il campo. Il risultato sono gruppi energici ed eterogenei di giovani da varie parti del mondo, dall’Italia al Brasile, dalla Germana al Portogallo. Così, come tanti altri, ho scelto di unirmi al team di No Name Kitchen per un periodo di volontariato in Serbia, tra la piccola cittadina di Sid, sul confine serbo-croato, e la capitale, Belgrado. La routine da attivista di NNK è intensa, soprattutto in una base come Belgrado, dove mi trovo in questo momento, che offre tante possibilità di proporre attività di diverso tipo.

La nostra settimana inizia con una visita a Infopark, un centro di supporto per i rifugiati nel centro della città. Stiamo lì almeno un paio d’ore, con il solo obiettivo di parlare con le persone che passano per il centro, facendogli sapere del lavoro che facciamo, raccogliendo testimonianze delle violenze subite durante il viaggio e ascoltando le loro storie. Le connessioni che si possono creare quando hai la fortuna di incontrare le persone in un posto caldo, con caffè e biscotti, invece che nelle condizioni spesso terribili delle strade, case abbandonate o foreste, sono preziose. Il mese scorso ad Infopark, ad esempio, ho parlato a lungo con Hatim, ragazzo ventunenne marocchino, delle nostre famiglie, delle nostre case e dei nostri sogni. Mi ha fatto vedere le foto di sua sorella e suo fratello, delle gare di ciclismo che faceva nel deserto, della sua casa. Il suo sogno è arrivare in Europa e continuare a lavorare per diventare un campione di ciclismo, come suo padre. Siamo rimasti in contatto e ora si trova in Italia; voleva rimanere lì e vivere a Milano, ma non ha un posto dove stare e mi ha mandato un messaggio qualche giorno fa chiedendomi consiglio. Ora sta aspettando di vedere se può muoversi verso la Francia.

Nel pomeriggio, il team si sposta a Obrenovac, a circa mezz’ora da Belgrado, dove c’è una cosiddetta ‘giungla’, ovvero un campo auto-organizzato in una grande foresta. Noi siamo in contatto con le persone che stanno lì e due volte a settimana facciamo una grande distribuzione. Passiamo il pomeriggio offrendo docce calde, giocando a pallavolo, bevendo tè con tantissimo zucchero, chiacchierando con i ragazzi e distribuendo ciò che abbiamo per aiutarli ad affrontare l’inverno e il cammino. Distribuiamo vestiti caldi, prodotti per l’igiene personale, pacchi di cibo, acqua e quando possiamo anche scarpe e giacche. Secondo i loro racconti, la maggior parte delle persone in movimento che incontriamo qui viene direttamente dalla Bulgaria e si ferma qualche giorno a Obrenovac per riprendere le forze e ripartire presto per il ‘game’. In gergo, “Il gioco” è il termine usato dalle persone in movimento per riferirsi al viaggio, e quindi al tentativo di superare il confine cercando di evitare sofferenze, respingimenti e violenze. Provi ad andare in Bosnia, vieni bloccato dalla polizia di confine e secondo l’amaro paragone è come se tu perdessi al gioco e tornassi al livello precedente, che nella realtà probabilmente è un campo o centro di detenzione serbo. I segni delle violenze sono visibili sui ragazzi, per questo a Obrenovac offriamo anche il servizio di assistenza medica. Nonostante la situazione che stanno vivendo, i ragazzi di Obrenovac sono sempre energici e pronti a cimentarsi in lunghe partite di pallavolo, fare veri e propri servizi fotografici al tramonto, ballare su musiche afghane e includerci nelle loro videochiamate con la famiglia.

