La partita dell’automotive in Italia si gioca sempre al tavolo delle istituzioni, e anche l’ultimo confronto tra il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) e Stellantis non ha fatto eccezione. Lo scorso 17 dicembre si è tenuto un incontro cruciale per definire un piano industriale dedicato all’Italia. Un dato appare evidente: l’industria automobilistica europea sta affrontando enormi difficoltà, tra la complessità della transizione verso la mobilità elettrica, le incertezze legate alla domanda e la concorrenza agguerrita delle case automobilistiche cinesi. Questo contesto rende i piani a lungo termine particolarmente fluidi: molto dipenderà da come i nuovi modelli verranno accolti dal mercato nei prossimi anni.
Da parte sua, Stellantis – più volte incalzata nei mesi scorsi per l’assenza di un piano industriale chiaro – ha finalmente messo sul tavolo una serie di misure strategiche che guardano al medio e lungo periodo. L’amministratore delegato di Stellantis, Jean-Philippe Imparato, ha annunciato il “Piano Italia”, che include diversi punti salienti. Tra questi, la produzione della Panda a Pomigliano d’Arco sarà garantita almeno fino al 2030, mentre a Melfi si produrrà la DS 8 a partire dal 2025, affiancata da nuovi modelli come la Jeep Compass, la Lancia Gamma e la DS 7. Sempre a Mirafiori, entro la fine del 2025, partirà la produzione di una nuova versione ibrida della Fiat 500. Inoltre, Torino diventerà la sede dell’headquarter europeo della società, confermando il suo ruolo centrale nella strategia di Stellantis.
Un altro punto chiave del “Piano Italia” è rappresentato dagli investimenti. Stellantis ha annunciato uno stanziamento di 2 miliardi di euro entro il 2025, una cifra significativa che sottolinea l’impegno del gruppo nel rilanciare il settore automotive italiano. A questo si aggiungono gli investimenti annunciati dal governo italiano. Il ministro Adolfo Urso, a conclusione del tavolo, ha reso noto un pacchetto di risorse pari a oltre 1 miliardo di euro per il 2025. Questo è un segnale importante, soprattutto considerando che la legge finanziaria aveva inizialmente previsto un taglio ai fondi destinati alla transizione ecologica del settore automobilistico. Tuttavia, le risorse annunciate – pari a circa 1,6 miliardi tra il 2025 e il 2027 – comprendono 200 milioni di euro del fondo automotive, 100 milioni di residui del 2024 e 500 milioni provenienti dal PNRR per supportare le filiere strategiche.
Già dal prossimo anno, il governo prevede di rendere disponibili 1,1 miliardi di euro per le imprese del settore attraverso vari strumenti di finanziamento. Questi includono 600 milioni destinati ai contratti di sviluppo, 200 milioni per i mini contratti di sviluppo e 300 milioni per accordi di innovazione. Questi fondi rappresentano un’opportunità importante per sostenere le aziende in un momento critico della loro trasformazione.
La partita dell’automotive, tuttavia, non si gioca solo a livello nazionale. In Europa, la Commissione Europea si prepara a lanciare a gennaio un dialogo strategico sul futuro del settore, coinvolgendo non solo le case automobilistiche ma anche l’indotto. L’obiettivo è duplice: affrontare la crisi del comparto e guidarne la transizione tecnologica, aggiornando, se necessario, le regole europee. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha dichiarato: “Vogliamo sostenere il settore in questa trasformazione epocale e garantire che il futuro dell’auto resti in Europa”. Il dialogo strategico durerà diversi mesi e culminerà in una serie di raccomandazioni, ma i primi risultati potrebbero già essere discussi al Consiglio Europeo di marzo. Lo ha confermato anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Proprio Scholz ha messo in evidenza un tema molto discusso: il sistema delle multe per le case automobilistiche che, a partire dal prossimo anno, non rispetteranno i target sulle emissioni. Berlino chiede un approccio più flessibile, sottolineando che le sanzioni non dovrebbero compromettere la capacità delle aziende di investire nell’elettromobilità e nello sviluppo di tecnologie innovative. Questa posizione trova il sostegno di Italia e Repubblica Ceca, che da mesi spingono per una revisione delle norme europee, ritenute troppo rigide e potenzialmente controproducenti.
Il confronto tra istituzioni e industria si colloca in un contesto di profondo cambiamento per il settore automobilistico. La transizione verso l’elettrico non riguarda solo l’introduzione di nuovi modelli ma anche una trasformazione completa delle filiere produttive, della rete infrastrutturale e delle competenze lavorative. In questo scenario, l’Italia cerca di ritagliarsi un ruolo da protagonista, puntando su una collaborazione stretta tra governo e imprese. I piani annunciati, sia da Stellantis che dal governo, rappresentano un passo importante, ma restano molte sfide da affrontare.
La competizione globale, in particolare con la Cina, richiederà non solo investimenti ma anche un ripensamento delle politiche industriali a livello europeo. La Commissione Europea, con il dialogo strategico in partenza, punta a definire una visione comune per il futuro dell’automotive, garantendo che l’industria continentale possa rimanere competitiva in un mercato in rapida evoluzione. In Italia, il successo di questi piani dipenderà dalla capacità di trasformare le promesse in realtà, sostenendo non solo le grandi aziende ma anche le PMI che rappresentano l’ossatura del comparto.
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