Germania, Usa e Cina: le tre incognite per il 2025 delle imprese del Nord Est

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L’anno che sta per chiudersi lascia in eredità una serie di indicazioni importanti per provare a capire cosa attende l’economia del Nord Est e le sue imprese nel 2025.

Gli ultimi mesi del 2024 hanno portato a galla i limiti strutturali di un modello industriale, quello definito «capitalismo di fornitura», che si trova oggi a fare i conti con le difficoltà del mercato tedesco, il primo per le esportazioni nordestine.

Riprendendo i dati della Camera di commercio italo-tedesca, ricordiamo che la Germania è il primo partner commerciale delle imprese regionali e assorbe prodotti Made in Veneto per un valore superiore a 11 miliardi di euro, su un totale di 80 miliardi esportati nel complesso.

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È un valore che è destinato a comprimersi nei prossimi 12 mesi, esercitando ulteriore pressione sul sistema produttivo nordestino. Secondo recenti proiezioni elaborate dalla Bundesbank, l’economia tedesca rimarrà debole anche nel 2025 e non crescerà più dello 0,2%.

Da un lato, dobbiamo quindi guardare a Est, con la speranza che l’economia cinese torni a correre e, soprattutto, a comprare manufatti prodotti in Germania. Molte delle nostre imprese sono infatti integrate in catene globali del valore a trazione tedesca e un rallentamento delle esportazioni tedesche in Cina si traduce in contrazione dei fatturati delle nostre imprese subfornitrici.

Tuttavia, anche ammesso che la Cina riparta (e i dubbi sono molti, secondo i principali analisti), il grande problema cinese per le imprese europee si chiama EV (electric vehicles). Non solo Pechino è oggi il più grande produttore al mondo di EV, ma rappresenta anche il primo mercato per auto elettriche acquistate.

Tradotto: il consumatore cinese comprerà sempre meno auto a combustione prodotte in Germania e quindi componentistica italiana. Guardando invece verso Ovest, le preoccupazioni arrivano dagli Stati Uniti e dalle nuove misure protezionistiche che il nuovo governo americano potrebbe introdurre.

Dubito che l’amministrazione Trump possa arrivare ad applicare dazi molto onerosi per le merci europee. Al di là delle ripercussioni sul commercio internazionale Usa, l’importazione di merci più care significa aumento dell’inflazione domestica.

È un prezzo molto alto che difficilmente Trump sarà disposto a pagare. In ogni caso, l’incertezza sull’andamento del mercato americano può aprire paradossalmente opportunità per le imprese di media e grande taglia che hanno capacità finanziaria e manageriale per investire all’estero.

Gli Usa restano il principale mercato al mondo ed è un mercato che non presenta per ora segnali di rallentamento. Per questo, c’è da attendersi nel 2025 un incremento degli investimenti delle nostre imprese nel mercato americano, sia in forma greenfield che tramite joint venture con attori economici locali.

Oltre a Germania, Cina e Stati Uniti, le imprese nordestine saranno chiamate a esplorare nuovi mercati mondiali. Riprendendo dati Ocse, India e Indonesia saranno le economie che cresceranno di più nel 2025, con aumento del Pil annuo del 6,9% e del 5,2%.

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Tanto India quanto Indonesia sono tuttavia mercati complessi e, anche in questo caso, potrebbero richiedere una serie di investimenti diretti da parte delle nostre imprese.

L’incertezza proveniente dal mercato globale dovrà essere affrontata con cautela tanto dalle imprese nordestine quanto dalle sue istituzioni.

Diversificare la geografia delle esportazioni e le modalità attraverso cui le nostre imprese competono nei mercati globali rappresentano due sfide prioritarie.

Le istituzioni possono giocare un ruolo importante in questa partita. In primo luogo, attraverso l’apertura di canali commerciali istituzionali con nuove aree geografiche mondiali, come Africa, Sud-Est asiatico e Sudamerica.

Questi mercati dovranno essere considerati non solo come sbocco per le nostre imprese, ma anche come luoghi dove formare i futuri collaboratori delle aziende nordestine. Saranno importanti investimenti e partnership da parte delle associazioni di categoria e dalle università venete e del Friuli Venezia Giulia.

Una cabina di regia si rende necessaria, tanto per gli investimenti verso l’estero, tanto per quelli in entrata, vedi caso Intel. Le istituzioni saranno poi chiamate a supportare la crescita del sistema imprenditoriale a Nord Est.

Da un lato, supportando l’upgrading delle migliaia di micro e piccole imprese che popolano le zone industriali da Verona a Trieste e che oggi fanno i conti con passaggi generazionali complessi e modelli di business in esaurimento; dall’altro potenziando le politiche e le misure a supporto della nuova imprenditorialità innovativa.

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Come fare? Investendo nelle due risorse chiave nell’economia della conoscenza: capitale umano e capitale finanziario.

Per quanto concerne il primo, il 2025 sarà l’anno in cui capiremo lo stato di avanzamento per la creazione di una business school di caratura internazionale a Nord Est.

Nonostante esistano già diverse realtà di rilievo, rimane innegabile come le nostre scuole siano ancora distanti dal competere con le grandi business school mondiali.

Un territorio ambizioso necessita di una scuola di business di prim’ordine e di università che investano con continuità nelle discipline Stem.

È qui infatti che si crea innovazione per le imprese. Gli investimenti che arrivano dai dipartimenti di Ingegneria delle Università di Padova e Verona vanno nella giusta direzione. Infine, il capitale finanziario.

Manca ancora a Nord Est un piano ambizioso di investimenti pubblici a supporto di nuove imprese innovative. Nonostante l’investitore pubblico non possa e non debba sostituirsi a quello privato, sono numerosi gli esempi di startup innovative che si alimentano di capitale misto pubblico-privato.

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L’auspicio è che il 2025 possa essere l’anno in cui si inizi ad affrontare il tema dell’imprenditorialità regionale con serietà e pragmatismo, dando priorità alla creazione di percorsi formativi sul fare impresa e alla definizione di strumenti di investimento adeguati.

Attività che non devono essere confinate allo sviluppo di nuove imprese, ma che vanno invece aperte anche a quella pletora di piccole e medie imprese che necessitano di aggiornare il proprio modello di business.

Il 2025 non sarà un anno semplice per l’economia e per le imprese a Nord Est. Se, dal punto di vista congiunturale, il destino non è nelle nostre mani, da quello strutturale sono diverse le iniziative che dovranno essere avviate.

Su tutte: alta formazione, finanza per l’imprenditorialità e diversificazione di mercati e strumenti per l’internazionalizzazione. Mantenendo al centro il vero asset competitivo dell’economia del Nord Est, le sue imprese.



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