Il martedì andiamo a Sid, dove almeno una volta a settimana incontriamo i ragazzi del campo dei minori non accompagnati di Principovac, sul confine tra Serbia e Croazia. Con loro passiamo lunghi pomeriggi al lago. Il lavoro che facciamo con i ragazzi è molto più concentrato sul supporto psicologico e sulla cura. Soprattutto negli ultimi mesi, pare che le condizioni del campo siano peggiorate e che ci siano molti meno minori che vengono mandati lì dalle autorità; questo, complice la posizione di completo isolamento del campo – con il primo centro abitato a un’ora a piedi sulla strada statale – è motivo di frustrazione per i ragazzi. Noi ci impegniamo sostanzialmente ad essere lì per loro e dargli la possibilità di uscire dalla bolla del campo e svagarsi: parliamo tanto, anche con l’aiuto dei nostri traduttori, giochiamo a calcio, ascoltiamo musica e facciamo merenda tutti insieme. Cerchiamo di soddisfare i loro desideri: un paio di settimane fa, per esempio, abbiamo fatto un pranzo tutti insieme con il pollo fritto. Non lo mangiavano da cinque mesi e gli mancava poter gustare del cibo diverso da quello del campo. Quando cala il sole per noi è il momento di raggiungere la giungla sui binari del treno, dove incontriamo sempre una quindicina di persone. Essendo il posto abbastanza difficile da raggiungere, è da circa un mese che, a causa di pioggia, neve e basse temperature, non riusciamo a usare il van, poiché l’unica strada sterrata è sostanzialmente inagibile. L’unica alternativa è camminare per almeno mezz’ora sui binari. Dovendo quindi rinunciare alle docce, facciamo del nostro meglio per continuare a incontrare le persone e distribuire cibo e vestiti, fornire aiuto medico e permettergli di ricaricare telefoni e batterie.

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Da quando abbiamo lasciati Sid e siamo stabili nella capitale, il giovedì è tornato il giorno dedicato a Krnjaca, il campo per famiglie e richiedenti asilo. Incontriamo le persone nelle vicinanze del campo per distribuire vestiti, fare merenda e giocare con i bimbi e le bimbe. Il giorno dopo saremo di nuovo a Infopark e Obrenovac.

Inoltre, Belgrado ci offre tante possibilità per esplorare e trovare nuovi modi per intercettare le persone, studiare e fare report sui loro movimenti e sui percorsi più gettonati, e quindi anche fornire assistenza a più gente. Ci stiamo quindi impegnando molto a ricevere chiamate di emergenza su Belgrado e a raggiungere persone in movimento alle stazioni di autobus e treni, ma anche in squat sparsi per la città, o nel peggiore dei casi, nelle strade del centro, dove molti si ritrovano a passare la notte. Le persone che ci contattano o che troviamo durante i nostri giri di esplorazione in genere arrivano direttamente dal game e hanno passato il confine con la Bulgaria a piedi subito prima di raggiungere Belgrado. Sono esausti, spesso feriti e derubati di ogni loro avere da polizia o gang nelle foreste, non mangiano da giorni e con i vestiti distrutti. Per non metterli in pericolo e non esporli a rischi di visibilità, li incontriamo di sera e di notte. E’ una attività abbastanza nuova per il team, ma sono sempre incontri intensi e arricchenti per noi.

Con la stessa rabbia di sempre contro un sistema ingiusto e tanta motivazione a incontrare e aiutare sempre più persone possibili, noi volontari di NNK non ci perdiamo mai d’animo e affrontiamo con il massimo delle nostre energie giornate di lavoro intense e imprevedibili. Le persone in movimento sono vittime delle politiche europee fatte di violenze, respingimenti e militarizzazione delle frontiere e il loro percorso non è mai lineare. Il ‘gioco’ è fatto di tentativi mancati, strade alternative, imprevisti e sofferenza, ma anche di grande dignità e umanità. E’ questo il motore di tutto ciò che facciamo e ciò che ci permette di vedere tanti sorrisi ogni giorno, di vedere il sole in Serbia anche quando il cielo è grigio, anche sotto pioggia e neve.

Il lavoro di distribuzione di cibo, vestiti, medicine, docce, supporto legale e psicologico per coloro che fuggono in cerca di una vita migliore è basato sulle donazioni di singoli individui che mostrano solidarietà a NNK. Puoi visitare il sito a https://www.nonamekitchen.org/help-us/ e, se vuoi, acquistare un meraviglioso calendario 2025 a tema “Cooking Borders” a https://www.nonamekitchen.org/producto/2025/

Grazie per la solidarietà e il supporto!

[1] https://www.rescue.org/sites/default/files/2024-05/2023%20IRC%20ITALY%20MONITORING%20REPORT%20TRI ESTE%5B2%5D.pdf

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[2] https://en.hespress.com/81726-more-moroccan-irregular-migrants-favor-dangerous-balkan-river-route-increasing-di sappearances.html

[3] https://ecre.org/balkan-route-decrease-in-number-of-people-using-balkan-route-%E2%80%95-more-deaths-in-drina

-river-on-serbia-bosnia-herzegovina-border-%E2%80%95-frontex-officers-intimidated-into-silence-over-migr/



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