scarcerato Andrea Bruno, torna a casa

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TORRE SANTA SUSANNA – Può trascorrere queste feste a casa Andrea Bruno, ritenuto un esponente di primo piano della frangia torrese della Sacra Corona Unita. Ha ricevuto la notizia della sua scarcerazione mentre era detenuto nel carcere di Oristano, in Sardegna, lontano da Torre Santa Susanna. Gli avvocati Vito Epifani e Cosimo Lodeserto hanno preparato un’istanza molto articolata, che alla fine ha portato a un “abbuono” di quasi dodici anni di reclusione. Il 56enne Andrea Bruno stava scontando una pena pari a 30 anni, nel processo scaturito dall’operazione “Canali”.

Ricapitolando, Andrea Bruno aveva “collezionato” nei decenni due distinte condanne per il reato associativo. La famiglia Bruno è ritenuta un clan storico della Scu, tanto che il loro nome compare immancabilmente sulle cartine che accompagnano l’analisi semestrale che la Dia (Direzione investigativa antimafia) fornisce al parlamento (qui l’articolo dedicato all’ultima relazione).

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Due condanne, si diceva: l’ultima in ordine di tempo è divenuta definitiva nel 2014, è quella che segue l’operazione “Canali” – dal nome della contrada dove sorge una masseria della famiglia – Bruno è stato condannato a 30 anni di reclusione. L’inchiesta verteva principalmente su reati legati alla droga. Il precedente a carico di Andrea Bruno risale al lontano 1993. Venne condannato a 11 anni di reclusione in uno storico maxi processo, in cui l’imputato “principale” era il fratello Ciro.

Ora Andrea Bruno, come detto, è un cittadino libero, che ha pagato il suo conto con la giustizia, uscendo dal carcere undici anni, dieci mesi e 15 giorni rispetto a quanto inizialmente previsto. Questo “abbuono” è giunto grazie all’istanza degli avvocati Lodeserto ed Epifani, come detto, che hanno prodotto un incidente di esecuzione, per il riconoscimento della continuazione del reato. I giudici della corte d’appello di Lecce hanno accolto tale istanza, per poi trasmettere gli atti alla procura generale salentina, che ha rideterminato la pena, in base alla continuazione riconosciuta.

Come si è arrivati a questo “abbuono”? Un passo indietro: per la seconda condanna in materia di 416 bis, non era stata riconosciuta la continuazione con la condanna precedente, risalente come detto agli inizi degli anni Novanta. Tutto ciò a causa del lungo periodo detentivo scontato: Bruno era stato condannato a undici anni. Quindi era come se la sua partecipazione all’associazione si fosse interrotta.

Gli avvocati Lodeserto ed Epifani hanno “ribaltato” il concetto, superando l’ostacolo del lasso temporale che intercorre tra le due differenti condanne. Per la seconda, Andrea Bruno doveva infatti rispondere di condotte di molto successive alla prima. I legali Lodeserto ed Epifani hanno sostenuto che no, il lasso temporale non incide in questo caso, perché, trattandosi di 416 bis, a meno che l’appartenente non muoia, non collabori con la giustizia o non si dissoci, si presume che continui a far parte del sodalizio. E Andrea Bruno non rientra in alcuna di queste casistiche.

Ecco, alla fine l’articolata richiesta dei due avvocati è stata accolta e Andrea Bruno ha così terminato di scontare la propria pena.

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